TINA MODOTTI. L’OPERA
La più completa mostra mai proposta in Italia sull’opera di Tina Modotti (1896-1942) arriva a Torino.
Le oltre 300 opere esposte raccontano la poliedricità, le peculiarità artistiche della fotografa Friulana, anche con alcuni interessanti e curiosi materiali inediti,
tra cui quelli che la rivelano “maestra di fotografia”. Una serie di documenti – presentati per la prima volta – ricostruiscono una curiosa “invenzione promozionale” d’epoca:
Tina Modotti attrice nel cinema muto italiano, proprio a Torino, grazie a un concorso fotografico!
Inaugurata presso la prestigiosa sede di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino “Tina Modotti. L’opera” (fino al 2 febbraio 2025), la grande mostra sulla fotografa di origine udinese, un’artista libera e indipendente, eclettica, che ha sempre saputo rimanere fedele a sé stessa. L’esposizione è a cura di Riccardo Costantini, con la collaborazione di Gianni Pignat e Piero Colussi, ed è promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e realizzata con Cinemazero.
Le oltre 300 opere esposte a Torino, provenienti da oltre 30 archivi da tutto il mondo, raccontano la poliedricità, le peculiarità artistiche, il talento multiforme di Modotti, che durante la sua breve ma intensa carriera è riuscita a catturare l’intensità e i contrasti dei mondi che ha attraversato, espressi con ritratti di vita quotidiana, raccontando anche e soprattutto l’ingiustizia, il lavoro, l’attivismo politico, la povertà, le contraddizioni del progresso e del passaggio alla modernità.
“Al fine di restituire un’immagine dell’opera fotografica di Modotti sempre più completa ed esaustiva” – spiega il curatore Riccardo Costantini – “nella mostra di Torino si racconta anche come sia stata “maestra di fotografia”: per Rosa Rolanda Covarrubias (ecclettica artista messicana, tutta da riscoprire), per Bruno Traven, scrittore misterioso, autore – fra gli altri – del best seller, poi successo cinematografico, Il tesoro della Sierra Madre e perfino di Frida Kahlo, come testimoniato da alcune lettere di quest’ultima, che conobbe non solo assieme a Diego Rivera, ma grazie anche alla frequentazione – con sessioni fotografiche una a fianco dell’altro – di Wilhelm “Guillermo” Kahlo, fotografo padre della nota pittrice. Nel complesso queste novità che, fra altre, si presentano nel contesto torinese, sono di particolare significato perché attestano ulteriormente il suo percorso d’artista fotografica autonoma e perché di Modotti spesso si è parlato con eccesso di biografismo declinato al “maschile”, spesso come “allieva” di Weston, e mai come possibile maestra di altri”.
La mostra ha anche rilevanza dal punto di vista documentale, raccogliendo diversi materiali inediti, rare riviste e libri vintage, documenti, ritagli di quotidiani, ritratti dell’artista, video, nonché fotografie e ricerche che consentono di ricostruire a Torino con buona fedeltà la prima e unica esposizione personale che realizzò Tina Modotti nel 1929, testimoniando e rendendo giustizia all’arte della fotografa.
Inoltre, dai documenti ritrovati dal curatore Riccardo Costantini durante la preparazione della mostra, spuntano alcune inedite uscite stampa americane di inizi anni Venti che raccontano di un percorso di studi superiori affrontato da Modotti a Torino (cosa che non ha riscontro nella biografia dell’artista), e di come abbia avuto in quella città il “battesimo” dello spettacolo, grazie a un concorso fotografico che la proiettò nel mondo del cinema muto torinese, italiano, e poi mondiale in America.
Secondo gli articoli, Modotti avrebbe non solo fatto le superiori a Torino, ma lì avrebbe vinto un concorso fotografico di bellezza, guadagnando visibilità – addirittura con suoi scatti esposti nella vetrina del ritrattista dell’epoca – tanto da catturare l’attenzione dei registi della casa di produzione locale Lombrosio (ai fatti inesistente, ma con curiose assonanze con la nota Ambrosio Film, una delle case di produzione pionieristiche del muto italiano). Questa le avrebbe affidato diversi ruoli, consentendole poi di diventare la star che Hollywood ha richiamato e valorizzato per il – brevissimo – tempo del suo successo cinematografico: dal 1920 al 1922, quando la sua bellezza stregò oltreoceano in particolare per il ruolo d’esordio in Tiger’s Coat. E così – sempre da ulteriori fonti stampa – visto il successo ottenuto, la Lombrosio l’avrebbe richiamata in Italia, per nuovi ruoli nel cinema italiano.
La notizia di allora, uscita su più testate, è sicuramente frutto di comunicati stampa della Dial Film che produsse il suo lungometraggio d’esodio, probabilmente creati ad arte per attestare in America con una storia romantica e legata alla tradizione cinematografica di un altro Paese, la qualità di un’attrice che si presentava per le prime volta al pubblico statunitense.
Una storia quanto meno raccontata bene oltreoceano, e da approfondire nei documenti magari riguardando qualche film del pioniere torinese del muto Antonio Ambrosio (non Lombrosio!) spesso proiettati alle Giornate del Cinema Muto a Pordenone, chissà alla ricerca di un volto… magari di Tina Modotti.
comunicato stampa