Fine ottobre 1885

Da una lettera di Vincent Van Gogh al fratello Theo: Studio la natura in modo da non fare sciocchezze e restare nei limiti del ragionevole, tuttavia, non m’importa che il mio colore sia proprio lo stesso, purché sia bello sulla tela com’è bello nella vita…ciò che è bello è anche vero.

Primi giorni d’aprile 2019

In un Teatro Giovanni da Udine gremito in ogni ordine di posti con un parterre delle grandi occasioni, sold out già da settimane tanto da aver costretto gli organizzatori a raddoppiare la data (4 giugno) è andato in scena questa sera uno spettacolo che i presenti ricorderanno a lungo per le emozioni vivissime che ha trasmesso.

Marco Goldin, uno dei più grandi esperti d’arte del nostro paese, si è esibito in quella che giustamente può essere definita come una performance artistica che ha guidato il pubblico ammaliato in un percorso emozionale e storico tra i quadri del movimento impressionista dalla metà dell’800 fino all’alba del nuovo secolo quando il movimento si trasformò e dissolse innervando tutta la pittura contemporanea dalle Avanguardie fino ai giorni nostri.

Larga parte dello spettacolo trae ispirazione dal romanzo, I colori delle stelle, l’avventura di Van Gogh e Gaugin (ed. Solferino) dello stesso Goldin

La scena si presentava con uno schermo per le proiezioni diviso in tre, un pianoforte a mezza coda e una voce guida. Il racconto dell’arte puo’ essere altrettanto affascinante e coinvolgente di una qualunque fiction narrativa o della letteratura d’evasione e questa sera lo si è dimostrato ancora una volta.

La realtà sognata attraverso i colori si è fatta sogno sotto gli occhi degli spettatori in un’esperienza totalmente immersiva che ha avuto uno dei suoi punti di forza anche nella realtà che si è fatta musica attraverso le note sapienti e rarefatte di Remo Anzovino che ha composto un’ideale colonna sonora piena di luce, di vento, di fiori colorati e di stelle.

Una mano che raccoglie nel mare le stelle, sulle suggestive, ipnotiche immagini delle onde marine e sugli accordi al pianoforte di Anzovino, ha aperto lo spettacolo di stasera, una delle tappe conclusive di una tournée nei teatri italiani che riprenderà per acclamazione nella prossima stagione.

Su quelle note è entrato Goldin che, leggendo dal proprio libro e aiutato dalle immagini, ha fatto rivivere immediatamente il Cielo stellato sul Rodano, il blu e il verde che dipingono il firmamento, la luce intensa degli astri che fa il paio con le lampade a gas che si specchiano sulle acque, i due amanti a braccetto che sembrano sospesi sulle acque; ed è subito l’autunno con le sue foglie sparse dal vento, la luce nel sottobosco che distorce le forme e i colori con le sue ombre, i suoi chiaroscuri e le lame pastose dei suoi cupi magenta e di felci ramate. Anzovino, in un crescendo percussivo e ispirato, conduce le immagini dal fondo del bosco fino ad un cielo nel quale il suo pianoforte sembra a volte galleggiare. Con queste immagini intense e oniriche, è iniziato il cammino che, in quasi due ore e mezza di spettacolo ininterrotto, ci ha accompagnato tra i colori e le visioni di quel variegato gruppo di artisti.

Fu nei primi anni ‘60 del XIX che, nella foresta di Fountainebleau a pochi chilometri da Parigi, agli occhi di quei giovani pittori che andavano in quei luoghi ameni a cercare la loro ispirazione, la natura cominciò a manifestarsi come un respiro, come un qualcosa di nuovo rispetto alla pittura tradizionale e accademica d’allora, detta del Salon alla quale quei ragazzi si contrapponevano.

Sembrava loro che nessuno fino ad allora avesse mai visto la natura come gli appariva ed avevano ragione. La fotografia, l’arte nuova del reale non aveva per niente esautorato la pittura ma al contrario l’aveva liberata dall’assoluto vincolo del realismo e l’aveva di nuovo resa capace di immaginare le emozioni e le impressioni che la vita vera continuamente regala. Dalla luce bagnata e morbida del nord a quella secca e livida delle città fino a quella carnale della Provenza, dai boschi alle spiagge della Normandia, dalle coste della Bretagna all’abbacinante luce meridionale della Provenza e ancora i lungo Senna e i Boulevards di Parigi fu tutto un nuovo camminare in mezzo alla natura e alle cose dipingendo con il furore, la flagranza e l’urgenza dell’immediatezza, la realtà colta nell’attimo della visione, sentendo il sole, la luce, il vento e il mare che passano dalla propria epidermide direttamente sulla tela.

La prima parte dello spettacolo ha poi lasciato il posto ad una suggestiva narrazione dell’intenso e a tratti drammatico ma di certo artisticamente fecondo rapporto tra Van Gogh e Gaugin che segna il punto d’arrivo del movimento Impressionista in una sorta di interiorizzazione e astrazione dell’immagine unita ad una rinnovata percezione dei colori, degli spazi pittorici e della prospettiva.

Goldin, con un enorme sensibilità topografica per la pittura, ha mirabilmente mostrato quale rivoluzione sia stata passare dal dipingere il paesaggio che ci sta davanti a quello che abbiamo“dentro”. Lo spettacolo si è chiuso con Goldin illuminato da un solo riflettore che recitava parafrasando una lettera di Van Gogh al fratello: Rimaneva solo un campo di grano nel sole… quello che il pittore diceva di aver fatto giallissimo e luminosissimo, forse la tela più piena di luce che abbia mai dipinto. È proprio il senso di questa meravigliosa serata piena di luce. Lunghi, convinti gli applausi finali del pubblico.

© Flaviano Bosco per instArt