C’era una volta un gruppo che nacque nel lontano 1994 nella città friulana di Pordenone. Come tutte le band di riguardo aveva un leader: Davide Toffolo. La proposta musicale: fresca, interessante, con testi innovativi,
originali, pungenti. Il genere: sperando di non urtare la sensibilità dei critici di professione, diciamo post – punk. Nel 1997, dopo qualche disco autoprodotto, esce la prima vera e propria opera del gruppo: Piccolo
intervento a vivo, che racchiude i migliori pezzi del repertorio di questo ensemble che ha scelto un nome originalissimo: Tre Allegri Ragazzi Morti (#treallegriragazzimorti). Ero presente a una delle sessioni di registrazioni live all’Atrium di Pordenone, ex Planetarium, per i meno giovani. Una sorta di astronave o mega lavatrice di cemento armato dove si tenevano ottimi concerti; ne ricordo anche uno dei Primus. Sembra veramente una bella favola quella dei #TARM. Sono passati trent’anni dalla loro fondazione ma quando si assiste a un loro concerto l’energia sprigionata è quella di un gruppo appena nato. Un’energia guidata da uno strepitoso Davide Toffolo, la cui voce magica continua misteriosamente a non invecchiare. Il concerto che si è tenuto al Castello di Udine sabato 29 giugno, subito dopo la sconfitta dell’Italia calcistica nell’Europeo, a mio parere è una delle performance più belle mai fatte dal gruppo. Alla fine saranno 30 le canzoni suonate, una per ogni anno di carriera artistica.
Una coincidenza o una magia? L’accoglienza del pubblico è un classico, una delle brillanti invenzioni del frontman:
Venghino signori /
venghino in questa bellissima plaza /
Tre Allegri Ragazzi Morti canteranno suoneranno e balleranno per voi l’incredibile
spettacolo della vida /
l’incredibile spettacolo della muerte.
I primi due brani rientrano tra le mie preferite di sempre: Mai come voi (da Mostri e Normali, 1999) e La ballata delle ossa (da Primitivi del futuro, 2010). Qui c’è già tutta la cifra artistica della band: una struttura musicale solida, linee melodiche orecchiabili, immediatamente riconoscibili e testi di grande potenza. Si capisce subito che il concerto sarà una sorta di compilation della produzione del gruppo. Siccome le belle canzoni dei TARM sono tante, mi soffermerò solo su quelle che amo in modo particolare. Come la quinta, ad esempio: I cacciatori (dall’album Nel giardino dei fantasmi del 2012, per me il loro disco più completo). I fans dei TARM seguono lo show con grande partecipazione, molti di loro, come di consueto, portano la maschera e vestono le t-shirt del gruppo.
Sul palco oltre al nucleo storico formato da Davide Toffolo (chitarra, voce), Enrico Molteni (basso) e Luca Masseroni (batteria e voce) c’è il prezioso apporto dalla chitarra di Andrea Maglia. C’è spazio anche per qualche pezzo nuovo tratto dall’ultimo album Garage Pordenone, come Ho’oponopono e la bellissima La sola concreta realtà, quest’ultima eseguita in chiusura, in un’intima versione voce e chitarra. Mi sarebbe piaciuto ascoltare dal vivo La misura: peccato, non si può avere tutto dalla vita. L’incursione nei primi anni riguarda tra le altre Quindic’anni già, Batteri e Fortunello. Il pubblico è entusiasta, non smette mai di cantare assieme ai TARM. Davide al termine di ogni brano pronuncia la frase Grazie tantissime senza alcuna enfasi, con la stessa inflessione di un addetto al bancone di un supermarket che deve liquidare un cliente che ha appena acquistato un etto di mortadella. L’ennesima trovata del genio di quest’artista, una proiezione della fantasia che riesce sempre a creare con la sua penna di fumettista. Il quindicesimo brano in programma è Abito al limite (da Mostri e normali), una canzone che ben rappresenta il concetto di emarginazione. Prima del bis El Tofo mette in scena un vero e proprio spettacolo teatrale. I contenuti di questa straordinaria performance non li svelo. Non sarebbe giusto: bisogna partecipare al concerto per capire, per comprendere il mondo dei TARM. Il cosiddetto bis in verità è un secondo concerto. Dieci canzoni, tra le quali La mia vita senza te e Ogni adolescenza (da La testa indipendente, 2001).
Davide sottolinea che Ogni adolescenza è una delle cose più buone che hanno fatto i ragazzi morti: sono pienamente d’accordo. Di che cosa parla veramente una canzone e Alle anime perse, entrambi inclusi nell’opera Nel giardino dei fantasmi rappresentano vette artistiche elevate. Non poteva mancare Bengala (da Sindacato dei sogni, 2019), una canzone che evoca lo scenario di un dopoguerra, per sperare di non vedere mai più guerre. Il finale è affidato a La tatuata bella, cantata assieme al pubblico, senza strumenti di accompagnamento. Un concerto da conservare nella memoria a lungo, come i buoni ricordi. Quella dei Tre Allegri Ragazzi Morti continua ad essere una bella favola. Una carriera artistica che dura da trent’anni e
che assomiglia molto a un bel sogno.
© Franco Giordani per instArt
Ph: Franco Giordani