Liberamente tratto dal romanzo “La cotogna di Istanbul” di Paolo Rumiz, “Un sogno a Istanbul”, visto al teatro Ristori di Cividale del Friuli lo scorso 21 febbraio, è uno spettacolo ricco di magia e forti emozioni, una storia di popoli diversi e sentimenti comuni, un’autentica lezione di vita, priva di retorica e di stringente attualità.
Merito della rilettura drammaturgica che ne ha fatto Alberto Bassetti e dell’efficace direzione registica di Alessio Pizzech, assai ben coadiuvato da Tommaso Garrè, assistente alla regia, da Andrea Stanisci per scene e costumi, da Eva Bruno per il disegno luci e da Mario Incudine che ha firmato ed eseguito dal vivo le musiche originali della messa in scena.
La storia è quella dell’amore, travolgente e tragico, tra Max e Maša in un’Europa devastata dalla guerra dei Balcani. La magia di un primo incontro, una scintilla che accende il desiderio destinato a rimanere tale perché non riesce a trovare il tempo per concretizzarsi.
A Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, arrivato a Sarajevo per motivi di lavoro, era bastato un attimo per innamorarsi di Maša, donna bosniaca, misteriosa e affascinante. Tornato a Vienna, vedrà passare tre lunghi anni prima di ritrovarla, i tre fatidici anni di cui parlava “La gialla cotogna di Istanbul”, la canzone d’amore che Maša gli cantava nei pochi momenti condivisi. Si ritroveranno quindi e, consapevoli della forza del sentimento che li unisce, insieme proveranno a sfidare la malattia di lei e le avversità del destino fino all’ineluttabile tragico epilogo.
A interpretare magistralmente i protagonisti principali della vicenda Maximilian Nisi nel ruolo del curiosamente omonimo Maximilian, prima misurato poi determinato, e Maddalena Crippa, signora del teatro italiano, che con straordinaria naturalezza ed eleganza ha saputo dare voce (incantevole nell’intonazione e nella melodia) e corpo a Maša.
A tenere le fila di una narrazione puntuale e di grande efficacia sentimentale, in una continua alternanza di dialoghi e racconti, un disinvolto Adriano Giraldi e Mario Incudine, autore ed esecutore delle musiche imprescindibili e perfettamente idonee a creare le atmosfere e i tempi del racconto.
Uno spettacolo venato di malinconia e, a volte, doloroso ma anche intriso di una dolcezza infinita, capace infine di lasciare spazio alla speranza di un tempo e di un mondo migliore. Se solo sapessimo imparare dal passato.
Applausi commossi e calorosi del pubblico del Ristori di Cividale per questa originale produzione di “La Contrada Teatro Stabile di Trieste/ Arca Azzurra”.
Rita Bragagnolo © instArt