A leggere il titolo dello spettacolo la mente non può che correre immediatamente a Gabriel Garcia Marquez e a quel paese da lui immaginato nel capolavoro “Cent’anni di solitudine”: Macondo, appunto. Con tutto il suo miscuglio di poesia, magia, dramma e surrealtà, che riusciva a lasciare il lettore con un sorriso dolce e amaro: amaro per le vite delle varie generazioni della famiglia Buendia segnate da un destino cinicamente beffardo; dolce per il contesto così leggero e sognante in cui questi traumi erano calati.

Beh, “Tango Macondo” lascia lo stesso strabiliante effetto. Non sappiamo se il regista Giorgio Gallione si sia realmente ispirato al romanzo di Marquez o se le suggestioni che ha portato in scena derivino dalla sua lettura e interpretazione de libro da cui la storia è tratta (“Il venditore di metafore” di Salvatore Niffoi) e in realtà ci interessa poco, perché il risultato è semplicemente delizioso. E questa è l’unica cosa che conta.

Partiamo dalla sceneggiatura: una poesia lunga un’ora e venti minuti. La delicatezza con cui viene raccontato il viaggio di Matoforu e della compagna Anzelina, in fuga dalla Sardegna verso l’Argentina come raccontastorie, è commovente. La piccola odissea dei due è costellata da diversi problemi e drammi, dalle epidemie che li convincono a andarsene dalla terra natia agli anni consecutivi di pioggia a Macondo, alla strana malattia che toglie il sonno a tutto il paese e fa pian piano dimenticare nomi e significati delle cose; eppure la regia entra in tutti queste vicende così in punta di piedi da riuscire a non essere mai pesante. Tanto che non lascia mai nello spettatore tristezza o disperazione per le sorti dei protagonisti quanto piuttosto una dolce commozione per il loro modo -sempre ottimista, sempre leggero- di affrontare tutte le situazioni. A mostrare che finché c’è qualcosa da raccontare e qualcuno con cui condividerlo, tutto può essere superato.

A contraltare di questa delicatezza c’è la messa in scena: a tratti festosa, a tratti cupa, sempre roboante e coloratissima. In sintesi, una delizia per gli occhi. Con una serie di trovate coreografiche e scenografiche che sanno amplificare abilmente quelle sensazioni di sognante e onirica favola. Sono diversi i momenti in cui l’entrata in scena di uno dei bravissimi attori e ballerini con un particolare strumento di scena colpisce al cuore e fa sorgere qualche lacrima agli occhi, per il modo davvero discreto e raffinato in cui tale soluzione sottolinea e amplifica ciò che in quel momento Matoforu o Anzelina stanno raccontando (un esempio su tutti: il sacco appeso a una lunghissima asta che -scuotendosi al passo della danza della ballerina che lo sta portando- lascia cadere lentamente tanti piccoli coriandoli argentati).

Solo elogi anche per quanto riguarda le prove attoriali: un Ugo Dighero in veste decisamente diversa da quella a lui più solita (quella comica) sorprende e incanta, anche per la modestia con cui non “divora” la scena ma la condivide con gli altri, protagonisti tanto quanto lui: Rossana Naddeo/Anzelina e Paolo Li Volsi, abilissimi cantastorie entrambi; Luca Alberti, Alice Pan, Valentina Squarzoni, Francesca Zaccaria (DEOS Danse Ensemble Opera Studio) altrettanto efficaci nelle loro danze, a volte convulse a volte suadenti e grondanti grazia.

Sul lato musicale ci sarebbe poco da dire, viste le firme coinvolte e il successo del CD della colonna sonora, ma diremo comunque che ancora una volta Paolo Fresu colpisce nel segno, con linee melodiche e accompagnamenti che vivono di vita propria eppure non infastidiscono mai i racconti messi in scena da Matoforu e compagnia.

C’è qualche “contro”, quindi? Beh sì, uno sì. Le due repliche viste al Rossetti sono state le ultime del lungo tour dello spettacolo, che quindi proprio a Trieste chiude i battenti. Ecco, questa sì che è una notizia che mette tristezza. Quindi chiuderemo con al volontà di aggiungerci “per ora”, nella speranza che prima o poi il richiamo di Macondo sia così forte pre Fresu, Dighero e tutti gli altri da decidere di vestire di nuovo quei panni così magici, per portare ancora un po’ di sorrisi e dolcezza nei nostri cuori.

 

Luca Valenta /©Instart