Un unico attore a dare voce e corpo a tre padri, diversi per estrazione sociale, geografica e lavorativa. Ritratti di padri “sbagliati” e in piena crisi alle prese con il mestiere più bello e difficile del mondo: crescere un figlio o una figlia.
Usa molta ironia e sarcasmo Mario Perrotta autore e interprete di “In nome del padre”, lo spettacolo visto al teatro Ristori di Cividale del Friuli il 15 gennaio, per raccontare questo nostro tempo che segna “l’evaporazione del padre e di tutti i suoi simboli” (come asserisce Massimo Recalcati psicanalista consulente alla drammaturgia della messa in scena).
Un lavoro prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano che ha debuttato nel dicembre 2018 e che rappresenta il primo capitolo di una trilogia tutta dedicata alla famiglia: padre, madre e figli.
Un progetto nato innanzitutto da un’urgenza personale vista la condizione di padre di Perrotta che ha scritto un testo efficace e irreprensibile per consegnarci i ritratti di tre padri nei quali però se ne potrebbero riconoscere assai molti di più. Li ha osservati nella quotidianità, ne ha riflettuto con Massimo Recalcati e gli ha dato corpo, voce e pensieri, svelandone l’assoluta e comune incomprensione nel rapporto con i rispettivi figli. Uno sguardo sul presente che ci sbatte in faccia la mutazione delle famiglie millennial.
In uno spazio scenico occupato solo da tre manichini di ferro, l’attore leccese interpreta i tre padri (i figli sono solo evocati ma la loro presenza si sente, eccome!) affidandosi esclusivamente a caratterizzazioni fisiche, espressive e vocali.
Le personalità, le paure, gli imbarazzi, le incomprensioni di ciascuno dei tre sono perfettamente evidenti.
Il giornalista siciliano alle prese con il figlio Virgilio, un perfetto hikikomori, chiuso nella sua stanza e sordo alle insistenti domande del padre.
Il capofficina veneto convinto che suo figlio Alessandro si vergogni di lui perché si esprime in dialetto ed è culturalmente scarso.
Il napoletano eternamente giovane, tutto discoteca e tarocchi, che con la figlia Giada si comporta da coetaneo, instaurando con lei un rapporto morboso che inquieta la ragazzina sempre con le cuffie addosso.
In tutti i casi, padri disconnessi, di dialoghi mancati confusi e in piena crisi, incapaci di calarsi in un ruolo che non sembrano conoscere/volere più, privi di qualsiasi autorevolezza (potrebbe essere diverso?).
Perrotta non perde mai il ritmo, scivolando con impressionante naturalezza da un protagonista all’altro, forte di una fisicità precisa, perfettamente controllata e di una vocalità brillante nelle differenti, inequivocabili cadenze dialettali.
Uno spettacolo impegnativo, che non dà certo soluzioni ma che stimola alla riflessione non solo i padri ma un po’ tutti gli spettatori considerata l’importanza del tema trattato e la ricchezza del testo proposto.
Il pubblico del Ristori ha gradito e ha tributato a Mario Perrotta un lungo, caloroso applauso finale.

“In nome del padre” sarà a Udine (Palamostre, ore 21) il prossimo 26 marzo 2020 per il cartellone della 38^ stagione di Teatro Contatto (biglietteria@cssudine.it – tel 0432-506925).
Assolutamente consigliato.

Rita Bragagnolo © instArt