Alessandro Haber è Zeno Cosini nell’allestimento del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia del capolavoro di Italo Svevo La coscienza di Zeno.
Lo spettacolo ha aperto la stagione di prosa del Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Un progetto nato in occasione del centenario dalla pubblicazione del romanzo, pietra miliare della narrativa italiana del Novecento.
Cosini è un uomo alla costante ricerca della felicità. La consapevolezza della sua irrealizzabilità gli causa un mal di vivere che lo porta a cercare l’aiuto dello psicanalista dottor S. Al fine di analizzare le vicende della sua vita e consentirgli di uscire dalla sua immaginaria malattia, il medico lo invita a riunire gli episodi salienti della sua esistenza in una autobiografia.
E così il non più giovane Zeno ritorna con la mente al suo passato e, in una girandola di incontri, ritrova i protagonisti della sua crescita di uomo in un continuo dialogo tra il se stesso adulto ed il se stesso giovane, interpretato da Alberto Onofrietti.
Haber è uno Zeno profondo, ironico e carismatico. Seduto in un angolo, l’immancabile sigaretta tra le dita, osserva se stesso ed i protagonisti della sua vicenda umana animarsi e ripercorrere gli episodi che più lo hanno segnato: la perdita del padre, il rifiuto da parte della amata cognata, il matrimonio, l’amante, il rovescio finanziario e il suicidio del cognato.
Osserva lo svolgimento della sua vita con sentimenti che vanno dallo smarrimento alla ironia all’autoassoluzione in un dialogo costante con il suo passato e alla vana ricerca di una via di uscita dalle sue nevrosi. Il tutto sotto l’occhio indagatore e inquietante del dottor S la cui presenza aleggia costantemente.
I personaggi si muovono in una scenografia essenziale dove prevalgono il bianco e il nero, illuminati da una luce livida e con le immagini di Trieste a brillare nel grande specchio circolare quasi a volere lei stessa reclamare il suo ruolo nella vita di Zeno Cosini.
Paolo Valerio direttore del Teatro Stabie del Friuli Venezia Giulia e regista dello spettacolo afferma di avere voluto portare in scena alcuni dei brani più indimenticabili dell’opera di Svevo, alla ricerca della umanità del suo personaggio, nelle cui nevrosi e nella cui difficoltà a trovare un proprio spazio in molti di noi possono ancora oggi riconoscersi.
© Laura Fedrigo per instArt