Un programma da concerto che preveda l’esecuzione di brani come il Concerto n.1 per pianoforte e orchestra in si bemolle minore di Pëtr Il’ič Čajkovskij e della Sinfonia n.9 in mi minore op.95 “Dal nuovo mondo” di Antonín Dvoràk richiede sicuramente tre requisiti base: un’orchestra, un direttore e un pianista di grande livello. Questo perché sono brani che tutti conoscono e quindi possono paragonare con altre esecuzioni e poi perché oggettivamente di difficile esecuzione, in particolare il concerto per pianoforte di Čajkovskij, che fin dalla sua apparizione venne giudicato da molti pianisti ineseguibile.
Questo è ciò che è accaduto la scorsa sera in un gremitissimo Teatro Nuovo Giovanni da Udine, dove si è esibita la Royal Philarmonic Orchestra diretta dal giovane polacco Krzysztof Urbanski assieme all’ancor più giovane pianista russo Kirill Gerstein, che hanno proposto, come si diceva all’inizio, un programma imperniato sulle figure di Čajkovskij e Dvorák, due dei più significativi esponenti di quelle scuole nazionali che tanto fecero nella seconda metà del XIX sec.
La serata si apre nell’ introduzione con la Polonaise tratta dall’Evgenij Onegin op. 24 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, un pezzo piuttosto breve ma brillante che serve al pubblico per capire l’impressionante qualità del suono della Royal Philarmonic Orchestra, che risulta essere terso e pulito in ogni singola sezione strumentale come poche volte è dato di ascoltare, modellato con grande gusto dal coreografico gesto di Urbanski, che appare stasera ancor più giovane dei suoi 35 anni.
Ma è sul Concerto per pianoforte e orchestra op. 23 n.1 in si bemolle maggiore di Čajkovskij che si vede l’incisività della sua direzione, snodo delicatissimo e fondamentale del serrato dialogo che si sviluppa, fin dalle primissime battute dell’Allegro non troppo e maestoso – Allegro con spirito, fra Kirill Gerstein e l’orchestra. Dialogo serrato che vede da un lato il grande pianismo di Gerstein, veramente stupefacente come si potrà vedere più avanti, e dall’altro un’orchestra che letteralmente viene condotta per mano da Urbanski con una precisione ed un’autorevolezza inusuali in un direttore così giovane. Per contro, possiamo apprezzare la musicalità assoluta, la forza, la delicatezza e il senso ritmico di un Gerstein in stato di grazia. Il suo Čajkovskij è di inusuale potenza, alternata, ove richiesto – vedi il tema principale dell’Andantino semplice – Prestissimo – ad estrema delicatezza. Il suono è bellissimo e di grande estensione dinamica, la tecnica è di altissimo livello e l’atletismo pianistico del virtuoso russo lascia tutti a bocca aperta: un autentico virtuoso.
Il successo della sua esibizione è straordinario: l’entusiasmo del pubblico è evidente e le ripetute chiamate al proscenio vengono compensate da un bis con Chopin.
Il secondo tempo della serata vede l’esecuzione della celebre Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal nuovo mondo” di Antonìn Dvorák.
L’esecuzione di questo capolavoro permette di evidenziare ancor di più la bellezza del suono di questa orchestra, grazie al gran numero di spunti tematici che caratterizzano la partitura e che permettono alle prime parti, o a determinate sezioni, di mettersi in luce rispetto al resto dell’orchestra. Il pubblico scopre così la bellezza del corno inglese nel celebre tema principale del Largo, o la bravura degli ottoni nell’Allegro con fuoco, tanto per fare degli esempi. Scopre cioè ogni singola voce di un’orchestra che Urbanski conduce, a memoria, con autorevolezza, precisione e buon gusto in un’esecuzione che sa riprodurre fedelmente tutta la freschezza di questa pagina.
Alla fine gli applausi testimoniano l’entusiasmo del pubblico udinese per questa esecuzione, che viene salutata da scroscianti e prolungati applausi.
Sergio Zolli © instArt