PRESENTATO IL PROGRAMMA DELLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO
La 42a edizione al Teatro Verdi di Pordenone dal 7 al 14 ottobre 2023.
Pre-apertura il 6 ottobre allo Zancanaro di Sacile e replica dell’evento finale il 15 ottobre al Verdi di Pordenone.

Si è svolta questa mattina a Pordenone la conferenza stampa di presentazione  della 42esima edizione delle Giornate del Cinema Muto, in programma al Teatro Comunale Giuseppe Verdi dal 7 al 14 ottobre prossimi. Con il direttore Jay Weissberg, che ha ilustrato gli eventi e le principali retrospettive, e il vicepresidente del festival Piero Colussi, sono intervenuti il vicepresidente e assessore alla cultura della Regione Friuli Venezia Giulia Mario Anzil, l’assessore all’ambiente del Comune di Pordenone Mattia Tirelli, l’assessore alla cultura del Comune di Sacile Ruggero Spagnol, il presidente del Teatro Verdi Giovanni Lessio e il presidente di Cinemazero Marco Fortunato. Per la Fondazione Friuli e la Camera di Commercio di Pordenone-Udine, che sostengono le Giornate, erano presenti rispettivamente il presidente Giuseppe Morandini e il componente della Giunta Silvano Pascolo. In platea, insieme al presidente delle Giornate Livio Jacob, anche il consigliere regionale Markus Maurmair, il presidente del Consiglio comunale di Pordenone Pietro Tropeano e la presidente dell’Orchestra da Camera di Pordenone Tamara Sacilotto.
La 42esima edizione delle Giornate del Cinema Muto è dedicata alla memoria dello studioso americano Russell Merritt, grande amico del festival, collaboratore prezioso e dal 1986 al 2022 immancabile presenza a Pordenone.
Dal 7 al 14 ottobre 2023 al Teatro Verdi di Pordenone le Giornate tornano a far rivivere il cinema muto sul grande schermo con una ritrovata bellezza grazie ai restauri e agli accompagnamenti musicali dal vivo. Il programma preparato per questa nuova edizione dal direttore Jay Weissberg punta sulle riscoperte e su accostamenti originali di temi, opere, filoni, con possibili riferimenti anche all’oggi. Oltre alle proiezioni da mattina a sera, ad animare la settimana ci sono i seminari quotidiani del Collegium, le presentazioni di libri e dvd, le Pordenone Masterclasses, conferenze, workshop, incontri e FilmFair, fiera del libro e del collezionismo cinematografico, con cofanetti da collezione, edizioni speciali e i gadget delle Giornate.
Per chi, appassionato o neofita, non potrà godersi lo spettacolo in presenza, anche quest’anno e sempre grazie a MyMovies c’è la possibilità di vedere una selezione di film e assistere alle presentazioni in streaming.
GLI EVENTI SPECIALI
Per la tradizionale serata di pre-apertura, venerdì 6 ottobre al Teatro Zancanaro di Sacile, i musicisti della Zerorchestra accompagneranno, con le musiche che Juri Dal Dan ha composto ispirandosi agli anni Venti, Poker Faces (La moglie di mio marito; 1926) di Harry A. Pollard, con Edward Everett Horton e Laura La Plante, divertente commedia americana piena di equivoci, inganni e colpi di scena.
A inaugurare ufficialmente il festival sabato 7 ottobre al Teatro Verdi di Pordenone è La Divine croisière (La crociera divina, 1929), uno degli ultimi film muti del regista francese Julien Duvivier accompagnato dalla partitura composta e diretta da Antonio Coppola ed eseguita dall’Octuor de France. Il film, che racconta della rischiosa spedizione in mare di un mercantile, era uscito all’epoca in una versione gravemente mutilata ma grazie al lavoro di ricostruzione della Lobster Films di Parigi oggi riacquista il respiro e la forza originali ritrovando, accanto all’elemento religioso (la protezione della Stella Maris) mantenuto nella versione tagliata, l’importante componente sociale di presa di coscienza e di ribellione dei marinai contro la logica dello sfruttamento.
L’evento musicale di metà settimana (mercoledì 11 ottobre) è Hindle Wakes (1927) del regista britannico Maurice Elvey. Con magnifiche riprese in esterni, il film mostra le attività ricreative della working class durante la “Wakes Week” (una settimana di chiusura di fabbriche e scuole che ancora oggi si osserva in alcune parti del Lancashire e dello Yorkshire) ed è stato definito, come la pièce teatrale da cui è tratto, proto-femminista nel tono: il messaggio che trasmette, estremamente moderno, è che le donne, incluse quelle di estrazione popolare, possano al pari degli uomini concedersi un’avventura senza che questo implichi degli obblighi e decidere della propria vita ignorando le convenzioni famigliari e sociali. Il film è accompagnato dalla partitura di Maud Nelissen.
Per l’evento finale di sabato 14 ottobre (in replica domenica 15) si scommette sui due fuoriclasse della comicità muta: Charles Chaplin e Buster Keaton. Del primo si vedrà The Pilgrim (Il pellegrino), del 1923, nel nuovo restauro commissionato dal Chaplin Office che viene presentato a Pordenone in prima mondiale. Qui Charlot è un detenuto evaso che, dovendo indossare il primo abito civile che gli capita a tiro, incappa in quello di un pastore della chiesa evangelica, con tutto ciò che ne consegue. La partitura originale composta da Chaplin, arrangiata da Timothy Brock, sarà eseguita dall’Orchestra da Camera di Pordenone diretta da Ben Palmer. A rendere indimenticabile la serata, l’abbinamento con un altro capolavoro, Sherlock Jr. (Calma, signori miei), realizzato l’anno seguente e considerato, oltre che una delle cento commedie più belle di sempre, la summa del cinema di Keaton (che qui è un proiezionista che sogna di diventare un grande detective) quale sperimentatore assoluto del linguaggio cinematografico degli anni Venti. Incredibilmente, il film non era mai stato presentato a Pordenone, dove arriva quest’anno nel nuovo restauro Lobster e con la nuova partitura di Daan van den Hurk, anch’essa eseguita dall’Orchestra da Camera di Pordenone diretta da Ben Palmer.
Il Pathé Baby (9,5 mm) è il primo formato cinematografico progettato per il cinema casalingo. Per celebrarne il centenario, l’Associazione Home Movies – Archivio nazionale del film di famiglia ha realizzato, a cura di Anna Briggs, Michele Manzolini e Mirco Santi, un programma di circa un’ora che si vedrà al Verdi martedì 10 ottobre alle 22.15. Sono 41 pellicole scelte tra migliaia e provenienti da oltre venti archivi: diari di viaggio, scene famigliari e film sperimentali, a comporre un quadro della vita quotidiana, dal Giappone alla Nuova Zelanda, dal Brasile al Cile, dal Congo al Canada, in un arco di tempo tra il 1923 e gli anni ’60. La composizione e l’esecuzione dal vivo della colonna sonora è realizzata da una classe di studenti del Conservatorio G.B. Martini di Bologna per il coordinamento del Maestro Simonluca Laitempergher.

LE RETROSPETTIVE
Fra le retrospettive, la seconda e ultima parte di Ruritania, dedicata alle storie di re, regine, principi e principesse di immaginari regni balcanici che alimentavano la fantasia delle platee internazionali. Un immaginario a sua volta alimentato sia da fatti storici – le guerre balcaniche e soprattutto la prima guerra mondiale – sia dalle successive e spesso turbolente vicende dinastiche. Per l’opinione pubblica occidentale a est di Vienna iniziava un mondo primitivo, violento, sensuale, esotico, dai costumi strani e stravaganti, come quello di re Zog di Albania (che vediamo in un cinegiornale del programma), una via di mezzo tra l’operetta e la marzialità di un generale ussaro dell’impero austroungarico. I film di quest’anno, melodrammi, storie di cappa e spada, commedie romantiche e commedie burlesche, provengono da Spagna, Francia, Germania, Stati Uniti, e a questi si affiancano cinegiornali sulle autentiche famiglie reali dell’epoca.
Seconda parte anche per la rassegna curata da Ulrich Rüdel e Steve Massa incentrata sulle relazioni e reciproche influenze tra lo slapstick europeo e quello americano. Divisa in cinque capitoli tematici, questa sezione propone una scelta di titoli (cortometraggi e lungometraggi) con alcuni tra i comici più popolari e amati dei due continenti, come gli americani Harold Lloyd e Mabel Normand, il britannico Walter Forde, i francesi d’origine italiana Les Fratellini, che ebbero sullo schermo lo stesso successo del circo, e il duo danese Pat e Patachon, sul modello delle figure letterarie di Don Chisciotte e Sancho Panza e anticipatore di altre famose coppie del cinema comico.
“Harry Piel, Lo spericolato regista” è la retrospettiva che permette di riscoprire questo cineasta tedesco, anche sceneggiatore, produttore e attore, un tempo popolarissimo. Attivo dagli anni ’10 fino all’era del sonoro, era conosciuto soprattutto per i film d’azione e d’avventura che sbalordivano gli spettatori per le sequenze spettacolari e per le innovazioni tecnologiche inserite nella trama. A lui si deve, per esempio, la prima apparizione di un robot sullo schermo, nel film del 1916 Die Grosse Wette, oggi perduto. Nello stesso film, per la prima volta nella cinematografia della Germania Imperiale troviamo il nome di Piel prima del titolo. Le sue opere erano spesso annunciate dallo slogan “un autentico film di Piel” e colpivano l’immaginazione degli spettatori con inseguimenti spettacolari, esplosioni, crolli e sequenze di animali feroci in fuga.
Sin dalle primissime prove registiche, Piel si dedicò al Sensationsfilm mettendo in scena acrobazie impossibili da realizzare in teatro. Sia da regista che da attore, nei suoi film portò all’estremo il gusto per le avventure spericolate e le sensazioni da brivido e per questo ottenne un successo commerciale in tutto il mondo. Scriveva un critico dell’epoca: “Piel non permette agli attori e al pubblico di riprendere fiato neppure per un secondo… Dirige Harry Piel e con questo è detto tutto.”
Piel fu tra i pochi artisti che passarono senza problemi dal muto al sonoro. Fu la sua adesione nel 1933 al partito nazionalsocialista a nuocergli. Dopo la fine della guerra fu messo al bando per parecchi anni e l’ultimo tentativo di ritornare in scena, nel 1953, risultò un fiasco. Morì in povertà a Monaco nel 1963 e la sua opera cadde nell’oblio. A distanza di 60 anni è giusto che le Giornate ricordino il suo cinema con una rassegna di otto titoli, la maggior parte dei quali in prima mondiale dopo il restauro. Segnaliamo, fra gli altri, Sein Größter Bluff (Il mio più grande bluff), del 1927, per la presenza di Marlene Dietrich, all’epoca già attrice affermata.
Con Tom Mix e William S. Hart, Harry Carey divide il podio della popolarità tra gli attori degli inizi del genere western, anzi secondo John Ford, fu “la stella splendente del primo firmamento western”. Carey (1878-1947) arrivò tardi nel mondo del cinema ma ebbe la fortuna di trovare sulla sua strada due giganti come David Wark Griffith e John Ford con cui fece una serie western di grande successo, spesso interpretando il personaggio di Cheyenne Harry. Anche la carriera di Carey non ebbe contraccolpi negativi nel passaggio dal muto al sonoro: ebbe una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista per Mr Smith Goes to Washington di Frank Capra, e mantenne sempre un ruolo da star nel western fino al grande classico di Howard Hawks, Red River, accanto a John Wayne e al figlio Harry Carey jr. La rassegna delle Giornate presenta cinque film di Carey tra i quali Hell Bent del 1918 di John Ford, che allora si firmava Jack Ford.
Sarà reso omaggio anche all’artista e designer tessile Sonia Delaunay, a cui l’anno prossimo sarà dedicata una mostra alla prestigiosa galleria del Bard Graduate Center di New York. Nata a Odessa, studiò pittura in Russia e Germania prima di spostarsi in Francia, dove insieme al marito Robert Delaunay e altri artisti fondò il movimento dell’orfismo, caratterizzato da composizioni dinamiche di forme geometriche e colori contrastanti. Durante la prima guerra mondiale a Parigi e Madrid estese la sua attività alla creazione di costumi, ai tessuti e alla moda. Tra il 1925 e il 1929 collaborò anche a vari progetti cinematografici tra cui il “film alla moda” L’Elélégance presente nel programma delle Giornate assieme ad altri corti che testimoniano l’influenza di Delaunay sulla creazione dei costumi e più in generale il clima dell’avanguardia artistica della Parigi degli anni Venti.
Il Canone rivisitato, a cura di Paolo Cherchi Usai, riserverà quest’anno diverse sorprese, fra cui il nuovo restauro Lobster del leggendario film di Erich von Stroheim e Rupert Julian (che sostituì Stroheim durante la lavorazione) Merry-Go-Round (Donne viennesi, 1923); e Vendémiaire di Louis Feuillade, che grazie al recente ritrovamento alla Gaumont del nitrato originale si vedrà in una copia di straordinaria bellezza. In questa sezione compare anche Hell’s Heroes (Eroi del deserto, 1929) di William Wyler che descrive con crudo realismo la spaventosa atmosfera del deserto del West. È il primo film sonoro di Wyler, ma in quel periodo di transizione si facevano spesso due edizioni, quella muta destinata alle sale non ancora attrezzate per il sonoro, e sarà questa, restaurata dal George Eastman Museum, che sarà presentata a Pordenone.
Sempre nella sezione dedicata al Canone abbiamo l’italiano Ma l’amor mio non muore (1913) di Mario Caserini, con Lyda Borelli e Mario Bonnard, e il capolavoro espressionista tedesco Die Straße (La strada, 1923) di Karl Grune, che inaugura il genere dei “film di strada”.
Nel centenario della morte le Giornate rendono omaggio alla straordinaria figura di letterato e viaggiatore di Pierre Loti con un programma di 55 minuti che ricrea il suo mondo attraverso le immagini di alcuni dei luoghi da lui visitati e amati e frammenti di fiction che richiamano episodi della sua vita o personaggi dei suoi romanzi.
Sempre tra le immagini del mondo degli inizi del secolo scorso, la sezione della collezione Hans Berge ci fa viaggiare da Londra a Parigi a Tenerife, da Trinidad all’Australia.
Molto interessante è anche l’americano Harlem Sketches di Leslie Bain, del 1935, che testimonia le misere condizioni di vita della popolazione nera di Harlem durante la Grande Depressione. Da segnalare che la musica del film venne affidata a George Antheil, il compositore di Ballet mécanique di Fernand Léger, titolo che compare nel programma dedicato a Sonia Delaunay.
Tra le altre rarità del programma, Circe the Enchantress (Circe la Maga, 1924) di Robert Z. Leonard, riscoperto alla Cineteca di Praga, con una Mae Murray all’apice della carriera; e l’italiano La madre di Giuseppe Sterni, del 1917, con Italia Vitaliani, parente di Eleonora Duse. Dotata di non minor talento della celebre cugina, Vitaliani si dedicò soprattutto al teatro diventando anche capocomico, cosa assolutamente straordinaria per una donna.
Non manca nel programma un film di Robert Vignola, regista italo americano di cui molte volte le Giornate si sono occupate. Il titolo di quest’anno è The Love That Lives, del 1917.
Spazio anche per gli appassionati di sport con il film tedesco del 1924 di Arnold Fanck Der Berg des Schicksals [La montagna del destino], film di fiction sulla natura, secondo la definizione dell’autore che volle protagonisti il campione olimpico di sci Hannes Schneider e l’alpinista professionista Luis Trenker, che diventerà a sua volta maestro del genere dei film di montagna. Per il restauro del film di Fanck sono state digitalizzate le due ultime copie esistenti, una appartenuta al Gosfilmofond di Mosca e l’altra alla collezione privata di Leni Riefenstahl.
Un altro filmato riguarda il calcio e precisamente la squadra del Genoa, la più antica società calcistica italiana e tra le più blasonate, anche se le sue glorie appartengono a un passato molto remoto. Esattamente cento anni fa, dopo la vittoria dell’ottavo scudetto (ne vincerà ancora uno) quella squadra delle meraviglie venne invitata ad una tournée in Argentina e Uruguay, terre di grande emigrazione italiana. Sono venti minuti di riprese delle partite e degli stadi dove si disputarono, a Montevideo e a Buenos Aires, in una terra in cui il calcio oggi è una religione.
Le Giornate del Cinema Muto sono realizzate grazie al sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema, del Comune di Pordenone, della Camera di Commercio Pordenone-Udine e della Fondazione Friuli.

comunicato stampa