Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2023

Giovedì scorso al Palamostre di Udine abbiamo assistito allo spettacolo Mâldalsabida, un concerto poetico che propone una originale rilettura delle opere di tre poeti friulani di luoghi decentrati: Federico Tavan, Novella Cantarutti e Leonardo Zanier. Il progetto, nato come ricerca musicale e poetica, è decisamente basato sul suono della lingua friulana: una lingua, come si può leggere nella presentazione dell’evento, capace di essere ruvida e spigolosa, così come infinitamente dolce nella sua dimensione più intima.

Federico Tavan, Novella Cantarutti e Leonardo Zanier hanno in comune l’aspetto della provenienza da terre poste a margine: la valcellinese Andreis, Navaròns, la carnica Maranzanis di Comeglians. Terre che, come osserva Aida Talliente introducendo lo spettacolo, possono essere radici ma anche luoghi soffocanti. Concetto profondo e, ai più, di difficile comprensione. Vivere in luoghi al margine del mondo può essere, da un lato, un valore aggiunto, ma nello stesso tempo può rappresentare una sorta di consapevole prigione, fatta di confini, di limiti, di difficoltà di tessere rapporti sociali. Però la poesia (questa poesia) può far volare alto e aiutarci a capire meglio il senso della nostra esistenza.

I protagonisti dello spettacolo – promosso dal Teatri Stabil Furlan – sono Aida Talliente (voce e strumenti non convenzionali), Leo Virgili (chitarra, glockenspiel e theremin), Giorgio Pacorig (Fender Rhodes, Synth Korg Ms 120), Eugenio Dreas (Basso) e Marco D’Orlando (batteria, percussioni).

L’affluenza del pubblico è ottima, manca il tutto esaurito, ma ci siamo molto vicini. Penso subito a un fatto personale. Ho conosciuto, in diverse circostanze, più o meno casuali, i tre poeti. Uno, Federico, è figlio della mia terra d’origine. Mi commuovo pensando alla fortuna di poter assistere a un evento che mi coinvolge emotivamente, un tributo a chi ci ha saputo infondermi Pensiero, Poesia e, a tratti, una sorta di libertà di pensiero (canto anarchico), ingredienti indispensabili per alzare lo sguardo, per tentare di volare, di andare oltre. Lo scenario è essenziale e giusto per il messaggio che il progetto intende trasmettere. Aida Talliente interpreta i testi con delicatezza, con ruvidità, esaltandone la musicalità, l’incedere, la metrica e, soprattutto, i contenuti.

Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2023

L’apertura è dedicata a Federico Tavan. I temi sono la fatica (che fatica far capire alla gente che non ci sono scuole che t’insegnano a fare il matto, a farlo sul serio), il nichilismo, il caos (con Leo Virgili in forma smagliante che riproduce distorsioni nello stile del Waitsiano Marc Ribot), il canto, la religione (sono brutto e sono un fallito eppure non ho nulla da chiederti), l’amore, la forza che manca, il fermarsi a sentire la vita che cammina. E’ un prezioso repertorio pieno di umanità e fragilità che il poeta di Andreis ha lasciato in eredità a tutti, e che tutti dovrebbero conoscere a fondo. La recitazione di Aida evidenzia un percorso di ricerca profonda e accurata. Si sa quanto sia difficile proporre Tavan in modo convincente. L’attrice ha dimostrato una padronanza assoluta anche della particolare gestualità del poeta e alla chiusura del primo terzo dello spettacolo l’interminabile applauso della platea ha assegnato il meritato tributo a lei all’ensemble, psichedelico, capace di passare dal blues a suoni progressive e melodie senza tempo senza soluzione di continuità.

La seconda sezione è dedicata a Novella Cantarutti. I suoi testi sono composti in una lingua arcaica fatta di paesaggi reali e emotivi. Parole nel friulano di Novella diventa Peravali. Gli studi la portarono lontano (a Milano e a Roma) ma il suo lavoro di insegnante di lettere la impegnò per la maggior parte nelle scuole di Udine. Non abbandonò mai la marilenghe e Pier Paolo Pasolini la accompagnò nei primi passi della sua poesia, svelandole nuove dimensioni. Ricordo un incontro a casa sua, in cosmiche circostanze che oggi definisco fortunate. La sua umiltà mi colpì nel profondo del cuore e conservo ricordi di grande dolcezza, lontani dagli attuali standards dell’essere artista. Conservo gelosamente alcune sue pubblicazioni che mi ha donato Aldo Colonnello, che con Rosanna Bertoni Bertoja rappresenta l’anima del Circolo Menocchio di Montereale Valcellina.

Scelgo parole come le perilne di bambina che facevo intorno al collo. Scelgo parole dense di male di vivere per infilare collane di pietra sorda.

Uno stile poetico delicato, ben accompagnato dai musicisti che per l’occasione hanno creato e composto atmosfere legate alle tematiche e ai luoghi narrati. Molto apprezzabili le soluzioni sonore scelte dal gruppo, sempre sorrette dal bravissimo Marco D’Orlando.

Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2023

La chiusura è dedicata a Leonardo Zanier. La sua produzione è incentrata su tematiche sociali, più che mai attuali. Terre che cercano libertà. Libertà che a volte richiede la libertà di dover emigrare. Notevole l’intrepretazione del suo scritto Identità (qui riporto la traduzione tratta da “Il câli – poesie e prose 1981-2012”, Edizioni Kappa Vu):

Identità – sempre di più si giura / si litiga / si spostano confini / ci si sbudella / si fanno guerre / per la santissima identità // ma cos’è l’identità?/ per dirla in breve e a fondo: / che se fossi su Marte / mi sentirei terrestre / e quando sono in Africa / mi sento europeo / quando sono in Portogallo italiano / quando sono a Roma friulano / quando sono a Udine carnnico / quando a Tolmezzo comeglianese / e a Comeglians maranzanese / e se sono a Maranzanis: / non mettiamoci a confondere per favore / la famiglia Di Pasqua / la mia / con quella Del Ghetto / gentacola poco affidabile / arrivati da chissà da dove / magari da Sigilletto // insomma ragioni da vendere / ne ho e ne avrei / e questo lo si capisce subito / per avere in gran sospetto / per odiarli a morte / per sterminarli se occorre / tutti questi diversi / prima quelli Del Ghetto / e poi i comeglianesi / i tolmezzini / gli udinesi / i friulani / per non dire i romani / gli italiani / i portoghesi / gli europei / gli africani / e ben inteso i terrestri / solo che fossi marziano.

Un tema più che mai attuale, universale. Un testo magistralmente messo in scena da Aida e compagni di scena, che ricevono il convinto tributo finale degli spettatori.Ci mancano questi poeti. Hanno lasciato un’impronta profonda nell’animo di chi ha avuto la fortuna di leggerli. Poeti moderni. Essere perennemente attuali è dono di pochi eletti. E, quindi, gli applausi finali a Aida Talliente e ai bravissimi musicisti che l’hanno affiancata in questa avventura sono un giusto tributo che ci spinge a continuare a sperare che la poesia, infine, ci potrà salvare.

Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2023

 

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