Ore 7,00 del mattino, Sant’Odorico di Flaibano, Parco sul Tagliamento: A fare da sottofondo un tappeto sonoro di cicale che salutano il mattino con il loro incessante, ipnotico frinire. Un prato tra gli alberi in un’area golenale tra gli argini del fiume Tagliamento non è certo una sala da concerto ma forse è qualcosa di più, è un tempio vegetale dell’alba nel quale la musica diventa subito preghiera e liturgia. Non ci poteva essere luogo migliore per le orazioni del mattino in jazz del sofisticato e luminoso Francesco Minutello 4et, un ensemble che può vantare artisti tra i migliori a livello nazionale che presentava l’ultima incisione “We Live the Present” (Artesuono 2021).

Musica in Villa del Progetto Integrato Cultura (P.I.C.) a cura di Gabriella Cecotti si conferma come laboratorio musicale unico e sempre all’altezza delle sfide sempre più impegnative che affronta e, vista anche l’eccezionale risposta del pubblico affezionato e mattiniero, sempre vincenti.

A chi verrebbe in mente di ascoltare un quartetto jazz una domenica mattina di luglio, sembrerebbe un’impresa impossibile e invece non è così per chi sa osare e crede che le buone proposte culturali sono sempre apprezzate e seguite “perché non di solo pane vive l’uomo”. La musica quando si sposa con il nostro meraviglioso paesaggio nutre i nostri cuori e le nostre menti anche nei luoghi più insoliti e nei momenti più impensabili.

Come si dice in questi casi, una “cornice meravigliosa” come quella dei prati e dei boschi che costeggiano il greto di sassi del fiume che è padre delle nostre terre è davvero unica e merita che ce ne riappropriamo dopo tanti mesi di chiusura e di isolamento più o meno rigido. Abbiamo bisogno di ricominciare a respirare l’aria del mattino nel nostro presente esplorando momenti della nostra giornata che per pigrizia o per abitudine a volte trascuriamo. Dobbiamo vivere il nostro presente con gioia e partecipazione come se potesse esserci rubato in ogni momento da qualcosa di imprevisto e imprevedibile. Carpe diem dicevano gli antichi, Vivi pienamente, senza rimpianti nel sole del mattino di ogni giornata.

Brano dopo brano incamminiamoci lungo il sentiero di questo concerto e guidati dalla stella del mattino vediamo dove ci conduce e si perdonerà la possibilità di qualche inesattezza nei titoli in scaletta colti ad orecchio durante l’esecuzione.

E’ decisamente spiazzante la tromba che inizia suonando alle spalle del pubblico avvicinandosi lentamente al palco ricavato tra grandi maestosi pioppi. E’ il trucco più vecchio del mondo ma funziona sempre e il suono sembra scaturire, sprigionarsi dalla natura stessa come un miracolo inaspettato e inaudito.

Sono le prime note di “Gymnopédie n°1 (Lent et douloureux)” di Erik Satie ispirata alle danze processionali degli efebi spartani, uno dei brani più importanti della musica d’arte senza il quale non avrebbe nemmeno senso il termine contemporaneità. Suonato dal quartetto ha l’effetto di un balsamo composto dalle note sapienti del piano di Gianpaolo Rinaldi, dal tocco sornione di Simone Serafini al contrabbasso e dalle bacchette di Max Trabucco tenute insieme dal flicorno e dalla tromba del leader.

Sarà il luogo, sarà la levataccia, sarà che la magia arriva quando meno te lo aspetti ma i quattro insieme hanno un suono fantastico nella luce del mattino e nel profumo d’erba inebriante. Presentano il terzo disco di questa formazione che ha avuto una lunghissima lavorazione di sei anni compreso il covid e la nascita del figlio Pietro a Minutello; il piccolino in braccio alla mamma Sara è al suo primo concerto che naturalmente gli viene dedicato.

– “Liberty”, il secondo brano è una composizione originale del trombettista e band leader. Quella che descrive è una forza misteriosa anche attraverso effetti d’eco e distorsioni live electronics sulla tromba; le diavolerie elettroniche contribuiscono a far sembrare ancora più inafferrabile il sound e il concetto sul quale si vuole riflettere. Anche il suono errabondo del contrabbasso ci racconta di come sia sfuggente la libertà, ma è il pianoforte a consolarci e a rassicurarci con la vibrazione delle sue corde, tutto sembra a portata di mano, vicino, concreto come l’incedere del rullante. La libertà è dolce e amara ma siamo rimasti in gara come dice il poeta.

– “My life is now, we live the present” è il brano che da il titolo all’album ed è l’ultimo scritto da Marco Tamburini maestro del trombettista Minutello, prima di andarsene troppo presto a causa di un incidente motociclistico (il 29 maggio 2015 all’età di 56 anni).

La tromba appare sempre venata di screziature di nostalgia e sa essere morbida e dolcissima anche negli acuti più lamentosi e strazianti, conservando sempre un tono confidenziale come di chi parla ad un gruppo di cari amici con voce calma e pacata. Non inquietano nemmeno gli insistiti giochi sonori e i riverberi della pedaliera che distorcono per un attimo infinito la narrazione lineare senza disturbarla minimamente ma garantendo quel pizzico di esotismo e stranezza che rende tutto più sapido e intrigante.

– “Question Mark” mette in luce immediatamente il gioco imperativo e orientaleggiante di Serafini sulla tastiera che in apertura di brano rimane solo con le cicale in un silenzio ritmato, sfinito, attento e presente fino all’intervento di Trabucco al Gong che rende la bellezza di quel preludio ancora più velata e seducente.

L’entrata del pianoforte seguito dalla tromba questa volta lirica e a tratti virtuosistica, restituiscono l’immagine di un viaggio e di una lunga strada che si perde in lontananza nel fitto del bosco. Stupisce davvero la gentilezza tutta tecnica del batterista che sottolinea e carezza le linee melodiche e ritmiche senza mai sovrastarle, le suggerisce e le indica solamente, quanto basta con equilibrio perfetto.

– “Boundary” è la composizione con cui inizia il nuovo disco, anello di congiunzione con quello precedente e nella quale si riassumono le tematiche, certo meno confidenziali e distese, con quel tanto di straniamento voluto e procurato a bella posta dalle distorsioni e dagli effetti della tromba e dal martellare inarrestabile del piano e del contrabbasso che si fanno più presenti nel loro incedere, quasi a rimarcare una promessa o un impegno che non può essere delegato, trasceso o dimenticato in nessun caso. Il legame esiste punto e basta, nessuno lo può troncare.

– “Immaginando te” è dedicato con commozione al piccolo Pietro, figlio del trombettista. Anche il pianoforte di Rinaldi dimostra di saper giocare sui riverberi e le risonanze per quanto possano suonare bizzarre queste parole in un luogo del tutto aperto e campestre.

E’ di reminiscenze che il brano racconta, ce ne accorgiamo mano a mano che entrano gli altri strumenti, il discorso è quello di chi vuole trasmettere un messaggio da una generazione all’altra e non sa bene dove sta sbagliando o se lo sta facendo davvero. Per ora limitiamoci a segnalare una nostra mancanza, un rimpianto da farci mancare le parole e il respiro che ci spinge e ci forza a rimemorare.

– “Dejà Vu” appartiene all’album precedente che iniziando con un assolo di batteria conferma l’impressione avuta durante tutto il concerto, sulla raffinata eleganza e la delicatezza nel tocco del batterista. Tutte qualità che non mancano certo agli altri componenti della band ma che in Trabucco si esaltano e si mostrano in tutta evidenza.

Il bis è riservato a “World Business”, quasi una nenia, una ballad romantica al ritmo di un complicato valzer, nel quale s’abbracciano idealmente con gioia il contrabbasso e il pianoforte per un ultimo giro di pista.

A questo punto possiamo ribadire con cognizione di causa che non è troppo strano alzarsi al mattino presto per andare a sentire il jazz in un parco in riva al fiume, c’è ben di peggio. Per esempio, come aver paura di uscir di casa per mesi per il terrore di contrarre il morbo che ancora oggi ci impedisce di stringerci la mano o abbracciarci con serenità e senza che un maligno retro-pensiero di possibilità di contagio ci tormenti.

Per tutto questo grazie ai musicisti, a Gabriella Cecotti e all’amministrazione comunale che ha permesso lo splendido incontro tra gli alberi e di là dal fiume. Grazie anche per il caffè caldo di moka e le deliziose brioches finali, ci volevano proprio per una perfetta colazione sull’erba, come dicono i francesi “déjeuner sur l’herbe”, ottima e abbondante con quattro splendidi musicisti, vivendo il presente.

© Flaviano Bosco per instArt