Lo spettacolare Maciste all’inferno (1926) di Guido Brignone, capolavoro del cinema muto liberamente ispirato all’Inferno della Divina Commedia, sarà presentato con accompagnamento musicale dal vivo sabato 26 marzo alle 21 al Cinecity di Lignano Sabbiadoro. L’ingresso è libero con prenotazione consigliata (cinecitylignano@gmail.com; tel. 334 1058083)

La partitura composta dal pordenonese Teho Teardo, musicista fra i più innovativi e interessanti del panorama europeo, in stretta collaborazione con Zerorchestra, sarà eseguita dalla stessa Zerorchestra affiancata da un trio di ottoni dell’Accademia Musicale Naonis e dal violoncello di Cristina Nadal. Il film è presentato nella versione restaurata nel 2009 dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e dalla Fondazione Cineteca di Bologna.

Scelto lo scorso ottobre per la serata di pre-apertura della 40a edizione delle Giornate del Cinema Muto, Maciste all’inferno è uno dei film più spettacolari e originali tra quelli che hanno tratto ispirazione dalle opere dantesche e il migliore della fortunata serie di titoli con Bartolomeo Pagano nel ruolo di Maciste. Impegnato nella lotta del Bene contro il Male, questa volta il “gigante buono” viene attirato con l’inganno negli inferi, simbolo stesso del Male, e qui dovrà combattere contro perfidi diavoli e diavolesse tentatrici.

Il successo di pubblico e di critica riscosso da Maciste all’inferno non si limitò alla prima uscita. Alcuni anni dopo uscì in versione sonorizzata e del film si è continuato sempre a parlare soprattutto grazie a Federico Fellini, che in più occasioni rivelò di averlo visto da piccolo in braccio al padre, scoprendo con esso la magia del cinema: “Tante volte, scherzando, dico che tento sempre di rifare quel film, che tutti i film che faccio sono la ripetizione di Maciste all’inferno”.

Ancora oggi Maciste all’inferno ha il potere di sorprendere gli spettatori con la mostruosa galleria di personaggi che incantò Fellini, l’impressionante possanza fisica del protagonista e qualche scena decisamente audace per l’epoca. Ma il film si ama anche per gli effetti speciali creati da un maestro come Segundo de Chomón e per “l’insolito impasto di grottesco, di gentile, di sentimentale, di fantastico, di comico e di tragico”, come scriveva lo storico e critico cinematografico Vittorio Martinelli.

Oltre alla regia di Guido Brignone, uno degli autori più prolifici del cinema italiano, rimasto attivo fino a tutti gli anni ’50, vale la pena citare la fotografia di Massimo Terzano e Ubaldo Arata, e la presenza, fra i tanti diavoli, del triestino Sergio Amidei, futuro grande sceneggiatore, che debuttò giovanissimo nel cinema come comparsa proprio in Maciste all’inferno.

Comunicato Stampa