I Malanova sono nati nel 2001 nel solco del canto d’autore di ispirazione popolare. Come sottolineato nel sito internet del gruppo, il progetto tende principalmente alla salvaguardia del dialetto del luogo di origine dei musicisti (la Valle del Mela nel messinese) e degli strumenti della musica popolare siciliana. Ho incontrato Pietro Mendolia e altri componenti del gruppo in una fortunata occasione: il conferimento al gruppo del primo premio – sezione musica – della rassegna nazionale indetta dall’Unione Nazionale Pro Loco Italiane “Salva la tua lingua locale” tenutasi a Roma alla sala della Promoteca del Campidoglio lo scorso 26 gennaio. E’ nato uno scambio di idee e osservazioni sulla musica d’autore, sulle lingue e i dialetti, sull’attuale modo di ascoltare la musica, sulle difficoltà di trovare spazi e visibilità, sull’importanza di trattare temi ritenuti scomodi. Nell’occasione Pietro Mendolia mi ha donato l’ultima produzione dei Malanova, un concept album dal titolo Peppi Nnappa ntè favàri, che contiene 15 brani di grande intensità. Peppi Nnappa è una maschera siciliana che rappresenta una persona beffarda, pigra, ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche e ricopre abitualmente il ruolo del servitore. Cito una parte della presentazione dell’opera curata da Giancarlo Berardi: Fino ai primi decenni del 1900, in Italia risuonavano centinaia di gerghi locali, definiti dialetti (dal greco διαλέγομαι, parlare, conversare). Era l’idioma del popolo, nato dal popolo, per il popolo. Poi arrivò il fascismo, che ne proibì l’uso, a favore di una lingua unica, nazionale, imperiale, fondata sulle opere dei grandi intellettuali toscani del ‘300. E il linguaggio divenne più aulico, e allo stesso tempo più povero. Ancora oggi, quando il lessico italiano non basta a definire una sensazione o un concetto, si ricorre al vernacolo. C’è chi lo fa in musica, come Malanova che, anno dopo anno, stanno approntando un novelliere siciliano, degno di Verga e Pirandello. Sono storie minime, spesso ispirate alla tradizione, a frammenti di vita quotidiana, alla cronaca nera, o a sbiadite leggende, ma sempre dalla parte degli umili, e pervase da una profonda coscienza sociale. È il trionfo della sicilitudine, così la definiva Leonardo Sciascia: un sentimento difficile da spiegare, apparentato alla saudade brasiliana, che in definitiva indica l’amore viscerale verso la propria terra, la propria gente, usi costumi e linguaggio compresi. Alla maniera dei cantastorie itineranti, che animavano le piazze con racconti in rima illustrati, Malanova alternano temi leggeri a momenti più toccanti e drammatici. E come tutti i grandi narratori, intrattengono e divertono il pubblico, contrabbandando l’impegno tra le righe. Questi canti, che odorano di campagna, di salsedine e di pietre laviche.
Peppi Nnappa ntè favàri contiene una serie di gioielli musicali, a partire dall’amara ironia del primo brano, Terra di canzoni: In questa terra in mezzo al mare ci sono tante cose da aggiustare / troppi i denti falsi da levare tanta l’erba secca da tagliare / ci vogliono falci e colpi di bastone sulla testa / ci vogliono falci e calci nei coglioni ci vuole gente onesta / Ma intanto c’è chi ha palazzi e chi dorme in catapecchie / ma intanto c’è chi fa i soldi a sacchi e chi piange nelle baracche / c’è chi comanda e chi si danna c’è chi si danna e chi comanda / chi zappa la terra e chi raccoglie chi vive solamente d’imbrogli / (oh fatemi uscire…fatemi uscire…fatemi uscire) / E intanto siamo la terra del sole e intanto siamo la terra dell’amore / e intanto siamo la terra dei fiori e siamo la terra bella delle canzoni.
Gli strumenti utilizzati dai Malanova sono classici, tradizionali e compongono un ensemble sonoro che unisce terre, nazioni, continenti, senza frontiere e senza confini. La formazione è composta da Pietro Mendolia (chitarre acustiche, voce), autore di musiche e testi, Saba (voce e tamburello), Nunziatina Mannino (flauto traverso, flauto dolce), Davide “Dado” Campagna (djembè, darbuka, cajon, tamburi a cornice, percussioni), Pasquale Manna (fisarmonica), Marcello Ulfo (violino, chitarra), Gemino Calà Scaglitta (fràuti a paru, flauthòne, bìfare, marranzàni), Antonio Bonaccorso (basso acustico, basso fretless), Peppe Burrascano (djembè, percussioni, voce), Stefano “Bonny” Bonanno (basso acustico) e Giovanni Ragno (flauti etnici, friscalètti siciliani, clarinetto) e diversi ospiti.
Il sogno di Peppi, protagonista dell’opera, è vissuto attraverso un viaggio che si snoda nelle canzoni: sollevando per un attimo lo sguardo, si accorse che non era solo. Pensò che, probabilmente, altri servi come lui avevano avuto l’ardire di non ubbidire al volere dei loro padroni e perciò, come lui, erano finiti in castigo, nei campi, a guardia del raccolto ma, a sua memoria, non ricordava di avere mai visto così tanti servitori trasgredire le regole tutti insieme… Stanco dalla fame e intorpidito dal freddo, Peppi scivolò via dai lacci che gli serravano le caviglie e i polsi e, senza più il sostegno delle canne e di una colonna vertebrale per lungo tempo immobile, incominciò a vagare nel buio della campagna, fluttuando, a ogni passo, come se avesse aria sotto ai piedi e il vento a far da guida, ondeggiante, come in una danza… C‘è una canzone – Bbona sorti – che per me rappresenta una vera e propria perla nascosta dentro il silenzioso frastuono dell’attuale musica d’autore nazionale. Narra la storia di Graziella Campagna (dalla quale è stato anche girato il film La Vita Rubata). Graziella fu uccisa per aver intravisto una carta d’identità dentro la tasca di una giacca alla lavanderia dove lei lavorava. Aveva 17 anni e passava le serate a ricamare le lenzuola per la sua prima notte di nozze. Il brano è cantato da Saba con straordinaria dolcezza. Il testo, tradotto in italiano (ma ascoltatelo in lingua siciliana!), è questo: Grazia ricama alla luce di una lampadina / e quando è buio a quella della luna piena / cuce il lenzuolo per la prima notte / bianco come la neve… per buona sorte / Grazia ricama i suoi diciassette anni / e mentre cuce pensa a quando sarà grande / sogna il matrimonio nella chiesa / e un marito i figli e una bella casa / Ma chi ce lo doveva dire mai che un fiore così bello doveva sparire / ma chi ce lo doveva mai venire a dire che questo fiore ce l’avrebbero rubato / Grazia, Graziella ago e ditale / pungono i ricordi e fanno male / a guardare questo lenzuolo ricamato / per sempre bianco e mai usato. Impossibile non citare la presenza nell’album di Marco Soldi, Rosanne Cash, voce recitante in Chiddu chi manca e di Giancarlo Berardi, maestro del fumetto italiano che ha composto e recitato il testo in dialetto genovese di Carusi. Consigliamo l’acquisto del CD che contiene un libretto molto curato con testi, fotografie e illustrazioni a colori; il cd contiene anche i libretti in italiano e in inglese. Il sito ufficiale del gruppo è www.malanova.org e il contatto mail è e-malanova@tiscali.it. Ecco lo scambio di impressioni nato con Saba e il leader della formazione, Pietro Mendolia.
Pietro, Saba, innanzitutto, complimenti a voi e ai Malanova per il prestigioso Premio ricevuto a Roma. Ve lo aspettavate?
Grazie Franco! No, davvero! E’ stata una piacevolissima sorpresa che, come tutte le cose belle che ci piovono addosso, ci dà nuova linfa e ci esorta a proseguire sulla strada intrapresa. Antonio, il nostro bassista, anni fa ci aveva parlato di questa interessante iniziativa dell’UNPLI, che si prefiggeva di salvaguardare le lingue e i dialetti d’Italia e di creare un archivio sonoro nazionale. Così, quest’anno abbiamo pensato di aderirvi, inviando alcune canzoni del nostro ultimo progetto musicale, “Peppi Nnappa ntè Favàri”.
Sono convinto che i linguaggi e i dialetti italiani facciano parte del patrimonio dell’umanità, in quanto rappresentano un modo di pensare unico, comunque diverso dagli altri. Cosa ne pensate?
“Un popolo mettetelo in catene, spogliatelo, tappategli la bocca, è ancora libero. Levategli il lavoro, il passaporto, la tavola dove mangia, il letto dove dorme, è ancora ricco. Un popolo diventa povero e servo quando gli rubano la lingua ricevuta in dote dai padri: è perso per sempre”… Abbiamo mandato a memoria le parole del poeta, con le quali l’immenso Ignazio Buttitta ammonisce e mette in guardia dal rischio che potremmo correre dimenticando di “praticare” la lingua dei nostri luoghi di origine. E quindi sì, ogni dialetto, in quanto elemento identitario di un popolo, dovrebbe essere considerato patrimonio dell’umanità, al pari di certe persone che con la loro preziosa opera, hanno descritto luoghi e genti e raccontato storie fermando il tempo e preservandone la memoria (il nostro pensiero corre a Pippo Bonaccorso, poeta estemporaneo dialettale di Gesso/Villafranca Tirrena o a Candelora Calderone, cantrice dalla voce impareggiabile di Santa Lucia del Mela, i cui versi e la cui voce abbiamo amato e accolto in alcune delle nostre canzoni). Unicità e diversità sì, intese non come limite, barriera, ma sinonimi di ricchezza consapevole, di bellezza, che conducono all’integrazione e all’unione tra i popoli.
Come si inserisce la vostra variante dialettale nell’ambito del siciliano?
In verità, non ci siamo mai posti la domanda. Cattafi, il luogo di partenza del nostro gruppo, è un piccolissimo borgo, la cui parlata è simile a quelle di altre parti della provincia di Messina. Mimma Gattaino, scrittrice milazzese e amica carissima, in origine, a proposito del linguaggio da usare nelle canzoni, suggerì che avremmo dovuto scrivere “per come parlavamo”. Così fu davvero semplice tradurre sulla carta il nostro dialetto, senza andare a ricercare, altrove, terminologie e modi di dire. Questo è quanto. Di più, al riguardo, non sappiamo dire.
Ci raccontate come è nato il gruppo Malanova?
L’esigenza di dare vita a un gruppo di musica che cantasse in dialetto nacque, principalmente, per l’urgenza che avevamo di far conoscere ai nostri ragazzi, nel modo che meglio conoscevamo, la Sicilia, così come la vedevamo con gli occhi di allora. Volevamo raccontare la nostra gente, la nostra terra, con le sue infinite bellezze e le sue molteplici contraddizioni, perché desideravamo che essi imparassero ad amarla, ma anche ad odiarla, quel tanto che bastava per spingerli a contribuire al suo cambiamento. Sono trascorsi più di vent’anni da allora. I ragazzi siciliani, oggi, hanno maturato una nuova consapevolezza e sono determinati a realizzare i propri sogni, senza rinunciare alla purezza dei loro cuori. Nella forza delle loro idee riponiamo le nostre speranze di un futuro migliore e ad essi – cui è affidato il destino di questa bellissima martoriata terra – abbiamo interamente dedicato il nostro ultimo progetto discografico.
Quali sono i vostri principali riferimenti nel campo musicale?
Siamo cresciuti con nelle orecchie Bob Dylan, Simon & Garfunkel, Johnny Cash. E nei giradischi dei nostri fratelli maggiori, suonavano Pink Floyd, Nina Simone, Crosby Still Nash & Young e altra bella musica ancora. Ci siamo appassionati a Paolo Conte, Jannacci, Bennato, Fossati, Branduardi, Guccini. E poi a Pino Daniele, Battisti, De Gregori, De Andrè. Ma nessuno degli altri grandi autori di quegli anni è rimasto inascoltato, e ognuno ci ha trasmesso il suo personalissimo punto di vista del mondo.
Avete una formazione molto ampia e più volte mutata nel tempo…
Siamo gente del Sud. E la gente del Sud, da tempo immemore, ha sempre dovuto preparare la valigia e partire, in cerca di miglior fortuna o anche solo per garantire, a se e ai propri cari, un minimo di sostentamento. Alcuni dei ragazzi di Malanova non hanno, purtroppo, potuto sottrarsi alle assurde regole di questa legge atavica, che ci vuole rassegnati a un destino da migranti. Così all’inizio partì Francesco, e poi Rio, Nino, Gabriella, Stefano, Davide, Antonio, Nunziatina. Qualche mese fa è andato anche Giovanni. Siamo rimasti davvero in pochi, ma resistiamo, nonostante tutto, perché c’è sempre qualche nuovo amico che arriva e, ogni tanto, qualcuno che, da lontano, torna. Così, la formazione musicale è… a fisarmonica. Più musicale di così!
Utilizzate strumenti della tradizione con alcune soluzioni innovative: dico bene?
Se la musica (come crediamo) è ponte, gli strumenti musicali rappresentano le sue fondamenta. Nelle nostre composizioni abbiamo, da sempre, accolto, accanto agli strumenti del nostro ricco patrimonio musicale, quelli di altre parti del mondo. Senza rinunciare ai suoni che derivano dagli strumenti della musica di tradizione classica. Con la consapevolezza che operazioni di questo genere possono, in qualche modo, creare sconcerto tra chi concepisce la musica con rigore, ma con l’assoluta convinzione che la musica, per esprimersi al suo meglio, deve vivere di libertà.
La produzione musicale dei Malanova è molto ricca. Come collochereste l’ultimo album all’interno della vostra collezione artistica?
L’ultimo progetto musicale di Malanova è un concept-album che ha titolo “Peppi Nnappa ntè Favàri”, ossia “Peppi Nnappa nel campo di fave”; si compone di un racconto, quindici canzoni originali e due video che narrano del viaggio immaginario di Peppi Nnappa, maschera siciliana della Commedia dell’Arte, nella Sicilia (e nel mondo) d’oggi. Peppi, durante il suo vagare, incontra gli interpreti delle storie delle canzoni che, legate una all’altra da un filo invisibile, lo conducono dal buio fitto della notte alla luce splendente del nuovo giorno.
Con le canzoni del primo disco, “Non Iabbu e non Maravigghia” abbiamo raccontato la Sicilia della nostra età dell’incanto. “A Testa o Giòcu” scherza sui luoghi comuni e le vicende della vita di paese. “Santulubbirànti” (che oltre a un disco di canzoni e anche un libro di storie illustrate da 50 dipinti originali) sottolinea quanta bellezza esiste qui, in questi luoghi, e rappresenta una sorta di invito a cambiare il nostro modo di guardare le cose. “Peppi Nnappa ntè Favàri” affronta i temi cosiddetti “difficili”, le molteplici contraddizioni, e invita al riscatto e al cambiamento.
Siete legati a qualche brano in particolare di “Peppi Nnappa ntè favàri”? Io adoro “Bbona Sorti”…Amiamo svisceratamente ogni canzone che abbiamo realizzato. Ad ognuna di esse abbiamo affidato un messaggio da portare. Come messaggi in bottiglia, consegnati ai flutti del mare, che galleggeranno sino a raggiungere la terraferma, dove potranno essere letti da qualcuno, “Bbona Sorti” racconta di Graziella Campagna, ragazzina di 17 anni, derubata della vita e dei suoi sogni di bambina… La nostra speranza era che questa canzone “navigasse” fino a raggiungere le orecchie e i cuori di ragazzi altrettanto giovani. Gli allievi di un istituto scolastico messinese, poco tempo fa, hanno realizzato una Graphic Novel per raccontare la storia di Graziella e ci hanno voluto accostare le note di questa canzone…
Certe canzoni denotano un forte impegno sociale. Al contrario della maschera Peppi che pare eccessivamente servizievole nei confronti di chi detiene il potere e non lo utilizza al meglio …
Il maestro del fumetto italiano Giancarlo Berardi (il papà di Ken Parker e Julia), che ci ha voluto onorare delle sue parole per l’introduzione al disco, ha scritto in proposito: “intrattengono e divertono il pubblico, contrabbandando l’impegno tra le righe”. Ci riconosciamo molto in queste parole, forse perché abbiamo sempre preferito raccontare per metafore, creando talvolta situazioni allusive, per lasciare spazio alle considerazioni e alla libera interpretazione di chi ci ascolta. Alcune canzoni, certo, possono risultare più esplicite. E’ il caso, ad esempio, di “Carùsi”, che, peraltro, si pregia del testo in lingua genovese, composto e recitato dallo stesso Giancarlo. La canzone parla di speranza, di riscatto e di giovani che alzano la testa e guardano il sole. Peppi, nella storia immaginaria del disco, incarna il siciliano sempliciotto, quello arrendevole, sempre obbediente, sempre a testa bassa. Questa volta, però, si desta e diventa esso stesso artefice del cambiamento, liberandosi delle scarpe (troppo strette) e lanciandosi in una tarantella travolgente e liberatoria. Si può guardare il video della canzone a questo link: https://youtu.be/3IV30JxbrDg
Come è nata la collaborazione con artisti del calibro di Rosanne Cash, Giancarlo Berardi, Marco Soldi?
Abbiamo definito certi incontri di Malanova “felicissime congiunzioni astrali”. Non so se hai presente, caro Franco, quando nei sogni di bambino, a un certo punto, dal nulla, spunta una fata, vestita tutta da fata (per l’appunto) e ti avvicina col suo sorriso splendente e ti tocca leggermente con la sua bacchetta magica sulla testa, e di colpo tutto si trasforma in luce e d’un tratto tutto diventa sfolgorante. Ecco, a noi questa cosa qui è accaduta diverse volte e… a occhi completamente aperti. Grazie ai cari Wendell e Jackie, la straordinaria Rosanne ha ascoltato Malanova e ha accettato di interpretare i versi di “Chiddu chi Manca”, un canto dedicato a tutte vittime di ingiustizia del mondo. Salvatore e Francesca invece, hanno raccontato di noi a Giancarlo e Marco. Così, per magia, ci siamo ritrovati a comporre e cantare, assieme a Giancarlo, “Carùsi” e Marco ha realizzato il disegno mozzafiato per la copertina del disco (è già il terzo album che porta la sua firma e ne siamo felicissimi). Incontri, questi, che ci hanno arricchito artisticamente, culturalmente e che ci hanno regalato nuove bellissime amicizie.
Come si presenta l’attuale scena musicale siciliana nel campo della musica folk?
Molto viva. E per fortuna! I giovani hanno riscoperto la bellezza di suonare e cantare in dialetto, così in diverse parti dell’isola vanno nascendo nuovi interpreti e nuove formazioni di musica folk. Alcune preferiscono sperimentare sentieri alternativi, altre volgono lo sguardo al vasto repertorio tradizionale per riproporlo, magari con una nuova veste. E poi ci sono le pietre miliari… Conserviamo con estrema cura i dischi di Dounia, di Terrae Compagnia di Musiche Popolari o di Alfio Antico, solo per citarne alcuni.
Cosa pensate della scena musicale attuale italiana? Secondo voi c’è qualcosa che si sta muovendo nel campo della cosiddetta musica d’autore?
A essere sinceri non ascoltiamo molta musica italiana. Tuttavia seguiamo con affetto e viva curiosità alcuni autori, che continuano a regalarci vere e proprie perle musicali. Vinicio Capossela, che proprio pochi giorni fa ha pubblicato “La crociata dei bambini”, canzone manifesto contro tutte le guerre, liberamente ispirata al poema di Bertold Brecht. E poi Paolo Capodacqua: abbiamo ascoltato il suo “Ferite e Feritoie” e ne siamo rimasti letteralmente affascinati. Nel campo della musica folk d’autore, la nostra attenzione è stata catturata da Terrasonora: il loro ultimo brano, “Capa e Muro”, conferma che il gruppo campano è da ricomprendere, a pieno titolo, tra le realtà contemporanee degne di rappresentare la nuova musica del Sud.
Pietro e Saba, assieme agli amici di InstArt, vi ringraziamo per la chiacchierata e prima di salutarvi vi chiedo quali sono i prossimi impegni dei Malanova.
Il nostro ultimo disco è venuto alla luce in piena pandemia da Covid-19, con le difficoltà che essa ha comportato per tutti. Non ha ancora avuto una presentazione degna di questo nome. Sognavamo di poterlo presentare assieme a tutti gli amici cari, a Rosanne, Wendell e Jackie dall’America, Giancarlo da Genova, Clare dall’Inghilterra, Marco, Salvatore e Francesca da Roma e a tutti gli amici musicisti e artisti che hanno partecipato attivamente a questo progetto. Speriamo quanto prima di poterci riuscire. Stiamo, inoltre, organizzando il prossimo tour del gruppo. Infine, una piccola anticipazione per te (che ringraziamo per averci ospitato sulle pagine del web-magazine) e per gli amici di InstArt: sono quasi pronte le canzoni per il prossimo disco di Malanova. Abbracci dal profondo Sud!
© Franco Giordani per instArt