L’ormai avviata stagione del prestigioso auditorium della fabbrica dell’ingegner Fazioli si è aperta qualche settimana fa con lo straordinario concerto di Angela Hewitt, meravigliosa interprete acclamata dai teatri di tutto il mondo non solo per la sua ben nota predilezione per Bach.

In barba all’ennesima allerta meteo diramata in tutto il Friuli Venezia Giulia dalla protezione civile, la sala era gremita e rigorosamente sold out; il richiamo della grande musica è stato assolutamente irresistibile per i tanti che hanno affollato uno dei templi dedicati alla musa Euterpe non solo in ambito regionale, ma, come non ci stanchiamo mai di ripetere, anche europeo.

Il terrorismo mediatico che invoca ed evoca catastrofi non sempre funziona e poi se si deve proprio morire è meglio farlo affogando nella musica.

Prima dell’esibizione la pianista si è prestata ad un piacevole dialogo con una graziosa moderatrice, durante il quale ha presentato il programma della serata (Mozart, Bach, Schumann) tutto in tonalità minore in tema con l’assurda tragedia che in questi giorni non stiamo vedendo a causa della nostra indifferenza.

Ha parlato anche a largo giro d’orizzonte della sua carriera di concertista dall’immensa discografia iniziata seguendo gli insegnamenti del padre organista della chiesa anglicana di Ottawa.

In questi ultimi tempi è molto impegnata nell’incisione di tutte le sonate di Mozart dopo aver esaurito quelle di Bach, Scarlatti ed essendo a buon punto con quelle di Beethoven sempre per il catalogo della prestigiosa casa discografica inglese Hyperion.

Per il pane quotidiano bisogna studiare Bach diceva Schumann; al tempo di Mozart, il Bach cui ci si riferiva era Philip Emanuel questo significa che per comprendere bene lo sviluppo della musica dall’età barocca in poi non ci si può accontentare di avere una visione settoriale, ma l’orizzonte cui ispirarsi deve essere il più largo possibile e al di fuori dei classici stereotipi.

Per suonare con la giusta intensità la musica di Bach lei si è sempre ispirata alla danza e alla voce umana per quanto riguarda Mozart.

Dalla logica e dalla razionalità del genio di Eisenach al romanticismo di Schumann, il percorso sembra arduo, ma a guardare bene pezzi romantici ci sono anche in Bach come per esempio nella variazione Goldberg n°25 ci sono molti cromatismi, l’espressività è diversa ma il sentimento è il medesimo.

Alla fine del dialogo non è nemmeno mancata la più classica e in fondo banale delle domande: “Qual è il segreto di Angela Hewitt?” meno scontata, per fortuna la risposta: “Non c’è nessun segreto ma solo tanto hard-work!” e, aggiungiamo noi, come si dice: “Le chiacchiere stanno a zero!”

L’eleganza è davvero una questione di dettagli ed è quasi uno sport per alcuni sfaccendati spettatori osservare e commentare malignamente gli out-fit delle signore.

Il teatro è da sempre anche questo e la Fazioli concert hall, la sala da concerti più raffinata della Regione non fa certo differenza. L’ambiente per fortuna è più informale di quello di un gran teatro di città, ma anche qui non mancano le signore elegantissime e quelle che invece scambiano la seduzione con quel pizzico di volgarità che guasta sempre e al quale non sanno proprio rinunciare.

Gli uomini, naturalmente, non fanno testo, ognuno si veste come può seguendo i consigli delle commesse o delle mogli che con un sorriso e un paio di battute acide sarebbero in grado di farti comprare per buono anche un sacco della spazzatura usato.

Wolfgang Amadeus Mozart, Fantasia in do minore, K475

La composizione è datata 20 maggio 1785 e fa parte delle fantasia che Mozart compose negli anni viennesi (1781-1791) che esprimevano tutta la sua arte d’improvvisatore e che sono totalmente perdute a parte due frammenti (K. 396/385f, K.397/385g) e per l’appunto la K475, anch’essa incompiuta, ma molto più ampia.

La grande abilità di Mozart alla tastiera è testimoniata anche dal suo estremo interesse per i nuovi strumenti della sua epoca e in particolar modo della rapida evoluzione del fortepiano che gradualmente si trasformò negli attuali pianoforti.

In una preziosissima lettera al padre dell’ottobre 1777, il compositore magnifica le caratteristiche del fortepiano del grande costruttore di strumenti a tastiera Johann Andreas Stein (1728-1792) e lo confronta con gli altri che aveva provato.

Invece, da una lettera di molti anni dopo del fratello Joachim Leopold (12/03/1785) veniamo a sapere che Wolfgang si era fatto costruire una pedaliera dell’estensione di circa due ottave analoga a quella di un organo che gli consentiva una maggiore abilità con i registri gravi piuttosto limitati in quei pionieristici strumenti.

Proprio per questo non poteva esserci scelta migliore da parte della pianista americana che aprire il proprio concerto da Fazioli con la Fantasia in re minore; l’azienda di Sacile è la raffinatissima erede di quella tradizione di straordinari artigiani che Mozart vide al proprio nascere.

Tanto per capirsi basta leggere un breve trafiletto nel Messaggero Veneto del 02/08/2020:

“Nuovo pianoforte Fazioli per la pianista canadese Angela Hewitt: a Sacile nell’azienda di Ronche l’ha scelto tra cinque F278 per sostituire quello distrutto sei mesi fa, a causa di una sbadataggine nel trasporto a Berlino.

«È uno spettacolo impressionante entrare nella Fazioli concert hall e vedere i cinque nuovi F278 in fila – il messaggio di Hewitt che ha condiviso l’emozione sui social –. Quello che ho scelto ha grande profondità, calore, potere, infinite possibilità. Il mio tecnico tedesco Gerd Finkenstein, aveva fatto la sua scelta prima che arrivassi a Sacile».

Lo “shopping” a Sacile ha messo in conto anche il quarto pedale da installare sul pianoforte: circa un mese di lavoro aggiunto. Un pezzo unico perché dotato del meccanismo a quattro pedali normalmente riservato al modello F308, come il precedente pianoforte distrutto dopo l’incisione di un cd a Berlino. Quando gli operai nel rimuovere il piano dalla sala di registrazione, l’hanno fatto cadere nella fase di carico e il telaio in ferro, oltre a molte delle parti in legno sono andati in mille pezzi.

Impossibile ripararlo: la diagnosi dell’ingegnere Paolo Fazioli e dei tecnici ha sconvolto la pianista, che ha deciso di sostituire il piano distrutto. «Ho adorato quel piano che era il mio migliore amico e compagno – aveva scritto addolorata Hewitt. – Mi è piaciuto come mi sentivo nella registrazione, dandomi la possibilità di fare tutto ciò che volevo».

La Fantasia in do minore prende a modello le composizioni di Philip Emanuel Bach, figlio di tanto padre e fonda la musica pianistica moderna in generale anticipando lo spirito beethoveniano (Paumgartner); è una sorta di vasto, organico preludio alla Sonata K457 scritta quasi un anno prima ma pubblicata insieme alla Fantasia.

La Hewitt ha completato da poco l’incisione dell’integrale delle Sonate di Mozart per la prestigiosa etichetta Hyperion, ha perciò nelle dita tutta la forza generativa e l’ispirazione delle più virtuosistiche composizioni del genio di Salisburgo. La sua esecuzione della Fantasia è stata rigorosa e assolutamente appassionata, pensosa e inquietante “nell’adagio” fino all’esplosione di colori nell’allegro che si irrobustisce nel “più allegro”. Anche il particolare, efficace timbro secco e metallico del pianoforte Fazioli sembrano creati apposta calibrando le propri caratteristiche sullo stile della pianista canadese.

Il suono cristallino, le dinamiche e la meccaniche dello strumento sembrano quasi un’estensione della rigorosa creatività della Hewitt, che ha la capacità di scavare a fondo la voragine celeste che il genio di Salisburgo ha aperto nel cielo dell’arte, per poi precipitarvi il proprio pubblico.

A volte gli smorzamenti con il pedale sembrano perfino troppo bruschi e danno al primo movimento (Adagio) un andamento ancora più drammatico. Si aumenta decisamente d’intensità nei successivi movimenti che poi sembrano spegnersi per ritornare a fiammeggiare nel finale. Per un gesto pianistico sempre misurato, corretto, di grande intensità, ma sempre composto.

Anche nei momenti più vivaci e intensi dell’esecuzione la Hewitt non perde la sua compostezza e il suo gesto non diviene mai muscolare o sguaiato, certo è anche molto energico ma rimane nei limiti di una teatralità che non concede troppo alla guittezza contemporanea sempre a favore di telecamera con gesti “urlati” ed accenti enfatici ad ogni battuta.

Anche di lei possiamo dire lo stesso che nel 1790 il Dr. Joseph Frank allievo di Mozart disse del suo maestro: “Quale miracolo! Sotto le sue dita, il pianoforte si trasformava in un altro strumento. Egli aveva rinforzato il suo pianoforte con un secondo pianoforte”.

La Hewitt ha anche dichiarato che è buona norma che Fantasia e Sonata in do minore si suonino insieme; per lei è il modo migliore per iniziare un recital.

Wolfgang Amadeus Mozart, Sonata in do minore, K457 (allegro, adagio, molto allegro)

Il bello del teatro è che si possono vedere gli estremi della nostra esistenza che si rappresentano quasi involontariamente.

L’altra sera alle spalle della Hewitt sedeva tra il pubblico una gentile signora che era l’esatto opposto della delicata raffinatezza esteriore ed interiore della pianista. Due donne esteticamente agli estremi opposti, del pregiudizio maschilista che colpevolmente si sta esprimendo in queste righe, che però trovano un punto d’incontro e di equilibrio proprio nel miracolo della musica. Le due donne con tutto il rispetto e mutatis mutandis, sono paragonabili rispettivamente alla Fantasia e alla Sonata, tanto irruenta e fantasiosa la prima quanto dolente e pensosa la seconda.

Mozart nel proprio tempo era considerato uno scostumato, uno che non aveva alcun gusto nel vestire e nel comportarsi educatamente in pubblico eppure niente di più sublime della sua musica è mai stato creato dall’ingegno umano.

L’attacco dell’adagio è stato meraviglioso, un vero e proprio frammento d’eternità che la Hewitt ha saputo catturare sotto i propri polpastrelli.

La musica ci assolve tutti, belli o brutti, tutti gli stereotipi e le miserie scompaiono, tutto viene trasceso in una dimensione superiore di purezza e di armonia nella quale ogni nostro pregiudizio perde completamente di senso. Lassù siamo davvero tutti uguali, i nostri peccati sono perdonati, almeno per un istante.

In Mozart anche il passaggio più cupo e sospeso ha la sua risoluzione in note che sono liete e pacificate; è questo il suo massimo capolavoro, pieno di problemi esistenziali. Mozart la scrisse il 14 ottobre 1784 sicuramente questo influenzò la sua composizione piena di inquietudine melodica, enigmatica, poco chiara e poco cantabile, un’opera piena di silenzi e interrogativi; in alcuni momenti sembra la prefigurazione di qualcosa di spaventosamente funesto.

La moglie Constanze aveva partorito da poco e i Mozart si erano trovati nel bel mezzo di un trasloco, avevano dovuto trasferirsi per una probabile incauta tresca adulterina del birichino compositore di Salisburgo e di un marito viennese estremamente geloso e indocile. A questo si sommavano problemi economici piuttosto delicati e una carriera di “libero” musicista che stentava a stabilizzarsi. Grazie al suo genio, è possibile ancora condividere questi stati d’animo con Mozart, soprattutto se siamo aiutati a empatizzare con lui dall’incredibile tocco sulla tastiera della pianista canadese.

Johann Sebastian Bach: Fantasia cromatica e fuga in re minore, Bwv 903

La musica di Bach ti lega e ti conquista fin dai primi accordi, la fantasia cromatica è fatta apposta per stupire e improvvisare deliziando gli ascoltatori perfino con una certa irruenza. È una composizione dai grandi contrasti e dai colori intensi e saturi, sembra quasi che Bach voglia giocare sulla tastiera alternando momenti di straordinaria intensità ad altri placidi e piani in cui l’ascolto diventa disteso e ampio e il respiro meno ansante e affannoso. In rapida successione s’avvicendano, spumeggianti, verticali virtuosismi a piatte pianure dove non soffia un alito di vento e non si muove un filo d’erba che sia uno.

La Hewitt sa gestire perfettamente le pause aumentando le aspettative e facendo crescere la tensione, distribuendo in tutto il brano quella grande forza che poi finisce per scatenarsi nella fuga che non fa che accumulare energia in tutto il suo svolgimento.

La pianista canadese è stata magistrale nel far spegnere la Fantasia e traslarla nella fuga. Quando si parla di Bach ci si sente quasi in obbligo di far riferimento alla sua razionalità cervellotica e alla sua logica di luterano osservante, ma in realtà sembra spesso essere solo il nostro modo secolarizzato e scientista di interpretarlo per paura che l’emozione e la passione ci divorino l’anima.

Intervallo, dopo tante sollecitazioni una piccola pausa prima di scivolare verso la conclusione dell’esibizione, è stata un toccasana per prepararsi nel modo più degno alla seconda parte. Nell’atrio del relativamente piccolo auditorium un gioioso chiacchiericcio tendeva a trasformarsi in un allegro vociare con un pubblico felice di star partecipando ad un evento dalla bellezza unica; scambi di opinioni, soliti pettegolezzi, qualcuno che controlla le chiamate perse sullo smartphone e altri che non smettono di gustarsi i deliziosi cioccolatini che Fazioli ha gentilmente offerto su vassoi argentati. Un piccolo gesto accogliente e tenero che coccola gli spettatori, la dolcezza non è mai troppa così come la classe si vede dai piccoli particolari.

Soddisfatto anche il palato, a tempo debito il concerto si è completato con la propria seconda parte.

Robert Schumann, Sonata n° 1 in fa diesis minore, op. 11

Introduzione-un poco adagio-allegro vivace-aria-scherzo e intermezzo-allegrissimo-finale-Allegro un poco maestoso

Con Schumann almeno all’apparenza siamo in un mondo che conosciamo meglio, fatto di immagini vivide e colori d’intensità pittorica e immaginifica. Ci sentiamo tutti sempre un po’ figli dell’età romantica anche se non sappiamo bene cosa vuol dire di preciso, ma ci basta anche solo farci trasportare sulle ali della musica e l’ebrezza dell’altezza ci inebria e va bene anche così senza troppa consapevolezza.

Certo la musica e perfino il sentimento possono essere indagati con estrema perizia, sezionando le emozioni e le alchimie che le generano; i neuro scienziati possono perfino individuare le precise sinapsi dalle quali si originano le reazioni cerebrali fatte di chimica ed elettricità, ma il mistero della musica resta perfettamente intatto e celato con la maestosità dei suoi scherzi, preludi, fughe, adagi e nessuno potrà mai darsi ragione di quelle pause nell’esecuzione tra un movimento e l’altro che sono fatte di magia e di esoterismo e chi si accontenta delle spiegazioni scientifiche non si merita le domande che si pone.

“La sonata venne pubblicata a Lipsia nel 1836, con la firma di Florestano ed Eusebio”, una firma che ci riporta al mondo fantastico ideato da Schumann per le discussioni estetico musicali della sua rivista, dove Florestano rappresentava la natura fantastica e ardente della sua personalità, ed Eusebio quella contemplativa e sognante”(Franco Sgrignoli su Amadeus n°78).

È un brano che è molto caro alla pianista canadese che lo presentò per il diploma di conservatorio nel 1977 a 18 anni. Come ha affermato lei stessa, quello che si impara in giovane età resta per sempre, a quindici anni è il momento giusto per apprendere il più possibile, dopo diventa tutto più meccanico e privo di spontaneità.

Nella Hewitt, possiamo dirlo con certezza, c’è ancora intatto tutto l’entusiasmo di quella ragazza che si affacciava al mondo dei concerti proprio con questa sonata come si è detto.

L’emozione che si aggiunge all’emozione è sentire, grazie alla perfetta acustica della Fazioli Concert Hall, i sospiri profondi della pianista mente affronta i passaggi più intricati, un po’ meno interessante è sentire gli inevitabili colpi di tosse di chi non riesce mai a trattenersi e nemmeno ci prova.

Da Fazioli la situazione è ancora sotto controllo rispetto ad altri luoghi anche perchè il pubblico viene giustamente esortato ad attenersi ad un vero e proprio protocollo.

Alla biglietteria un cortese, discreto avviso invita il gentile pubblico a: spegnere il telefono cellulare, disattivare i segnali acustici degli orologi digitali e di altre apparecchiature elettroniche. E ancora “Durante il concerto si prega inoltre di: trattenere i colpi di tosse il più possibile, non scartare caramelle, evitare di produrre rumore, sventolando il programma di sala o armeggiando con borsette, monili o altri oggetti.”

Non sembrino richieste spocchiose e snobistiche, essere ben concentrati sulla musica è davvero importante, è un malcostume piuttosto diffuso anche quello che spinge qualcuno alla frenesia dell’applauso nel momento sbagliato come se fosse davvero necessario, con il risultato di rovinare o interrompere la magia di quegli attimi.

Anche questo fa parte di un certo protagonismo del pubblico pagante che la televisione ha illuso di far partecipe all’evento con applausi registrati, risate e ammiccamenti. Deprecabile anche il diffuso malvezzo della standing ovation che non merita nemmeno commenti.

Prima del bis, l’Ing. Fazioli, impeccabile ospite, ha omaggiato l’artista con una targa da World Wide Ambassador dei pianoforti Fazioli, l’azienda non sarebbe la stessa senza di lei. Visibilmente felice del riconoscimento ha sottolineato quanto sia stato importante e decisivo per la sua carriera di concertista l’incontro con i preziosi strumenti dell’azienda sacilese.

Il brano scelto dalla Hewitt per ringraziare il proprio pubblico è una trascrizione per solo pianoforte, il celebre lied di Strauss (“Morgen” Op. 27, TrV 170: n°4) arrangiato da Max Reger che la pianista ha incluso nel suo album “Love songs – Piano trascriptions Without Words”.

È un delicatissimo intarsio nel silenzio di un’attesa, un sospiro, una speranza piena di luminoso futuro e al contempo una nostalgia che, come un occhio esterrefatto, si apre, si chiude e poi solo un canto soave.

Al brano programmaticamente mancavano le parole, ci permettiamo di ricordarle:

“E domani risplenderà di nuovo il sole, e sulla via che io percorrerò esso ci riunirà di nuovo, noi felici, Su questa terra che respira il sole, e sulla larga spiaggia dalle onde azzurre, noi tranquilli adagio discenderemo, muti noi ci guarderemo negli occhi e su di noi scenderà della felicità il muto silenzio.”

I silenzi di questo concerto hanno continuato a far vibrare a lungo l’atmosfera della Fazioli Concert Hall anche dopo che le ultime note si erano spente. La bellezza è proprio questa permanente assenza di ciò che s’è dato, un malinconico rimpianto nel rimareggiare rifranto del desiderio.

© Flaviano Bosco – instArt 2023