Vedere un pubblico prevalentemente anziano e poco numeroso ascoltare una formazione cameristica di immenso valore come il Trio Smetana, fa sorgere amare riflessioni riguardo allo stato di non-educazione musicale cui è giunto il popolo italiano e getta una luce sinistra sull’evoluzione del nostro futuro, che sarà sempre più contrassegnato da una diffusa ignoranza. Non solo di cose musicali.

Esibitosi al Teatro Bon di Colugna il Trio Smetana (Radim Kresta al violino, Jan Páleníček al violoncello e Jitka Čechová al pianoforte) è una delle più antiche  e prestigiose formazioni cameristiche europee – la sua fondazione risale al 1934 – con centinaia di concerti al suo attivo e decine di incisioni discografiche effettuate.

Il programma è all’altezza della formazione in quanto a impegno e comincia con lo splendido Trio n. 3 in do minore op. 101 di Johannes Brahms, uno dei capolavori del compositore amburghese, e lì, fin dalla perentoria enunciazione del primo tema dell’Allegro energico, si sente la magnificenza esecutiva del Trio, che colpisce subito l’ascoltatore con un suono assolutamente accattivante, corposo, perfettamente bilanciato nei suo componenti, che concorre potentemente a dare a questo tema quell’incedere eroico che lo caratterizza. Eroismo che si contrappone alla dolce cantabilità del secondo tema. Tale contrapposizione, nell’esecuzione del Trio Smetana, viene splendidamente esaltata. Il Presto non assai è un bellissimo gioco di contrapposizione tematica fra pianoforte e archi, mentre l’intimismo dell’Andante grazioso, nell’esecuzione degli Smetana, commuove dolcemente il pubblico del Bon, che viene poi riportato in un’atmosfera più leggera e brillante dall’Allegro molto che chiude questo capolavoro.

Il primo tempo del concerto si chiude con il Trio n.2 in re minore H 327 di Bohuslav Martinú, composizione dal carattere eclettico in cui coesistono le sonorità dell’Impressionismo francese, del neoclassicismo di Strawinsky e del Jazz. L’esecuzione degli Smetana è un lavoro di cesello che esalta tali influenze dando così alla scrittura di Martinú quell’aspetto cangiante che le si addice.

La seconda parte è dedicata al Trio per pianoforte n. 1 in re minore op.32 Anton Stepanovich Arenskij, un autore russo raramente presente nelle sale da concerto italiane. Autore ingiustamente trascurato, perché questo trio con pianoforte ci mostra un compositore che ha perfettamente assimilato la lezione del romanticismo tedesco rielaborandola “alla russa” con originalità, come si avverte nel lirismo dell’Allegro Moderato, nella leggerezza dello Scherzo, nel carattere elegiaco dell’Adagio e nella drammaticità del Finale. Allegro ma non troppo. Scrittura romantica illuminata da un’esecuzione degli Smetana che definire emozionante è poco.

La fine dell’esibizione è salutata da grandissimi applausi e l’entusiasmo del pubblico viene premiato dai tre virtuosi con ben due bis in cui eseguono la Dumka tratta da Dumky trio di Antonin Dvorák, e un trio dello sloveno Loize Slak.

Sergio Zolli © instArt

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