Di particolare interesse e bellezza il programma dal titolo A Look Back proposto dal duo Riccardo Pes (violoncello) e Ferdinando Mussutto (Pianoforte) per la rassegna Musica in Villa 019 nella stupenda chiesetta di Santa Maria delle Grazie di Castions di Strada (UD).

La Glesie Viére è un luogo assolutamente speciale per la storia della Piccola Patria perché, tradizione vuole, che fosse una delle prime chiese costruite nella pianura friulana. E’ un luogo simbolico di culto dall’enorme energia spirituale, che è in grado di metterci in contatto diretto con le radici più profonde della cultura friulana.

L’assetto attuale è quello cinquecentesco con gli straordinari affreschi di Gaspare Negro (1475-1549) uno dei tanti ottimi pittori veneziani che affrescarono le chiese del Friuli in quegli anni. A Spilimbergo una meravigliosa mostra, Il Rinascimento in Friuli nella Via Maestra della pittura, proprio in questi giorni, ne sta svelando gli inestimabili tesori almeno per quanto riguarda la destra Tagliamento.

In un luogo così suggestivo è facile immaginare lo scorrere dei fiumi del tempo e lo scolpirsi successivo delle generazioni; guardando la vita di Maria o il martirio di San Biagio affrescati alle pareti, si possono sentire i pensieri dei tanti contadini o “sorestans”(signorotti) che nel corso dei secoli hanno guardato quelle stesse figure. Possiamo leggere nel libro che sono quelle pareti le speranze, i dolori e le illusioni di un intero popolo nel suo crescere e rappresentarsi.

La musica di certo aiuta a far crescere dentro di noi la consapevolezza d’appartenere a quell’eredità d’affetti che i nostri avi ci hanno lasciato nella speranza che ne fossimo degni e in grado di trasmettere a nostra volta quel patrimonio.

Certo, guardando la desolazione che ci circonda negli ultimi anni, non c’è molto da stare allegri, ma rassegne come Musica in Villa rappresentano una concreta speranza nel contemporaneo panorama desolante e brullo. Così come sono un segno e una scommessa sul futuro gli alberi che Gabriella Ceccotti, direttore artistico, regala ad ogni concerto ed invita a piantare.

L’affiatato duo Pes-Mussutto ha voluto dichiaratamente accostare alcuni brani in sequenza pressochè cronologica che testimoniassero il legame tra il nostro gusto musicale e quello del recente passato. Per bizzarro che possa sembrare, esiste una linea interpretativa diretta che porta dal Romanticismo dei primi decenni dell’800 alla sperimentazione elettronica contemporanea. Non c’è niente di astruso, di astratto o di particolarmente concettuale o accademico in un’operazione del genere, è solo questione di buon gusto e di intelligenza. Entrambe le virtù non mancano al nostro duo.

Il loro dichiarato intento è quello di “svecchiare” l’idea che molti hanno della musica classica come qualcosa da anziani signori un po’ addormentati e barbosi. E’ un impegno lodevole ma che parte da un presupposto debole che sembra giustificare ciò a cui vuole porre rimedio.

Ci si è rassegnati al fatto che la maggioranza delle persone consideri la musica classica come una cosa del passato, per addetti ai lavori o addirittura per perditempo che dovrebbero trovarsi un lavoro vero. E così ci si sforza di far capire a chi molto spesso non ha alcuna volontà né desiderio qualcosa che lo annoia e che finisce di rifiutare. La musica ha solo bisogno di buone esecuzioni e di un minimo di buona volontà da parte degli ascoltatori che non sempre devono essere inseguiti, blanditi e vezzeggiati nei loro capricci. Il pubblico e i musicisti di Musica in Villa in queste serate estive dimostrano ampiamente che è possibile coniugare le due cose in modo gradevole e divertente.

Veniamo finalmente al programma della serata. Una fortunata trasmissione radiofonica di Radio Tre, Sei gradi di separazione, applica alla musica la teoria semiotica omonima secondo la quale ogni cosa o persona può essere collegata a qualunque altra attraverso una catena di conoscenze e relazioni con non più di cinque elementi.

Sembra essere questo il metodo attraverso il quale Pes e Mussutto sono riusciti a collegare la Sonata per violoncello e pianoforte op.45 di Felix Mendelssohn (1838) con la composizione sperimentale Hell 1 di Giovanni Sollima (2000). Passando per Debussy, Kodàly, Ligeti. Potrebbe sembrare un azzardo ma in realtà la scommessa era già vinta in partenza per la bravura degli esecutori e per la preparazione degli ascoltatori.

D’altronde la musica d’Occidente attuale ha una propria radice comune nelle cantate e nel canone inverso di J.S.Bach che ne fu l’ordinatore e il demiurgo. Non è mai così impossibile trovare contiguità e filiazioni. Molto più arduo, al contrario, trovare assolute differenze anche, paradossalmente tra il canto gregoriano e Licht di Karlheinz Stockhausen.

E così la focosa irruenza e la liquida brillante energia del giovane Mendelssohn trova la propria maturità e calma nella Sonata di Debussy tenera e nostalgica ma anche umoristica e lieve. Quest’ultima può essere associata per alcuni toni alla Sonatina di Kodàlt, morbida ed elegante. Dulcis in fundo, la composizione di Sollima ispirata all’inferno di Dante. Il violoncello con la sua voce straziante e profonda rappresenta perfettamente lo sconcerto del Poeta davanti alla landa ghiacciata del più profondo inferno nella quale è conficcato lucifero.

La musica è proprio questo: un folle volo dalle profondità abissali dei secoli passati fino ai futuri più remoti e impraticabili.

Nel secondo canto del Purgatorio Dante incontra l’anima penitente di Casella, un suo vecchio amico musicista. Gli chiede immediatamente di cantargli se può una di quelle canzoni che gli davano tanta serenità e lenivano i suoi dolori

Amor che nella mente mi ragiona/ cominciò elli allor si dolcemente,/che la dolcezza ancor dentro mi suona.

Proprio quella dolcezza, che calma i vapori del cuore, è risuonata nella chiesetta di Castions dimostrando che solo la musica e l’arte sono in grado di farci guardare dietro le spalle senza che perdiamo di vista ciò che abbiamo davanti e, anzi, sono in grado così di tracciare con precisione il nostro futuro percorso.

Sempre con un occhio al mondo che verrà, mentre in questi giorni milioni di ettari di taiga siberiana sono in fiamme e l’Amazzonia viene crudelmente disboscata è proprio una buona idea piantare uno degli “alberi di Gabriella”, sono un seme piantato nel futuro.

© Flaviano Bosco per instArt