Il concerto che ieri sera al Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha visto accorrere un gran numero di spettatori per assistere all’esibizione della Bundesjugendorchester diretta da Lothar Zagrosek, è stato, in occasione del 250° della nascita, un tributo a Ludwig van Beethoven.

Il programma, pur dedicato a Beethoven, presenta anche  composizioni contemporanee.

Si comincia quindi con l’Ouverture del Fidelio op. 72 in cui l’orchestra dei giovani tedeschi (hanno tutti fra i quattordici e i diciannove anni) mette in mostra le proprie doti di ensemble orchestrale dotato di ottimo suono e grande precisione ritmica.

È poi la  volta di Tenebrae, per grande orchestra del compositore tedesco Klaus Huber (premio Beethoven, 1970), un brano ispirato all’eclissi di sole. Ma, attenzione!, l’oggetto del contendere non è una pedestre descrizione musicale del fenomeno in sé, ma, partendo dalla similitudine fra eclissi solare e della vita, del sogno dello spazio. Si tratta di un viaggio spirituale dove, accanto alla paura dell’ignoto troviamo anche la speranza. Viaggio condotto con le tecniche della serialità  dodecafonica, che conferisce a questo lavoro un’atmosfera di grande inquietudine.

Alle inquietanti atmosfere di Tenebrae, seguono quelle caotiche di Rush, per grande orchestra  e live electronics di Sergej Maingardt, un brano commissionato dal Deutscher Musicrat per i 250 anni della  nascita di Beethoven e del quale è stata data la prima mondiale a Bonn pochi giorni fa. Qui si può notare l’impiego di una chitarra elettrica e di una fisarmonica per integrare un organico orchestrale rafforzato, a fronte di una partitura intessuta di “effetti speciali” cui anche gli strumenti tradizionali sono sottoposti  con tecniche particolari per ottenere nuovi suoni e particolari effetti. In effetti, il brano si presenta come una serie d‘incisi musicali in cui però all’ascoltatore, almeno ad un primo ascolto, risulta difficile trovare segni di coerenza compositiva o di qualcosa che vagamente  evochi la nozione di sviluppo tematico.  Ciononostante il brano è, assieme all’autore presente in sala, applauditissimo.

La seconda parte del concerto vede l’esecuzione della Sinfonia n. 5 in Do minore di Ludwig van Beethoven. Qui l’orchestra dei giovani tedeschi ritrova tutto lo slancio e il vigore che aveva mostrato nell’ouverture iniziale. L’interpretazione di questo capolavoro è, fin dal celebre inciso iniziale “Il destino che bussa alla porta”, asciutta e nervosa, scattante. Il tempo si fa incalzante per poi distendersi in quei momenti di lirismo così tipici nella scrittura beethoveniana. I crescendo ed i diminuendo sono, nell’interpretazione di Zagroseck, portati all’estremo, con grande effetto. Su tutto la bravura di questi adolescenti che danno alle pagine di Beethoven quel sangue e quella freschezza che sono difficili da trovare in formazioni più attempate.

Alla fine il successo è grande come testimoniano gli scroscianti e prolungati applausi, ma l’invocato bis non arriva.

Sergio Zolli