Loro sono i Satoyama, giovane formazione eporediese che avremo l’opportunità di ascoltare lunedì 7 novembre alle ore 20.00 presso lo spazio PS4 di Piazza Savorgnan a Marano Lagunare (link per la prevendita). L’occasione la presentazione del fortunato secondo album “Sinking Islands”. Li abbiamo intervistati per voi.

Come nasce il vostro gruppo e perché Satoyama? Nasce dall’esigenza di creare musica originale. Siamo tutti di Ivrea e frequentavamo gli stessi luoghi di aggregazione culturale. E’ stato naturale che incominciassimo a trovarci a suonare insieme nel garage di uno di noi quattro i primi brani sgangherati, ma originali. Satoyama è stato un nome che ci è apparso ed abbiamo scelto casualmente. C’era un disco di un’arpista finlandese (Iro Haarla) con una traccia stupenda intitolata “Satoyama”. Ci siamo guardati ed abbiamo deciso che era il nome giusto per noi. Dopo averlo scelto per il suono abbiamo scoperto del suo significato profondo e bellissimo. Un luogo di confine dove la natura è in equilibrio con l’essere umano.

Ho letto da qualche parte che “…. il jazz ha infinite declinazioni ….”. Quindi può essere tutto considerato Jazz? Che opinione avete. Il Jazz secondo noi è una musica che, come alle sue origini, si nutre di diversità culturali che si incontrano e confrontano. Quando questo succede a noi piace. Il Jazz, spesso si nutre di assoli ed improvvisazione in cui il solista è sotto la luce del riflettore. Nella nostra musica che, abbiamo definito “musica immaginifica” la cosa più importante, è la descrizione di un panorama sonoro che possa permettere all’ascoltatore di immergersi completamente nella musica.

Per continuare cos’è il jazz per la vostra generazione di musicisti? Il Jazz è una musica aperta ed accogliente per sua natura. Ci sono quindi molti filoni e derivazioni più o meno filologiche o meticciate. Sono anche nati in questi anni molti conservatori ad indirizzo musicale quindi la preparazione tecnica si è alzata molto e si è dato molto risalto al Jazz in molti cartelloni o trasmissioni.

È fresca la vostra vittoria del bando “Jazz IT Abroad” che vi porterà in giro per l’Europa questo mese di novembre! Quel’è stata secondo voi la chiave di questo importante riconoscimento? La chiave di questa vittoria è stata l’impegno che da dieci anni mettiamo in questo progetto. Cerchiamo sempre di avere una visione artistica ampia e di coinvolgere altri artisti. In “Jazz IT Abroad” sarà con noi dalla data di Vienna in poi, l’artista Lavia Lin. Offriremo al pubblico un spettacolo di live painting.

“Sinking Islands”, l’ultimo vostro lavoro è immerso in una grande atmosfera rarefatta e si sente questa melanconia per l’ambiente che soffre. Possiamo considerarlo una testimonianza per far riflettere sul tema del cambiamenti climatici? Si, è una testimonianza poetica. Non sarà un disco a salvare il mondo ma crediamo profondamente che un approccio poetico ed artistico al problema dei cambiamenti climatici possa far riflettere maggiormente rispetto ad un approccio più polemico e convenzionale. Siamo molto preoccupati per il futuro e ognuno di noi deve, nel quotidiano, fare quello che riesce per avviare un cambiamento. Se aspettiamo la politica…

“Un tributo alla terra e al mare, un tributo agli oceani e ai loro abitanti, dal capodoglio al plancton”. Avete scelto un’auto tassazione insieme all’associazione Build a Forest per finanziare progetti sulla difesa degli oceani. È una azione importante per un gruppo musicale, una militanza … Abbiamo deciso di autotassarci. Ogni volta che facciamo un concerto devolviamo, grazie alla nostra associazione Build a Forest, parte del cachet a Sea Shepherd Onlus per la salvaguardia dei mari. Abbiamo fatto diverse attività a tema ambientale come la piantumazione di 120 piante; organizzato, assieme a Fano Jazz Network, una conferenza sulla salute del mare Adriatico durante il festival Fano Jazz By The Sea; con il collettivo teatrale Biloura abbiamo creato uno spettacolo immersivo e poetico a sul problema dell’innalzamento dei mari. In questo tour, a Berlino, in uno spazio di co-working artistico (il C-Space), abbiamo organizzato un dibattito tra artisti sull’argomento “Arte ed ecologia, cosa possono fare gli artisti per rallentare il climate change”. A Copenhagen suoneremo in una cisterna per la raccolta dell’acqua abbandonata. Da una parte si alza l’acqua salata rendendo sterile la nostra terra, dall’altra le riserve di acqua dolce rischiano di diminuire a causa della siccità. Per questo abbiamo deciso di suonare Sinking Islands in un luogo così significativo.

Ci indicate due video che volete segnalare (vostri o di altri).

Stefano Buian © instArt