A voler credere agli uffici stampa e alle dichiarazioni su certi giornalacci, la storia dei grandi successi live dei Litfiba inizierebbe a Buja (UD) e sarebbe finita a Majano (UD) qualche giorno fa con uno dei concerti finali de L’ultimo girone tour 1980-2022.
Come racconta il libro: “Litfiba: Guida completa alla discografia e ai live” (Arcana, 2022), il gruppo era già stato in Friuli all’Auditorium Zanon il 31/10/1982 ma il momento in cui davvero si accorsero di avere un grande richiamo live diffuso fu in una data che loro stessi considerano come una rivelazione. Il primo manager della band dichiara che il 30 marzo 1985 tennero un concerto al Teatro Tenda di Buja: “Appena arrivati la domanda fu – ma chi verrà in questo posto isolato e disperso tra le montagne? – Invece, fu un sold-out pazzesco con tante persone rimaste fuori. Era un sabato sera, c’erano molti spettatori arrivati da fuori (da Udine, da Trieste) e il concerto fu subito elettrico, carico d’energia, una bolgia infernale, una cosa pazzesca, anche Piero ne rimase stupito, diceva – Sembra di essere a Londra – Alla fine vendemmo tutte le copie di Desaparecido che ci eravamo portati”; riporta ancora la guida: “Furono accolti dal sindaco che li portò a mangiare, fece loro degustare i vini locali, una serata che ancora ricordano con piacere”.
L’anno successivo fu la prima volta dei Litfiba al Festival di Majano, lì di presso a pochi chilometri, il resto è storia.
Quello che è certo dopo il concerto di Majano è che il gruppo ha ancora un vastissimo seguito in Regione, con fan entusiasti di tutte le età, soprattutto moltissimi giovani. Il motivo del rigenerarsi del loro pubblico non sta tanto nei “marchettoni” di Piero Pelù nei vari orrendi talent show della tv generalista ma in un culto che hanno ereditato dai loro genitori e che ha continuato a diffondersi in tutti questi anni nel sottobosco degli amanti del rock solido e robusto nonostante le derive della musica commerciale.
Tutto il tour ha dimostrato che il credito dei Litfiba presso il pubblico italiano è ancora vastissimo e sincero con molte fragorose date sold out. A Majano la folla era fitta ed entusiasta, con tanta voglia di saltare e di urlare le canzoni a squarciagola dalla prima all’ultima.
Lo zoccolo duro dei fan era attorno ai quarant’anni ma tra la folla c’era di certo qualcuno che era presente anche ai concerti degli anni ‘80, magari il fisico non è più lo stesso ma l’entusiasmo e l’atteggiamento Rock’n’Roll non è cambiato.
Così non è diminuita per niente la carica e l’energia dei due front man Ghigo Renzulli e Piero Pelù che insieme fanno centovent’anni ma che saltano, suonano e cantano dal primo minuto fino all’ultimo con tutto il pubblico. Validissimi anche gli altri musicisti che li accompagnano Luca “Luc mitraglia” Martelli (batteria), Fabrizio “Simoncia” Simoncini (Tastiere), Dado “Black Dado” Neri (basso).
Si parte subito in accelerazione e lo scatenato cantante grida: “Benvenuti nello stato libero dei Litfiba” ed ha proprio ragione, ci si sente da un’altra parte e in un altro tempo con la loro musica. Negli ultimi anni e ben prima del lockdown anti-covid, nel nostro paese è andato perdendosi quell’anelito di libertà, quella voglia di sfrenatezza e di autentica trasgressione che si esprimeva anche attraverso la musica di qualche decennio fa. Le grandi file agli stand interni della birra che scorre a fiumi hanno aiutato parecchio a ricreare la giusta atmosfera.
I Litfiba videro la luce insieme ad una generazione nuova di rocker italiani che era in controtendenza con l’omologazione del pop commerciale e che guardava piuttosto alla New Wave e alla scena europea post punk o addirittura alla nascente NWOBHM. I ragazzi di provincia degli anni’80, che si sentivano diversi da quelli più irregimentati delle città, scoprivano grazie al rock una nuova voglia di stare insieme che non era solo quella delle discoteche ma anche quella dei tanti locali alternativi che nascevano come funghi nelle enormi periferie padane. Si spiega anche così il grande successo di allora del Teatro Tenda di Buja, successo che continua ancora oggi che quei primi fan in qualche caso sono diventati nonni.
I facili slogan attorno ai quali i Litfiba hanno costruito il successo dei loro brani funzionano ancora alla grande e versi come “E’ proibito anche pensare” oppure “non voglio più amici, ma voglio solo nemici…la vostra libertà noi ce l’avevamo già” scanditi a ritmo delle schitarrate di Ghigo colpiscono ed esaltano come se fossero stati scritti oggi.
Nei Litfiba non è mai mancata nemmeno la verve polemica e politica che li ha sempre distinti e connotati come partigiani in un mondo di rocker nostrani piuttosto conservatori. Naturalmente, Pelù non fa mancare qualche sferzata alla contemporaneità inveendo contro l’imperialista Putin, dimenticando però che l’orco russo di certo è un assassino tra i più ripugnanti ma che, in fondo, non è troppo diverso da coloro che lo condannano e combattono. “Credevi di cacciare ma adesso la preda sei tu” è un ritornello che si presta ad essere letto in molti modi restando un “affilatissimo stiletto con la lama a doppio taglio” solo che la carne è sempre la nostra.
Pelù è da sempre un animale da palco in grado di attrarre magneticamente tutti gli sguardi, è il centro dell’attenzione fin da quando con la band intonava “Eroi nel vento”, il brano che li ha consacrati al successo che ancora dura. Infatti, è suonato tagliente, solenne e attuale nel concerto di Majano come se non fosse passato un solo giorno dalla sua pubblicazione e, invece, non ci si crede è trascorsa un’intera generazione.
Il cantante fiorentino, che a proprio modo è stato l’antesignano del maledetto “corsivo” che questa estate ha infettato i social, ha un rapporto tutto particolare con il pubblico con il quale è in continuo dialogo a suon di battute, provocazioni, aneddoti sulla lunga carriera. Racconta del suo babbo che lo scherniva da ragazzo quando gli diceva che da grande voleva fare il Rock’n’Roll, chissà cosa direbbe adesso davanti alle platee adoranti di migliaia di persone in tante città italiane. Forse non sarebbe comunque soddisfatto perché come dice la canzone: “Si può estrarre il cuore anche al più nero assassino ma è più difficile cambiare un’idea”.
A conferma del fatto che, anche se il rock dei Litfiba è sempre stato divertente e forse anche un po’ cialtrone, i messaggi che veicola non lo sono proprio per niente, Pelù intona prima la canzone che dedicarono al problema della sete nel mondo e poi la fantastica e dolente “Istanbul” dedicata alla tragedia del popolo curdo che anche negli ultimi mesi l’Europa democratica si è venduta all’orco turco Erdogan perché quell’assassino continui a bloccare i flussi migratori e non interferisca nell’orrore ucraino. Pelù dimostra di avere molto a cuore la questione sventolando e poi cantando dietro la bandiera turca. Il brano è impreziosito da un mix con Yassassin di David Bowie a cui i Litfiba dedicarono ben due cover incise in un Ep omonimo del 1984, una meravigliosa sorpresa anche per i fan del Duca Bianco “Sia fatta la sua volontà!”
Segue una teoria di successi che davvero hanno scaldato il cuore di tutti i presenti. Come non emozionarsi per la “Stella caduta dagli occhi” di “Fata Morgana” o per quella “Casa di Marzapane” che abita il “Bambino” che c’è dentro ognuno di noi oppure ancora per tutti gli amici che nel corso degli anni ci hanno lasciato in “volo” trasformandosi in energia.
Si è ritornati molto rock dopo le ballad nostalgiche con “Spirito”, uno dei pezzi più riusciti e significativi della storia della band che disincantato dice: “Sono contento quando mi balli dentro. Sei la scintilla che scatena l’intensità, Fratello Libero sei il genio della lampada, cambia la rabbia dal mio corpo quando ci sei e ogni problema è un labirinto fantastico…oh ah eh ah, oh ah eh…”In fondo, non importa tanto cosa voglia dire, dal vivo, cantata da qualche migliaio di persone con i riff di chitarra incalzanti, è davvero un bel sentire.
Ancora più trasgressivo, anche se ormai non è per nulla una novità da almeno sessant’anni, è quello che il cantante chiama, cito testualmente, lo “scapezzolamento”. Durante lo splendido brano “Regina di cuori”, Pelù ha invitato le più coraggiose e scatenate tra le sue fan a mostrare il seno come ai bei tempi d’oro del Rock’n’Roll che per qualcuno, fortunatamente, non sono mai finiti.
Alcune er non si sono per nulla tirate indietro: “Evviva la vita!”. Naturalmente per non far torto a nessuno anche i maschi più vigorosi sono stati invitati a mostrare il petto e nemmeno in questo caso molti tra il pubblico non si sono fatti pregare.
Al momento godereccio è seguita un’altra infilata di pezzi “impegnati” alla maniera dei Litfiba che non dimenticano mai il loro spiritaccio picaro e stradaiolo anche quando cantano delle storture della democrazia del cannone alla francese in “Paname” o quando si augurano di avere la possibilità di sentirsi sempre liberi e nomadi come in “Lacio Drom”.
Uno dei momenti più incredibili di tutto il concerto è stato quando Pelù ha fatto inginocchiare tutto il pubblico in un rito collettivo di esorcismo della sfortuna che negli ultimi anni ha avuto la mano un po’ pesante con il mondo intero. Tutti giù ad un suo comando per poi schizzare in piedi a saltare sulle note de “El Diablo” con le corna, la coda, il forcone e tutte le pentole senza i coperchi. Sembra finisca tutto lì ma inevitabili arrivano i bis ancora super energetici e vivi come tutta l’esibizione che non ha avuto un attimo di pausa, due ore e mezza tirate di energia pura. Sarebbe davvero una pazzia e uno spreco assoluto se la storia dei Litfiba si interrompesse con questo tour che ha dimostrato la loro freschezza e il grandissimo amore del pubblico. Perciò attenzione “Bandidos del Sertao devo urlarlo al mondo così il mondo lo saprà. Que viva, que viva, que viva, Viva Caganceiro, Viva Litfiba!”
Scaletta: Ritmo 2#, Proibito, Tex, La preda, Eroi nel vento, Apapaia, Woda woda, Istanbul, Vivere il mio tempo, Fata morgana, Bambino, Il volo, Spirito, Regina di cuori, Paname, Lacio drom, El diablo, Lulù e Marlene, Dimmi il nome, Lo spettacolo, Caganceiro.
Flaviano Bosco – instArt 2022 ©