L’EVENTO
ESCE LA NUOVA EDIZIONE DI POESIE A CASARSA, IL PRIMO LIBRO DI PASOLINI (del 1942), OGGI FRA I PIU’ RARI E LEGGENDARI DEL ‘900 ITALIANO, NELLA FORMA ORIGINARIA SCELTA PER IL SUO ESORDIO POETICO, A SOLI 20 ANNI.
In quei versi, l’intatta immaginativa di un ragazzo geniale inventava un misterioso microcosmo contadino attraverso le parole di un dialetto vergine.
DUE LE VERSIONI: UN’EDIZIONE TIPOGRAFICA CON IL BODONI 135 USATO DALLA TIPOGRAFIA PER LA PRIMA EDIZIONE E UNA IN FAC SIMILE CON LA RIPRODUZIONE DEI DETTAGLI E LE IMPERFEZIONI ORIGINARIE, ACCOMPAGNATE DA “IL PRIMO LIBRO DI PASOLINI”, VOLUME A CURA DI FRANCO ZABAGLI
LA PUBBLICAZIONE SI DEVE AL CENTRO STUDI PIER PAOLO PASOLINI DI CASARSA ED E’ EDITA DA RONZANI.
LA PRESENTAZIONE VENERDI’ 18 GENNAIO 2019 A CASARSA

Prende il via con un evento di particolare prestigio e interesse il 2019 del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa: venerdì 18 gennaio, alle 17.30, nella sala consiliare di Palazzo Burovich, sarà presentata la nuova edizione di “Poesie a Casarsa”, il primo libro di Pasolini, oggi fra i più rari e ‘leggendari’ del ’900 italiano, che meritava da tempo di essere riproposto proprio nella forma originaria che Pasolini volle dargli per il suo esordio poetico. In quei versi, l’intatta immaginativa di un ragazzo – allora aveva 20 anni – geniale inventava un misterioso microcosmo contadino attraverso le parole di un dialetto vergine, estraneo ancora alla tradizione scritta: una scelta sperimentale coraggiosa e preziosa, che gli consentì di lasciarsi subito alle spalle l’immobilità di una lingua poetica ormai consumata dall’esperienza ermetica.
Il volume fu pubblicato nel 1942 dalla Libreria Antiquaria Mario Landi a spese dell’autore, in una tiratura di 300 copie, su carta vergata, numerate, oltre a 75 copie su carta uso mano, non numerate e fuori commercio, per la stampa.
Questa nuova edizione, promossa dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa, è stata realizzata da Ronzani Editore in due diverse modalità: l’edizione tipografica, in 500 copie, stampata dalla Tipografia Campi di Milano, l’unica in Italia a utilizzare ancora, per la composizione del testo, la Monotype. Il carattere è lo stesso di quello usato dalla tipografia Anonima Arti Grafiche di Bologna per la prima edizione: il Bodoni 135. Edizione di pregio su carta a mano Amatruda di Amal . E poi l’edizione in facsimile, in mille copie, dove il libro del 1942 è riprodotto tale e quale con i minimi dettagli e le imperfezioni originarie, su carta Arcoprint Avorio uso mano, stampata da Grafiche Antiga di Croce a del Montello, Treviso.
Entrambe le edizioni sono accompagnate – e l’insieme costituisce un cofanetto, da “Il primo libro di Pasolini”, un volume a cura di Franco Zabagli (Gabinetto Vieusseux di Firenze, autore di numerosi saggi di letteratura italiana, in particolare su Leopardi, Pascoli, Montale, Pasolini), che racconta le vicende della composizione e della fortuna di “Poesie a Casarsa”, illustrato da fotografie e poco conosciute e riproduzioni di autografi, e con un’antologia di testimonianze e di recensioni
Zabagli spiega (e scrive nel volume) che Pasolini scrisse un ricordo abbastanza circostanziato dei suoi esordi poetici in un testo intitolato “Al lettore nuovo”, pubblicato nel 1970 come introduzione a un’antologia delle tre principali raccolte di poesie italiane che aveva fino allora pubblicato (Le ceneri di Gramsci,1957, La religione del mio tempo, 1961 e Poesia in forma di rosa, 1964) e alle quali era essenzialmente legata la sua identità di poeta. “Nel 1942, infatti – sono parole di Pasolini – uscì a mie spese, presso la Libreria Antiquaria del signor Landi, il mio primo volume o di versi, Poesie a Casarsa: avevo esattamente vent’anni; ma le poesie lì raccolte le avevo cominciate a scrivere circa tre anni prima – a Casarsa, il paese di mia madre – dove si andava ogni estate nella povera villeggiatura presso i parenti che il magro stipendio di mio padre ufficiale ci permetteva, ecc.
Erano poesie in dialetto friulano: l’«hésitation prolongée entre le sens e le son» (*Valéry, citato da Jakobson’, nota di P.P.P) aveva avuto un’apparente definitiva opzione per il suono; e la dilatazione semantica operata dal suono si era spinta no a trasferire i semantemi in un altro dominio linguistico, donde ritornare gloriosamente indecifrabili. …una quindicina di giorni dopo che il libro era uscito ho ricevuto una cartolina postale di Gianfranco Contini (critico già allora autorevolissimo, ndr) che mi diceva che il libro gli era tanto piaciuto che l’avrebbe immediatamente recensito. Chi potrà mai descrivere la mia gioia? Ho saltato e ballato per i portici di Bologna; e quanto alla soddisfazione mondana cui si può aspirare scrivendo versi, quella di quel giorno di Bologna è stata esaustiva: ormai posso benissimo farne per sempre a meno”.

comunicato stampa