Gran pienone di pubblico all’AbbazIa di Rosazzo per il quarto appuntamento di Enoarmonie, che ha visto come enorelatore Fabrizio Scipioni, che ricerca le sinestesie fra l’Abbazia di Rosazzo, un uvaggio di Friulano, Malvasia istriana e Chardonnay di Livio Felluga e i pezzi del programma, e il duo violino e pianoforte Pavel Berman e Giuliano Mazzocante.

Programma assolutamente accattivante che inizia con la celebre Sonata in la maggiore di Cesar Franck, brano immortalato da Marcel Proust nella sua Recherche du temp perdu, quando il protagonista viene sedotto da una sonata e di cui ricorda poi la pétite phrase.

L’esecuzione di questo capolavoro risulta accattivante fin dalle prime battute dell’Allegretto ben moderato, è lì che viene enunciata la pétite phrase che poi si ripresenta lungo tutto il corso dell’opera, scolpita dallo splendido suono dello Stradivari di Berman che intesse uno splendido dialogo con il pianoforte di Mazzocante scandagliado a fondo, e con grandissima  musicalità i più segreti recessI dI questo capolavoro. Le complessità tecniche, vedi l’Allegro, sono risolti con grande facilità, come anche i problemi espressivi posti da pagine come il Recitativo-Fantasia: ben moderato o dall’Allegretto poco mosso. Si tratta di un’esecuzione che seduce e appassiona il pubblico di Enoarmonie, che, non a caso, l’apprezza moltissimo.

È poi la volta della Sonata in la minore op. 105 di Robert Schumann ben analizzata in apertura da Scipioni.

L’afflato romantico di questo lavoro è ben individuato da Berman e Mazzoccante fin dalle prime battute del Mit leidenschaftlichtem Ausdruck con quella continua oscillazione fra maggiore e minore, fra luce e ombra, cosi tipica del romanticismo. L’Allegretto di fattura gentilmente malinconica, è esposto con grande dolcezza, mentre il Lebhaft finale, di grande irruenza, è eseguito con autentico virtuosismo cameristico.

La Serenata malinconica di Piotr il’ič Čajkovskj appare come un’indagine attorno al concetto di malinconia e i principi secondo cui tale sentimento è calato nella realtà musicale, sono esposti ottimamente da Scipioni. Anche l’esecuzione rispecchia questo sentimento, grazie anche al suono di Berman che è qui, come altrove, assolutamente commovente.

Di tutt’altro spirito il Rondò tratto dal secondo Concerto in si minore op.7 “La Campanella” di Niccolò Paganini, dove Berman dà sfoggio di un virtuosismo assolutamente straordinario – cosa altro si può dire di una pagina così brillante ma di non grandissima profondità musicale? – che strappa grandissimi applausi finali da parte del pubblico di Enoarmonie, il cui entusiasmo viene ricompensato dai due virtuosi con un bis.

Sergio Zolli © instArt