Loreena McKennitt-The Mask and Mirror – 30th Anniversary Tour: Robert Brian (batteria) Brian Hughes (bouzuki, oud, chitarra) Caroline Lavelle (violoncello, fisarmonica e flauto) Hugh Marsh (violino) Dudley Philips (basso e contrabbasso) Loreena McKennitt (arpa celtica, organetto diatonico, pianoforte, tastiere, voci)

La cantante canadese, ancora una volta sulle tavole del palcoscenico di UdineEstate, qualche mese fa, ha cominciato la sua esibizione accompagnando al pianoforte la sua splendida voce capace ancora dei vertiginosi acuti che caratterizzano da sempre la sua arte luminosa. Anche grazie a questo il suono complessivo del suo ensemble è sembrato assolutamente levigato, rastremato.

Il primo set è stato dedicato a composizioni tratte dal suo corposo catalogo che data ormai dal 1994 con l’aggiunta di alcuni brani tratti dall’ultima incisione che è “The Road Back Home”, un live registrato nei vari festival canadesi non troppo lontani da dove risiede. Una specie di percorso nei paesaggi musicali che abita e che la abitano, attraverso il quale esprimere il proprio immenso amore per le persone, i luoghi, le montagne e i boschi attorno al lago del suo cuore.

McKennitt, rivolgendosi al pubblico, si dice molto contenta di essere ritornata dopo cinque anni a suonare in un luogo così suggestivo come il piazzale del castello di Udine che, ergendosi su uno dei più antichi tumuli artificiali dell’età protostorica, ha come corona le montagne, la città luccicante ai propri piedi e la forza degli elementi che fa garrire le sue bandiere.

Dolcezza e romanticismo, nostalgia e ricordo sono da sempre la cifra della poetica della rossa cantante canadese. A volte i suoi suoni appaiono eccessivamente levigati ed elaborati, fino a dare un’impressione cinematografica e cinematica forse un po’ troppo disneyana, ma è tutto più che sopportabile.

La sua sembra essere la descrizione di un’attesa di chi scruta l’orizzonte quasi rassegnato per cercare di scorgere qualcuno che non ritorna e forse è meglio così, come avrebbe fatto meglio a pensare Cio Cio San della Madama Butterfly.

E’ l’elaborazione di un’assenza. Negli ultimi anni la cantante afferma di essersi avvicinata molto alle comunità dei nativi americani in Ontario dove vive che come gli antichi Celti venerano la natura; un brano in particolare in scaletta rispecchiava le credenze degli Uroni ed era dedicato al culto dei grandi alberi (Ages past Ages) .

Tra gli ottimi musicisti che l’accompagnavano spiccavano di certo il chitarrista Hughes in grado di passare dalla chitarra elettrica a quella classica e da un liuto ad un mandolino passando per il Bouzuki con grande naturalezza.

Si faceva notare non solo per la presenza scenica anche la biondissima violoncellista Lavelle che all’occorrenza, cantava come un angelo e suonava anche il flauto dolce soffiandone suoni molto più caldi di quelli del solito tin whistle che si utilizza in questi casi. Ha suonato anche la fisarmonica classica con grande tenerezza ed efficacia.

McKennitt si è esibita anche con un organetto diatonico in un brano dalle melodie e dai toni arabeggianti; Nord America, Nord Europa e Nord Africa si sono così toccati ricostituendo l’originaria Pangea. La cantante ha il dono di disegnare con la propria voce paesaggi rurali verdissimi e incantati, sospesi nel tempo, magici, ma tutt’altro che irreali come possiamo trovare anche nella nostra Carnia o sul Carso e nelle Valli del Natisone.

Nella prima parte del concerto, una scelta di brani incantevoli hanno immediatamente trasformato l’atmosfera aprendo ogni cuore alla dolcezza del paesaggio e agli arcani degli antichi culti pagani che le popolazioni celtiche officiavano anche nel nostro territorio e forse proprio sulla collina del Castello di Udine dove ha avuto luogo il concerto. Come ormai è chiaro a tutti lo strano rilievo piantato in mezzo alla pianura friulana è un tumulo artificiale edificato migliaia di anni fa dai nostri avi probabilmente per officiarvi i loro misteri attraverso oscure liturgie.

Quale luogo migliore per ambientare, per esempio, un brano come “All Souls Night” che rievoca i culti solstiziali di Samain durante i quali i morti tornano dall’Oltretomba a pretendere quello che gli è dovuto.

McKennitt ha dunque cantato:

“I falò punteggiano le colline ondulate, sagome ci danzano attorno in cerchio e i tamburi pulsano nell’oscurità su ritmi primitivi. Da qualche parte, da una memoria segreta, immagini mi fluttuano davanti agli occhi, notti profumate di fieno e di falò e danze fino all’alba del giorno in arrivo. Vedo luci lontane tremule sul manto nero della notte candele e lanterne danzano, danzano un valzer nella Notte dei morti”.

Brani come questi se ascoltati distrattamente o per puro svago appaiono leggeri e disincantati, ma, in realtà, si riferiscono a culti misterici talmente antichi da far parte del nostro immaginario archetipico. Ci si può tranquillamente accostare alla sua musica semplicemente per esserne intrattenuti e sognare sulle ali della melodia, la cantante però non è solo la fatina buona delle favole come credono alcuni, è una profonda conoscitrice di saghe e leggende che evoca attraverso il potere e la seduzione della musica.

Dopo che si era chiusa la prima parte dell’esibizione e 25 minuti di intervallo come al teatro dell’opera, ha preso l’abbrivio il secondo set con l’esecuzione integrale di “Mask and the mirror” che, sembra incredibile, festeggia i sei lustri dalla pubblicazione.

Allora, nei faticosi anni ’90, il mondo della musica lo salutò come un prodigio, un nuovo inizio per la musica celtica dopo i fasti degli anni ’60 e ’70. Oggi rimane un caposaldo della musica folk e contemporanea propriamente detta. Come la sua autrice e cantante, in tre decenni non ha perso minimamente brillantezza e seduzione.

Racconta che l’ispirazione per “Mask and the Mirror” le venne durante un viaggio in Irlanda nel 1981, ma vide la luce della sala d’incisione solo dieci anni dopo quando quelle emozioni si erano sublimate cristallizzandosi in armoniche melodie.

La cantante ha spiegato prima dell’esecuzione che, in quelle lontane composizioni, si interrogava su quanto e cosa perdiamo davvero a causa del progresso che ci sradica dai nostri luoghi d’origine. I mutamenti del paesaggio sempre più urbanizzato e devastato dal punto di vista naturalistico hanno diretti effetti anche sui nostri sentimenti. Distruggere la natura come stiamo facendo è proprio come segare il ramo al quale siamo aggrappati in bilico sullo strapiombo.

A questi quesiti, tutt’altro che anodini, sembra voler rispondere non solo quel disco in particolare, ma anche tutta la musica della cantante canadese in generale.

“Mask and Mirror” iniziava con il misterioso suono dell’Oud e le ritmiche del deserto alle quali si accodavano violino e violoncello e su questi la voce narrativa ed ispirata raccontava di una storia antica di ombre e di misteri, in un sogno mistico e incantato (The Mystic’s Dream).

Celebre il secondo brano “The Bonny Swans”, con i suoni elettrici della chitarra che si alternano a quelli del bouzuki. La perfezione tecnica, in qualche caso, va a discapito della spontaneità.

L’impianto luci dello spettacolo è semplicissimo ed essenziale, le suggestioni e le atmosfere vengono lasciate tutte alla musica e alla voce, un effetto scenografico lo da sicuramente il vento che muove i teloni di quinta. A calmare gli animi ci ha pensato la musica e così sono echeggiate rare melodie che cullano, carezzano e addormentano. Sono state voci delicate e sussurri a condurre ad un naufragio in sogni delicati.

Le note e i sussurri fanno immaginare fate che si tengono per mano danzando in cerchio in una radura nella foresta, fin troppo facile, ma l’impressione è proprio quella.

E’ una musica che non smette di cercare la pace in fondo al cuore e all’anima fino a trovarla in una canzone ritmata tutta vocalizzi “na na na na na na” da ballare a piedi nudi sull’erba sotto la luna come fanno alcune ragazze del pubblico sul prato del castello sotto gli occhi vigili e muscolosi della sicurezza che rompe un po’ il magico incanto e ben altro.

La dolcezza del pianoforte e del violoncello e a volte il canto a cappella fanno percepire le onde del mare lontano che si infrangono placide sulle scogliere e gli uccelli che volano alto, la brezza marina tra i capelli; il nostro cuore può essere anche fragile, la carne è debole ma dopo un concerto del genere il nostro spirito è davvero più forte.

“Tango to Evora”, ultimo brano all’arpa celtica, famoso e cinematografico, drammatico sembra quasi un tango alla Piazzolla.

Grazie e buonanotte Udine and “Be well and be kind” così alla fine l’artista ha salutato la città e il pubblico.

Dopo il concerto, mentre tutti sfollavano in piazza Libertà a Udine il fisarmonicista di strada ucraino Liubomyr Bogoslavets suonava Piazzolla mentre l’esercito con i suoi cavalleggieri difendeva la sicurezza dei probi cittadini.

All’amministrazione comunale, dopo alcuni episodi spiacevoli, è venuto in mente che per risolvere i problemi urbani fosse necessaria la dolce militarizzazione delle strade con l’inevitabile effetto di allarmare i cittadini e far percepire loro ancora più una sensazione di pericolo.

Solo la voce del fisarmonica si levava alta per le strade e per le piazze a contrastare tale abuso di “legittima difesa” della città, il brano in questione era “Libertango” tanto per intenderci.

Di libertà, nostalgia e amore cantava anche il trio di giovani musicisti irlandesi, con tanto di cornamusa e tin whistle, che allietava gli spettatori in fila per salire in castello prima dell’esibizione della regina indiscussa della musica celtica.

Non era la prima volta che la McKennit calcava quello straordinario palcoscenico all’aperto inserito in un orizzonte paesaggistico senza pari, ma l’emozione e l’attesa era comunque molto alta.

Alla bellezza non ci si abitua e non è mai troppa, naturalmente tutto è stato indiscutibilmente ripagato in modo indimenticabile.

Scaletta Set 1: All Souls Night, On a Bright May Morning, The Gates of Instambul, Penelope’s Song, Ages Past, Ages hence, Marco Polo, Spanish Guitars and Night Plazas, The Lady of Shalott, The Old Days

Set 2-The Mask and Mirror: The Mystic’s Dream, The Bonny Swans, The Dark Night of the Soul, Marrakesh Night Market, Full Circle, Santiago, The Two Trees, Prospero’s Speech

Encore: The Mummers’ Dance, Shche ne vmerla Ukraina, Dante’s Prayer, Tango to Evora.

Flaviano Bosco / instArt 2024 ©