“Già da bambino, quando il sipario si chiudeva sui giovani sposi novelli, mi chiedevo: e ora che succede?”
Una domanda che Eric-Emmanuel Schmitt si è sempre posto e che nel 2003 l’ha portato a scrivere “Piccoli crimini coniugali”, testo a metà tra il dramma e la commedia nera – con qualche spruzzata di giallo- che intende indagare il rapporto uomo-donna dopo anni dal matrimonio, quando insidie tipiche come la routine o la gelosia si sono già introdotte nella vita di coppia.
Dopo diverse edizioni teatrali e una sfortunata parentesi cinematografica (nel 2017, quando sue attori del calibro di Sergio Castellitto e Margherita Buy non sono bastati a dar lustro a un testo che è dichiaratamente fatto per il teatro e non per i tempi del grande schermo), a ridare lustro e vigore all’opera originale è una nuova versione con gli straordinari Michele Placido e Anna Bonaiuto, per la regia dello stesso Placido.
Gilles e Lisa sono una coppia sulla cinquantina, sposati da molti anni e apparentemente felici. Una temporanea amnesia di Gilles in seguito a una caduta sarà però il punto d’inizio per una profonda introspezione della coppia, con toni anche piuttosto accesi, in cui pian piano ognuno rivelerà come davvero vive il rapporto con l’altro. Il tutto condito da una serie di colpi di scena che strizzano l’occhiolino alla professione di Gilles (scrittore di romanzi gialli) ma senza trasformare mai lo spettacolo in un mistery: l’obiettivo di ogni svolta narrativa non è infatti quello di creare una sempre maggior suspense nei confronti di una sfuggente “verità” in merito a cosa sia davvero accaduto la notte in cui Gilles ha perso la memoria, quanto quello di spingere il bisturi dell’analisi sempre più a fondo nelle crepe del rapporto di coppia, andando volta per volta a sollevare uno strato in più di quella strana “cipolla” emotiva.
La regia d’altronde -piuttosto lineare e semplice, quasi statica- approccia con evidente ammirazione il testo di Schmitt e non tenta di “caricarlo” di ulteriori significati e chiavi di lettura. E fa bene, perché la complessità del testo è già tale da catturare e tenere bloccato alla poltrona lo spettatore.
Se ci riesce così bene è però certamente merito di due attori davvero in gran forma: Michele Placido e Anna Bonaiuto restituiscono entrambi una prova maiuscola e mostrano una forte alchimia che li rende estremamente credibili.
Più pacata la prova di Placido, che da luce a un Gilles molto razionale nonostante lo smarrimento della perdita di memoria (che scopriremo presto non essere tale). Nonostante alcuni momenti in cui sembra perdere la pazienza, Gilles rappresenta certamente la parte più analitica della coppia, sensazione aumentata dal suo ironico paragonarsi all’ispettore protagonista dei suo romanzi, mentre cerca di capire (o meglio, far confessare a Lisa) cosa sia accaduto la notte in cui lui avrebbe perso la memoria. Nonostante la messa in discussione, uno a uno, di tutti i pilastri che sembravano rendere stabile la loro relazione, tra i due Gilles è colui che più rimane sempre fedele alle proprie credenze e certezze (di certo non molto ottimistiche, come il fatto che “la coppia è un’associazione a delinquere in cui rimane solo da capire chi sarà il primo ad assassinare l’altro“). Tanto da cercare nel finale di convincere Lisa del proprio modo di vedere. E’ molto bravo Placido a mantenere questa uniformità di pensiero senza però scadere nel banale e nel monocorde, anzi creando una forte empatia con il personaggio nel suo tentativo di capire cosa la moglie pensi davvero del loro rapporto.
Perfetto contraltare dell’analiticità di Gilles, Lisa rappresenta la parte più emotiva della coppia. Inizialmente forte e concentrata nel cercare di far tornare la memoria al marito, torna presto a macerarsi nei dubbi appena capisce che Gilles in realtà ricorda tutto. Sono i suoi tormenti interiori a portare avanti la decostruzione dei loro anni di vita insieme, facendo pian piano venire alla luce tutta l’ansia di un’animo diviso tra l’amore -innegabile- per il marito e la paura di perderlo da una parte, il sentirsi soffocata dal rapporto e la voglia di scappare dall’altra. Fino a tentare addirittura di uccidere il marito: senza fredda premeditazione e in preda ai fumi dell’alcool, certo, ma in ogni caso forte sintomo del disagio interiore della donna.
E’ superba Anna Bonaiuto nel passare con estremo realismo attraverso tutte le fasi emozionali -ed emozionanti- di Lisa, mantenendo comunque una forte credibilità e senza cadere in eccessi che avrebbero rischiato di bollare Lisa semplicemente come “pazza”.
Due attori in stato di grazia quindi, che riescono a donare forza e umanità ai rispettivi personaggi senza però prevaricare un testo che viene restituito vivido, denso e con intatto quel significato originario sempre così attuale e realistico.
Luca Valenta/ ©Instart