E’ un bel viaggio Inmusclâ, distribuito da Emerafilm per la regia di Michele Pastrello, disponibile dall’11 dicembre nella piattaforma Chili. Narra in forma simbolica e poetica lo smarrimento di una persona, che si inerpica per le montagne della Valcellina alla ricerca di sé stessa. Il viaggio della protagonista Lorena Trevisan – che ha scritto assieme a Michele Pastrello la storia di questo film – è costellato dall’inquietudine, da stati d’animo che si fondono senza soluzione di continuità con la bellissima e selvaggia Natura circostante. Le riprese sono state effettuate principalmente nell’Alta Valcellina, Claut, Andreis, Barcis. Luoghi magici e, per chi scrive, paesaggi che ricordano un’infanzia dorata e un’idioma forte e antico. Michele Pastrello ha scelto proprio la variante clautana della lingua friulana per completare il racconto, affidando a tratti alla poetessa Bianca Borsatti il compito di voce narrante. Nel 1757 Edumund Burke scrisse il saggio “Un’indagine filosofica sull’origine delle nostre idee di Sublime e bello”. Secondo Burke è sublime tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che agisce in modo analogo al terrore. E’ ciò che affascina ma che fa paura. La pittura seicentesca di Salvator Rosa rappresenta magistralmente i concetti espressi da Burke, che faranno parte del Romanticismo. L’artista non si limita a contemplare la Natura ma la trasfigura, proiettando su di essa la propria inquietudine interiore. La natura diviene specchio della spiritualità, stato d’animo, visione interiore, contraddistinta dalla presenza di forze misteriose e spesso distruttive. Gli alberi sbrecciati, i tronchi contorti, gli abissi e le rocce, sembrano assumere forme umane, così come pesanti nuvole grigie annunciano l’arrivo di una tempesta. La Natura selvaggia della Valcellina è – quindi – lo scenario ideale per intraprendere questo viaggio interiore. “Ogni male non ha scrupolo di ripresentarsi” è il sottotitolo che accompagna Inmusclâ. I fantasmi del passato sono sempre dentro di noi, è difficile scrollarseli di dosso. I Celti credevano nella circolarità della vita, nulla moriva e tutto rinasceva. Anzi, la morte precedeva la vita. Se la vita è un viaggio circolare, le nostre angosce ritorneranno sempre se non riusciamo ad affrontarle e a superare gli ostacoli creati dalle nostre paure. Da una poesia di Bianca Borsatti: N’i basta i colòrs de la théngia par colorì la mo Thelìna / L’udòr dei peròns al è al so udòr / No l’è aga pi néta e frèssa / La nas lassù / Al vuòm no’l riva co la so òs. Non bastano i colori dell’arcobaleno per colorire il mio Cellina / L’odore dei sassi è il suo odore / Non c’è acqua più pulita e fresca / Nasce lassù / L’uomo non vi arriva con la sua voce. E’ un film da vedere con attenzione Inmusclâ, che potrebbe essere tradotto con “invischiato”, o forse, meglio ancora, “imprigionato dal muschio”. Consiglio di seguire la trama ritagliando un angolo di tempo in assenza di rumori, lontani dal tran tran quotidiano: ciò è necessario per poter gustare nel profondo il lavoro eseguito in fase di ripresa, montaggio e cura della fotografia. Oltre alla protagonista appaiono Leonardo Benetazzo, Romina Povelato e Maddalena Benetazzo: Gaia Filippin ha curato l’assistenza alla regia, le musiche sono state create da Meydan e John Bartmann. L’opera sta già ottenendo importanti riconoscimenti: Lorena Trevisan è stata premiata come migliore interprete al Festival del Cinema indipendente Monza Cine fest. Abbiamo incontrato Michele e Lorena ed è nato questa breve intervista.
Michele e Lorena, innanzitutto, complimenti per Inmusclâ. Ci raccontate la genesi dell’opera? Come è nata l’idea di ambientare la vicenda nei boschi della Valcellina?
La genesi di tutto è riconducibile ad un luogo – la Valcellina d’inverno – che si è incontrato con il mio percorso personale e artistico. Era da tempo che, tra me e me, riflettevo sul concetto più o meno astratto di geografia mentale finché mi sono imbattuto nel psicobiologo Alberto Oliviero, che ci rammenta che “Il cervello ha una sua vita nascosta, privata, un insieme di attività e funzioni di cui non siamo consapevoli. Dai semplici riflessi all’emozione, dai desideri alla memoria, dalla nascita di idee creative alle decisioni, la mente oscilla tra conscio e inconscio, tra trasparenza e oscurità”. Un po’, a pensarci bene, il nucleo del thriller in Inmusclâ.
A tratti nel film si sente la voce narrante della poetessa Bianca Borsatti. Ho sempre pensato che la variante della lingua friulana parlata a Claut e, più in generale, nei paesi della Valcellina, abbia una forza atavica, evocata magistralmente in un saggio (purtroppo) poco conosciuto da Giuseppe Malattia della Vallata. Cosa pensate a proposito di questo?
Non conosco ahimé il saggio di Giuseppe Malattia di cui parli, noi ammetto però che siamo andati molto d’istinto. L’incontro con la poetessa clautana Bianca Borsatti è avvenuto a produzione iniziata ed è stato casuale, tramite la lettura di un libro di Beno Fignon. La lettura delle sue poesie in clautano è stata illuminante ai fini artistici: mi son detto, in un film intriso di mistero, un mistero dettato dalla mente, sarebbe ancora più icastico se le poche parole dette fossero in una variante linguistica così sconosciuta ai più. Bianca Borsatti è tra l’altro l’autrice dell’unico vocabolario Italiano-Clautano, una delle poche testimoni autentiche di una variante linguistica affascinante che rischia di scomparire.
Michele, dal punto di vista strettamente tecnico, quanto è stato difficoltoso girare le scene e assemblarle?
Posso dirti che non è stato difficile, ma lungo. Quando andavamo a girare potevamo farlo solo in determinate fasce orarie in cui il sole veniva celato dalle montagne, ciò riduceva le ore di produzione. Il montaggio invece è stato più complicato, date le tante ore di girato. Sicuramente, essendo un film fatto tutto da me, ciò è costato molto sudore. Anche perché, pignolo come sono, cerco che la confezione filmica sia quanto più possibile professionale e cinematica.
Lorena, è un’operazione coraggiosa, quella da voi intrapresa. Scrutare l’animo umano, scoprire o ri-scoprire la natura delle nostre inquietudini.
Sicuramente non è un’opera per chi va di fretta o per chi cerca solo il facile “opinionare”. E’ un’opera, seppur breve, con tempi volutamente dilatati. Ritengo, in tal senso, che ogni percorso (aka, cammino) per guardare in faccia le nostre ferite sia lento, ripetuto, quasi tedioso e io ho voluto in sede di scrittura inserire anche questo aspetto che, di norma, il cinema commerciale ti chiede di evitare.
Il paesaggio che cambia, così come il colore, è lo stato emotivo che ci portiamo addosso. Ognuno di noi ha ricordi dolorosi, ferite mai rimarginate, da curare. E’ questa una possibile chiave di lettura di Inmusclâ?
Il film svela le carte fin dall’inizio allo spettatore, citando Erik Erikson che nei suoi scritti sullo sviluppo del bambino riprende la teoria della coazione a ripetere intuita da Freud. Per cui la chiave di lettura di Inmusclâ è simbolica e usa il luogo come un paesaggio della mente della protagonista. Essa stessa si ritrova sempre nello stesso luogo che, a prima vista, può sembrare diverso ma che invece è sempre lo stesso. La domanda sottintesa è: ma come mai sono di nuovo qui?
Michele, come collocheresti Inmusclâ nella tua personale collezione di opere?
Credo che lo collocherei per ora come la summa delle mie opere. Quella in cui meno rispetto al passato mi son fatto remore di trovare compromessi di piacere: una libertà creativa che rende il risultato secondo me efficace liricamente ma che, al contempo, paga dazio con il mondo dei festival, che ragionano sovente in modi che con l’arte e il rispetto del film non c’entrano nulla.
Ritenete che in questo momento si stia sviluppando un’azione di riscoperta – valorizzazione di opere come la vostra?
E’ una domanda a cui non so rispondere. Però posso dirti che le volte che abbiamo presentato l’opera dal vivo l’immersione intima che la pellicola propone funziona e abbiamo ricevuto feedback introspettivi che non ci aspettavamo. Ritengo Inmusclâ un’opera di connessione se la si accoglie nel verso giusto.
Michele, so che hai già ricevuto diversi riconoscimenti ed è giunto anche per Inmusclâ il Premio a Lorena come migliore interprete al Monza Cine Fest. Pur non essendo un grande estimatore dei Premi in generale, in quanto ritengo che il valore artistico espresso non sempre corrisponda al giudizio delle giurie – influenzato anche dagli interessi sottesi alle produzioni – oltre, naturalmente, a congratularmi vorrei sapere come è stata accolta fino ad ora l’opera e quali aspettative riservate per questo mediometraggio.
Io e Lorena concordiamo con te: vorremmo che i festival cinematografici fossero solo eventi vetrina, senza questa concezione del premio e della giuria. Lasciare cioè che le opere siano libere, visibili e approfondirle invece che creare sempre un sistema a competizione, o di etichettatura o di durate. Anche io purtroppo sono dovuto scendere a patti con ciò talvolta nel promuovermi, perché la narrazione dominante vuole che il valore di un’opera sia legata al suo successo e, per promuovere appunto un tuo lavoro che ti è costata tanta fatica, devi scendere a compromessi ahimè. Per le aspettative, infine, su Inmusclâ, è una e molto semplice: che sia il più possibile visto. Il film è stato visionato ed apprezzato da vari critici come Rudy Salvagnini, Raffaele Meale, Daniela Catelli, ma il fatto d’aver girato un mediometraggio mi si è rivolto contro (lo sapevo, comunque), perché molti festival ragionano un tanto al chilo e ti dicono: “sì bello, ma con il tuo che dura 35’ posso metterne al posto 4’ che durano 8’ ”. Ti rendi conto?
Inmusclâ è visibile attraverso la piattaforma Chili. Sono programmate nuove proiezioni e partecipazioni in altri Festival?
Abbiamo voluto e cercato la distribuzione tvod e, grazie ad Emerafilm, abbiamo avuto questa opportunità. Volevamo arrivare alla gente, a coloro che la sera nelle loro stanze sono curiosi, a chi ha voglia di mettersi in viaggio col film e su quello abbiam puntato. Siamo stati all’Edera Film Festival e siam stati invitati a Claut, bellissima serata molto partecipata per un paese di montagna. Abbiamo pure proposto mesi fa ai nostri rispettivi comuni di residenza, a Scorzè e a Spilimbergo, se avessero desiderio di condividere con le nostre comunità una serata di proiezione gratuita, ma i politici con cui ci siamo interfacciati han (per ora) dimostrato a parole interesse e nei fatti disinteresse. Nulla che non suoni con note conosciute, purtroppo.
https://it.chili.com/