Se avete preso per buone le “verità” della televisione anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti.
Questa sera al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, parafrasando il Poeta, si è sognato talmente forte da farsi sanguinare il naso. Grazie alla straordinaria rassegna Note Nuove di Euritmica negli ultimi giorni in regione si è celebrato e riflettuto ancora una volta sull’opera di Fabrizio De Andrè, la cui voce è risuonata forte e netta facendo ancora una volta rimbombare le coscienze di ognuno e sappiamo quanto ce ne sia bisogno, oggi forse ancora più di ieri.
Quella di Faber è un autentico grido poetico e politico che non si spegne ma che, in tutti questi anni, continua a crescere diventando sempre più sonoro e di strettissima attualità. Come fanno i grandi classici della letteratura e dell’arte, l’opera del poeta genovese continua ancora ad esortarci sul sentiero della pace e dell’anarchia.
Forse nessun suo lavoro come Storia di un impiegato, vero e proprio romanzo in musica, riportato sui palcoscenici da Cristiano De Andrè e dai suoi musicisti, dimostra oggi la sua cogenza, ineludibilità, necessità e virtù di profezia. Nel 1973 alla sua uscita l’album ostico, ruvido, dinamitardo nella sua forza di difendere la pace e la libertà dal potere, fu in larga parte sottovalutato e risultò incompreso oltre ad essere gravemente censurato e osteggiato dai mezzi di informazione.
In una famosa intervista Fabrizio De Andrè dichiarò schernendosi con la solita modestia tutt’altro che falsa e untuosa, di non essere il migliore interprete dei propri brani. A distanza di quarantasei anni Cristiano De Andrè, figlio di tanto padre, ha dimostrato con grande generosità in quasi tre ore di serratissima esibizione, chi è il migliore interprete di quel repertorio, se ce ne fosse stato ancora bisogno.
Cristiano nostro ha saputo in tutti questi anni non solo raccogliere il testimone artistico e politico del genitore ma ha saputo innovarne i contenuti donandogli sempre nuova freschezza senza mai essere didascalico o nostalgico ma al contrario riuscendo, in un modo che gli è proprio, ad esaltarne ancor di più significati e sostanza.
Quello che recita il titolo di un lavoro fresco di pubblicazione scritto a quattro mani dai giornalisti Alfredo Franchini e Ottavia Pojaghi Bettoni relativo a questa interpretazione: “Questi sogni che non fanno svegliare. Storia di un impiegato, l’opera rock di Cristiano De Andrè, è esattamente quello che si è visto e ascoltato strabuzzando le orecchie questa sera al Nuovo. Un opera musicale concettuale del tutto nuova per arrangiamenti e allestimenti nella quale la forza poetica del verso di Faber è ancora una volta libera di sgorgare come acqua che brucia di una sorgente fuoco vivo.
C’erano tutte le Anime salve di Fabrizio a gremire il teatro dal loggione a planare sulla platea, a cantare a memoria le canzoni che hanno formato più di una generazione, a ritmare il tempo con applausi scroscianti ma anche a gioire di quanto ancora ci sia da scoprire in quei componimenti dei quali Cristiano è impareggiabile interprete. Come ha dichiarato più volte la sua è la celebrazione di una messa laica che però non ha lo scopo di legare Faber ad un altare sgozzato come un animale, per tre volte inchiodato nel legno e tanto meno per impiccarlo ad un chiodo ma per farlo camminare ancora una volta e sempre al nostro fianco guidandoci sulla via della croce.
Il concerto è stato introdotto dall’entusiasmante performance chitarristica di Anna Mancini, nomen omen, mancina come il diavolo e Paganini e ben sappiamo cosa vuol dire per una musicista della sei corde. Quattro brani di grande intensità virtuosistica che hanno dimostrato cosa può ancora regalare l’Altrnative rock e la musica sperimentale sotto le dita di una giovanissima ragazza spiritata e dalle grandi doti e futuro. Come ha detto lei stessa con un filo di voce: Sono una ragazza del sud, non so cantare quindi suono. Grazie di cuore Anna per le stupende emozioni, per la tua forza e per la tua arte.
Dopo un breve stacco entrano i musicisti (Osvaldo Di Dio, Davide Pezzin, Davide De Vito, Riccardo Di Paola) e infine Cristiano sulle note dell’introduzione alla Canzone del maggio ed è subito la stessa rabbia e la stessa primavera. Uno dopo l’altro vengono eseguiti in sequenza tutti i nove brani che compongono Storia di un impiegato. I nuovi arrangiamenti vibrano delle sonorità che fanno parte della formazione musicale di Cristiano De Andrè, in buona sostanza dalla psichedelia americana (Grateful Dead e Jefferson Airplane) fino alla World Music di Peter Gabriel per proseguire fino ai Radiohead e a Bjork in un amalgama sonoro raffinato e allo stesso tempo robusto e sostenuto, di certo del tutto coinvolgente.
Sugli schermi dietro al palcoscenico passano le splendide immagini pensate, dirette e montate dalla regista Roberta Lena che raccontano la storia dei movimenti artistici e di protesta nei cinquant’anni che ci separano dal 1968: dal Jolie Mai di Parigi ai Gilet Jaune di oggi passando per il Flower power per la rivendicazione dei diritti sociali e ancora per le stragi di stato gli anni di piombo, il riflusso e la disillusione dell’epoca turbocapitalistica, fino alla resistenza delle donne curde e via di seguito assemblando cinema arte televisione, cronaca in un testo filmico di impressionante energia perfettamente in accordo con i versi e con i suoni di De Andrè.
Si è aperta poi la seconda parte del concerto dopo che Cristiano si era rivolto direttamente al pubblico spiegando il significato del proprio lavoro e del proprio impegno per la libertà esortando a non delegare mai qualcun altro a pensare per noi, indicando la via dell’autocoscienza come antidoto al potere che non è mai buono e al quale dobbiamo disaffezionarci.
Le varie declinazioni del potere contemporaneo sono risuonate in una lunga teoria di brani celeberrimi da Mégun Megun a La domenica delle salme dal Testamento di Tito a Fiume Sand Creek e molte meravigliose altre con ancora alcuni preziosi interventi della chitarra di Anna Mancini, fino ad arrivare all’apoteosi finale de Il pescatore. Pubblico in piedi e doverosa meritatissima, lunga ovazione a Cristiano, ai suoi eccezionali musicisti e collaboratori e, naturalmente, anche a Fabrizio nostro.
E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti …e lo siamo tutti noi.
© Flaviano Bosco per instArt