Primavera 1946, l’Italia entra nella modernità, con un passo importante: per la prima volta le donne possono votare. Il loro esordio alle urne arriva con le elezioni amministrative tra marzo e aprile, e poi il 2 giugno – data di portata storica ben maggiore – con il referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e con l’elezione dell’Assemblea Costituente. Alla chiamata elettorale la risposta delle donne è massiccia. In tutto il Paese vota l’89% delle aventi diritto, in Friuli è l’88,5%. Ma cosa ha significato il riconoscimento del suffragio universale femminile nel nostro territorio? Chi sono le friulane che entrano per la prima volta nella cabina elettorale? E le candidate nelle liste? Questi interrogativi sono i presupposti alla base della mostra “Che genere di voto. Immagini e parole dalla stampa friulana sul primo voto alle donne 1946-1948”, che presenta i risultati iniziali di un originale e articolato progetto di ricerca e studio voluto e portato avanti dal Coordinamento regionale Donne ANPI e dall’associazione SeNonOraQuando? di Udine sulla rappresentanza di genere in Friuli Venezia Giulia. Sede della mostra è palazzo Antonini, dove potrà essere visitata, con ingresso libero, fino al 30 giugno. Disparità e discriminazioni nei confronti della “donna politica” sono ancora molto presenti e determinati da pregiudizi radicati e difficili da estirpare, nonostante anni di lotte per l’emancipazione femminile e numerose conquiste nell’ambito dei diritti civili. La ricerca, da cui è scaturita la mostra, invita a comprendere i tempi attuali attraverso la valorizzazione e la divulgazione della storia anche al fine di favorire il superamento delle discriminazioni di genere. L’esposizione mette in evidenza come il Friuli accoglie l’ingresso delle donne nello spazio elettorale da elettrici, candidate ed elette, osservando i vari orientamenti dell’opinione pubblica, dei partiti e delle prime organizzazioni femminili. Il focus è posto sulla stampa locale dove si cerca di individuare il tipo di comunicazione utilizzata da varie testate alla luce dell’ottica di genere. Si tratta di modelli femminili differenti a cui le potenziali elettrici vengono indirizzate per orientare il loro voto. Tra i diversi periodici dell’epoca, nel Friuli liberato esce dalla clandestinità “La Donna Friulana”. È il primo giornale scritto da donne per le donne, chiaramente schierato a sinistra. Lo dirige Gisella De Crignis in Baracetti, originaria di Ravascletto e già staffetta partigiana. In vista delle elezioni amministrative, il foglio esorta le donne a unirsi, indipendentemente dal partito di appartenenza, e a organizzarsi in un unico movimento, per essere protagoniste della ricostruzione. Il modello cui ispirarsi è quello della donna sovietica, non perchè «sana, bella e naturale», ma per il ruolo che essa è riuscita a conquistare nelle istituzioni e nelle gerarchie politiche ed economiche. Nell’appello al voto, “Il Nuovo Friuli”, organo di informazione settimanale della Democrazia Cristiana impronta il dialogo con l’elettorato femminile proponendo un’immagine di donna responsabile e operosa, vero centro della famiglia e quindi della società per le sue doti di «serenità, armonia e buonsenso». Il periodico della Federazione provinciale del Partito Comunista “Lotta e Lavoro”, invece, punta a sfatare lo stereotipo della donna comunista «maschietta arida e amorale», anche esse sono madri affettuose, spose innamorate e fedeli. A differenza de “La Donna Friulana”, il resto della stampa parla a una donna considerata unicamente come elettrice, non certo come candidata eleggibile e adatta a una qualsiasi carica politica, pertanto deve incarnare e corrispondere a una precisa idea di femminilità: sono modelli coniati dai partiti e fondati sulla loro diversa concezione della ricostruzione e della società che punta, nonostante le differenze ideologiche, a ristabilre ordine e moralità dopo l’esperienza della guerra. Accanto agli articoli e alle vignette che testimoniano gli sguardi, le opinioni e gli umori sulla donna in politica, la mostra entra ancora più in concreto. Presenta, infatti, l’analisi dei risultati elettorali sulla base delle candidature femminili alle amministrative e all’Assemblea costituente nell’elaborazione numerica di Alessio Fornasin, docente dell’Università di Udine. Dalle liste presentate dai partiti nella tornata amministrativa 1946-1947, emerge in modo lampante come la politica è luogo decisionale attribuito all’autorevolezza maschile, alla donna spettano altri compiti. «In Friuli e nel Pordenonese, solo 41 su un totale di 179 comuni presentano candidature femminili. Sono soltanto 83 le candidate su 5.230 eleggibili. Ciò dimostra un enorme gap di genere della rappresentanza: l’1,6% dell’insieme dei comuni esaminati. spiega Antonella Lestani, referente del Coordinamento regionale Donne ANPI -. Le informazioni che il nostro gruppo di lavoro ha raccolto nel corso di un anno e mezzo, faticosamente a causa della pandemia, negli archivi di molti comuni avvalorano il diffuso atteggiamento di diffidenza verso le donne da parte dei colleghi dei vari partiti. In seguito, molte saranno costrette a rinunciare all’impegno in politica, per tornare a dedicarsi alla famiglia». La mostra è allestita nell’atrio di palazzo Antonini. Potrà essere visitata fino al 30 giugno, con il seguente orario: da lunedì a venerdì 9.30-17.30; sabato 9.30-12.30. L’ingresso è libero.
comunicato stampa