Un pubblico decisamente internazionale (si sentiva parlare diverse lingue, in particolare il tedesco) e insolitamente pieno di giovanissimi ha accolto al teatro Verdi di Trieste la replica pomeridiana dell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romano, tratto da Le phitre di Eugène Scribe.
La direzione dell’opera di Donizetti era affidata a Simon Krečič, la regia e le scene a Victor Garcia Sierra e la direzione del coro a Francesca Tosi.
Fin dall’apertura questo Elisir si segnala per un’ambientazione circense, con tanto di trampolieri, giocolieri e acrobati, che si discosta alquanto da quella agreste tradizionale. Bellissima ambientazione, intendiamoci, ma che dal punto di vista drammaturgico crea qualche discrepanza perché, per esempio, Belcore, il bravissimo baritono Leon Kim, è dapprima un domatore e poi diventa un sergente (sennò come potrebbe Nemorino arruolarsi e prendere i soldi per l’acquisto di un’altra bottiglia di elisir?), la banda del circo diventa la truppa e così via. Come si vede, sono scelte registiche non sempre convincenti, ma che non tolgono nulla all’opera di Donizetti, anzi, ne sottolineano la giocosità e la gaiezza, grazie anche a trovate come quella di dislocare in alcune scene i giocolieri fra il pubblico o di sottolineare con le due acrobate, di un’agilità veramente incredibile, alcune scene della vicenda. La vicenda amorosa si dipana fra Nemorino, interpretato dal bravissimo tenore Francesco Castoro con una notevole performance in “Una furtiva lacrima” e la bella Adina, con la voce strepitosa, agile ed omogenea in tutti i registri di Claudia Pavone. Fra equivoci e ripicche, fino al felice esito finale, è portata avanti con leggerezza dagli interpreti, cui dobbiamo aggiungere un dottor Dulcamara interpretato da Bruno de Simone, un basso di ottime doti vocali e grande presenza scenica. Nel suo duetto con Adina “Quale amore?” è letteralmente da antologia, insieme ad una graziosissima soprano Rinako Hara nei panni di Giannetta.
Ottima compagnia di canto, quindi, accompagnata con mano sicura dalla bacchetta di Krečič che guida un’orchestra di grande professionalità e un coro sempre in tono con le vicende narrate.
Un grande successo di pubblico per un’opera che continua a mantenere, a tanti anni dalla sua prima del 1832, tutta la freschezza della musica di Donizetti e l’attualità della storia narrata.

© Sergio Zolli per instArt