Prorogata fino al13 ottobrela mostra Vivian Maier, The Self-Portraitand its Double, a cura di Anne Morin, realizzata e organizzata dall’Ente per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giuliain collaborazione con diChroma photography, Madrid,John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery New YorkalMagazzino delle Idee a Trieste.70 autoritratti,di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori, questi ultimi mai esposti prima d’orasul territorio italiano, raccontano la celebre fotografaattraverso i suoi autoritratti scattati quando ancora, da sconosciuta bambinaia, passava il tempo a fotografaresenza la consapevolezzadi essere destinata a diventareuna vera e propria icona della storia della fotografia.Nel suo lavoro ci sono temi ricorrenti: scene di strada, ritratti di sconosciuti, il mondo dei bambini –il suo universoper così tanto tempo –e anche una predilezione per gli autoritratti, che abbondano nella produzione diVivian Maier attraversouna moltitudine di forme e variazioni, al punto da essere quasi un linguaggio all’interno del suo linguaggio. Un dualismo. L’interesse di Vivian Maier per l’autoritratto era più che altro una disperata ricerca della sua identità. Ridotta all’invisibilità, ad una sorta di inesistenza a causa dello status sociale, si mise a produrre prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembrava non avere un posto per lei.Il suo riflesso in uno specchio, la sua ombra che si estende a terra, o il contorno della sua figura: come in un lungo gioco a nascondino, tra ombre e riflessi, in mostra ogni autoritratto di Vivian Maier è un’affermazione della sua presenza in quel particolare luogo, in quel particolare momento. Caratteristica ricorrenteè l’ombra, diventata una firmainconfondibilenei suoi autoritratti. La suasilhouette,la cui caratteristicaprincipale è il suo attaccamento al corpo, quel duplicato del corpo in negativo”scolpito dalla realtà”, ha la capacità di rendere presente ciò che è assente.L’intenzione dell’esposizione–che ripercorre l’incredibile produzione di una fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale, e che, anzi, nel mondo è sempre passata inosservata–è proprio quello di rendere omaggio a questastraordinaria artista, capacenon solo di appropriarsidel linguaggio visivo della sua epoca, madi farlo con uno sguardo sottileeun punto di vista acuto.
Una storia straordinaria. Vivian Maier (1926 –2009) ha lavorato come bambinaia per 40 anni, a partire dai primi anni Cinquanta e per quattro decenni, a New York e a Chicago poi. Nel suo tempolibero, fotografava la strada, le persone, gli oggetti, i paesaggi; ritraeva tutto ciò che le destava sorpresa, che trovava inaspettato nel suo vivere quotidiano; catturando l’attimo raccontava la bellezza dell’ordinario, scovando le fratture impercettibili e le inflessioni sfuggenti della realtà nella quotidianità che la circondava. Ha trascorsotutta la sua vita nell’anonimato fino al 2007, quando il suo corpusfotografico è venuto alla luce. Un lavoro immenso, composto da più di 150.000 negativi, super 8 e 16mm film, diverse registrazioni audio, alcune fotografie e centinaia di rullini non sviluppati, scoperto da un giovane immobiliarista, John Maloof. Grazie a lui il lavoro di Vivian Maier è venuto allo scopertolentamente,da bauli, cassetti, dailuoghi più impensati,e la sua opera fotografica è stataresa notain tutto il mondo. Scattare ritratti era per Vivian Maier una necessità:il modo con cui definiva la propria posizione nel mondo, e quello con cuiprovava a restituire l’ordine delle cose. Quando i protagonisti dei ritratti erano poveri, lasciava loro una legittima distanza;quando invece appartenevano all’alta società metteva in atto azioni di disturbo facendo in modo che nello scatto risultassero infastiditi. La Maier aveva due facce: quella che accettava la propria condizione, e quella che invece la combatteva cercando di essere qualcun altro.Ciò che sorprende nella storia di Vivian Maier–afferma Anne Morin, curatrice della mostra–è comequesta donna da una parte accettila sua condizione di bambinaiae,allo stesso tempo,troviinvecela sua libertà nell’essere qualcun altro,la fotografa di strada Vivian Maier; questo dualismo,generato dallo scontro tra le due anime, ha datovita auna vicenda senza paragoni nella storia della fotografia, che in questa mostra viene raccontataper la prima volta in Italia attraverso i ritratti dell’autrice.Il colore. Inedito nel percorso espositivo il nucleo di immagini a colori. Per Vivian Maier, il passaggio al colore è stato accompagnato da un cambiamento dovuto all’utilizzo di una Leica all’inizio degli anni settanta. La fotocamera è leggera, facile da portare: le foto sono riprese direttamente a livello dell’occhio, a differenza della Rolleiflex che usava prima. Vivian Maier è così in grado di raccogliere il contatto visivo con gli altri e fotografare il mondo nella sua realtà colorata. Il suo lavoro a colori rimane singolare, libero e anche giocoso. Esplora le caratteristiche specifiche del linguaggio cromatico con una certa casualità, elabora il proprio vocabolario, ma soprattutto si diverte con il reale: sottolineando stridenti dettagli di colore, mostrando le discrepanze multicolore della moda o giocando con brillanti contrappunti.Filmati SUPER 8 mm. Accompagna gli scatti fotografici in mostra una serie di filmati in super 8mm realizzati dalla stessa Vivian Maier, che ci permettono di seguire il movimento dell’occhio dell’artista. Nel 1960 inizia infatti a filmare scene di strada, eventi e luoghi. Il suo approccio cinematografico è strettamente legato al suo linguaggio da fotografa: è una questione di esperienza visiva, di un’osservazione discreta e silenziosa del mondo che la circonda. Non c’è narrazione, nessun movimento della macchina (l’unico movimento cinematografico è quello della carrozza o della metropolitana in cui si trova). Vivian Maier filma quello che la porta all’immagine fotografica: osserva, si ferma intuitivamente su un soggetto e lo segue. Ingrandisce con la lente per avvicinarsi senza avvicinarsi e concentrarsi su un atteggiamento o un dettaglio (come le gambe e le mani di individui in mezzo alla folla). Il film è sia una documentazione (un uomo mentre viene arrestato dalla polizia, oppure i danni causati da un tornado) sia un oggetto di contemplazione (la strana processione di pecore ai mattatoi di Chicago).
Finding Vivian MaierIl film. In occasione della mostra Vivian MaierThe Self-Portait and its DoubleERPAC,in collaborazione con laCasa del Cinema di Trieste,presenta il film-documentario Finding Vivian Maier,diretto da John Maloof e Charlie Siskel, tra le nomination per il PremioOscar 2015 come miglior documentario. La pellicola,che conclude il percorso della mostra,proiettata in una saletta cinematografica allestita per l’occasione,è stata realizzata dal giovane regista che è anche la persona a cui si deve la scoperta di Vivian Maier, JohnMaloof. Fu lui,infatti, nel 2007,ad acquistarein un mercatino di Chicago una scatola contenente una decina di negativi di cui non si conoscevané la provenienza ené l’autore. Questa scoperta ha determinato una “caccia al nome” che si conclusesolo dopo la morte della fotografa, nel 2009. In questo docu-film il regista racconta una storiaavvolta nel mistero,perchél’identità di Vivian Maier fotografa è sì venuta alla luce postuma,senza che lei potesse ricevere alcun riconoscimento in vita,ma la storia della sua vicenda personale si è rivelataintricata, dolorosa e costellata di interrogativirimasti inevitabilmente senza risposta. Finding Vivian Maierè dunque un omaggioalla figura enigmatica di un’artista vissuta nell’ombra della sua grande passione. Titolo originale:Finding Vivian MaierRegia:John Maloof, Charlie SiskelCon:Vivian Maier, John Maloof, Daniel ArnaudAnno:2013Durata:83 minutiLingua: Inglese (sottotitolato Italiano)Paese:UsaBiografia. Vivian Maier nasce a New York il 1° febbraio del 1926 da padre di origine austro-ungarica e madre francese. Quattro anni più tardi il padre lascia la casa di famiglia. Vivian e sua madre condividono un appartamento con la fotografa Jeanne Bertrand. Dopo un periodo in Francia, nel 1938 tornano a vivere a New York. Ma nei primi anni ’50, la richiesta di un’eredità la conduce nuovamente in Francia, dove produce numerosi paesaggi e ritratti degli abitanti della valle di Champsaur utilizzando macchine fotografiche a scatola o pieghevoli, e le consente di viaggiare a Cuba, in Canada e in California. Inizia quindi a lavorare come governante per guadagnarsi da vivere. Nel 1952 compra la sua prima Rolleiflex. È interessata alla vita quotidiana per le strade di New York. Scatta ritratti ai i bambini di cui si prendecura, ma anche a sconosciuti e ad alcune celebrità che incontra. Nel 1955 comincia a lavorare a Los Angeles, poi l’anno successivo si trasferisce definitivamente a Chicago, dove inizia a lavorare per la famiglia Gensburg, con la quale resterà per 17 anni.Qui allestisce un laboratorio nel bagno privato messo a sua disposizione. Tra il 1959-1960 viaggia in tutto il mondo, soggiornando nelle Filippine, Asia, India, Yemen, Vicino Oriente, Europa meridionale, e torna poi in Francia per l’ultima volta. Nel decennio 1970-1980 scatta fotografie a colori con la sua Leica e filmati da 8 mm e 16 mm. Nel 1990-2000 mette in un magazzino la sua consistente collezione di libri, ritagli di giornali, pellicole e stampe, sequestrati dopo alcuni anni per regolare l’affitto non pagato. È praticamente senza lavoro e le sue risorse sono scarse. La famiglia Gensburg affitta un appartamento per ospitarla. Muore a Chicago il 21 aprile 2009.
INFORMAZIONI MOSTRAVivian Maier, The Self-Portrait and its DoubleA cura di Anne MorinMagazzino delle Idee, Trieste20luglio –13 ottobre 2019www.magazzinodelleidee.itOrari Da martedì a domenica 10.00-20.00 -lunedì chiusoBigliettiIntero€ 6,00Ridotto*€ 4,0065 anni compiuti; ragazzi da 11 a 18 anni non compiuti; studenti fino a 26 anni non compiuti; diversamente abili*richiesto documentoGruppi e bambini€ 3,00bambini da 6 a 11 anni non compiutiOmaggioBambini fino a 6 anni non compiuti;accompagnatori di gruppi (1 ogni gruppo);insegnanti in visita con alunni/studenti (2 ogni gruppo); un accompagnatore per disabile;giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti) in servizio previa richiesta di accredito all’indirizzo: info@magazzinodelleidee.itLa biglietteria chiude mezz’ora prima.