Uno spettacolo lacerante ma necessario, un testo che scuote le coscienze, racconti e testimonianze narrate in prima persona che suscitano dolore e pietà. Uno straordinario esempio di teatro civile per strappare all’oblio una pagina di storia di immane e assurda atrocità che ancora oggi provoca, in chi possiede almeno un briciolo di umana sensibilità, un senso di profonda sofferenza e incontenibile disgusto.
“Il cacciatore di nazisti” è il titolo del monologo andato in scena lo scorso 24 gennaio (replica il mattino successivo di una recita riservata alle scuole) al Teatro Nuovo di Udine, per la stagione di Prosa 2022/2023 – Cartellone Tempi Unici, un testo che racconta la storia di Simon Wiesenthal, un lavoro teatrale del quale Giorgio Gallione ha firmato la drammaturgia e la regia.
Remo Girone è lo straordinario interprete cui è affidato il ruolo di Simon Wiesenthal,  l’ebreo polacco passato alla storia per essere riuscito a intercettare più di mille criminali di guerra sfuggiti alla giustizia. Classe 1908, aveva 38 anni quando nel maggio del 1945 venne liberato dal campo di sterminio di Mauthausen (l’ultimo dei 5 campi in cui era stato relegato). Un uomo che, sopravvissuto all’orrore della Shoah, ha dedicato il resto della sua esistenza a dare la caccia ai responsabili dell’Olocausto, “non per vendetta, ma per giustizia” consegnando al giudizio del mondo i criminali responsabili della morte di oltre 11 milioni di persone.
La scena firmata da Guido Fiorato entro la quale si muove il protagonista rappresenta una wunderkammer, una camera delle meraviglie, una rappresentazione della stanza-museo del Centro di documentazione ebraica, vera e propria sede operativa di Wiesenthal a Vienna. Ci sono pile di schedari e scaffali di archiviazione, ci sono sacchi con all’interno oggetti appartenuti alle vittime che vengono svuotati quando il racconto necessita di esemplificazione. C’è una parete angosciante con tanti occhi spalancati verso la platea: una tremenda e ineccepibile testimonianza dell’orrida prassi attribuita al dott. Mengele di collezionare occhi umani, spillati come farfalle.
Nel 2003, in quello che fu il suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione, Wiesenthal dà libero sfogo alla memoria rivelando episodi emblematici dei 58 anni spesi a dare la caccia ai criminali di guerra nazisti sfuggiti al tribunale di Norimberga e responsabili della morte di più di 11 milioni di persone tra le quali 6 milioni di ebrei.
Sono storie di uomini e donne vittime di quella feroce banalità del male che non potrà mai trovare giustificazione e la cui genesi resta incomprensibile. Sono proprio queste vicende, oltre che di quella vissuta in prima persona, che hanno dato a Wiesenthal la forza, la determinazione per investigare ostinatamente per tutta la vita fino a scovare e far catturare molti responsabili dell’Olocausto. Una missione che alla fine ha consentito all’ex prigioniero numero 127371 di consegnare alla giustizia oltre un migliaio di criminali nazisti da Karl Silberbauer, il sottoufficiale della Gestapo che arrestò Anna Frank a Franz Stangl, comandante dei campi di Treblinka e Sobibor fino ad Adolf Eichmann, l’uomo che pianificò la soluzione finale.
Appassionata e intensa la recitazione di Remo Girone, misurato e preciso nei gesti, pertinente nei toni della voce, che conferisce a Wiesenthal una caratterizzazione avvincente sia quando si misura con la pura narrazione sia quando si lascia andare a riflessioni dolorose e scoraggianti.
Uno spettacolo di grande forza emotiva, amaro e impegnativo per ribadire l’irrinunciabile bisogno di mantenere vivo il ricordo di quello che è stato il genocidio e della Shoah.
Le ultime parole con cui Girone/ Wiesenthal si congeda dal palco sono quelle di un messaggio realmente ritrovato tra gli effetti personali di una giovanissima vittima.
“Non dimenticatemi mai. Mi fido di voi”.
Applausi prolungati, commossi e liberatori a suggello di una serata di grande teatro civile.

instArt 2023 / Rita Bragagnolo ©