Si è avviata in questi giorni “I Luoghi del Cuore” la campagna nazionale per i luoghi italiani da non dimenticare, promossa dal FAI – Fondo Ambiente Italiano in collaborazione con Intesa Sanpaolo, giunta alla decima edizione. È il più importante progetto italiano di sensibilizzazione sul valore del nostro patrimonio che permette ai cittadini di segnalare al FAI attraverso un censimento biennale i luoghi da non dimenticare.
Ognuno di noi è infatti emotivamente legato a posti che sente particolarmente cari – monumenti, chiese, palazzi, musei, interi borghi, boschi, laghi, fiumi, … – che rappresentano una parte importante della sua vita e che vorrebbe fossero protetti per sempre. Grazie al censimento del FAI, tutti – maggiorenni, minorenni, stranieri, italiani, enti pubblici, enti privati e scuole (attraverso un modulo di raccolta firme dedicato agli istituti scolastici) – possono indicare “I Luoghi del Cuore” e accendere i riflettori su quelli che vorrebbero non solo tutelare ma anche valorizzare e far conoscere.
COME FUNZIONA
“I Luoghi del Cuore” si articola su un ciclo biennale:
- negli anni pari viene lanciato un censimento e, da maggio a dicembre, si raccolgono le segnalazioni dei luoghi più amati;
- negli anni dispari, da marzo a giugno, viene aperto un bando sul quale possono candidare un progetto tutti i luoghi che l’anno precedente hanno ottenuto almeno 2.000 voti al censimento, tramite il quale richiedere un contributo economico o la collaborazione tecnica del FAI in specifici ambiti.
Ma la forza de “I Luoghi del Cuore” non si ferma qui: grazie alla sensibilizzazione di popolazione e media, in molti casi la partecipazione al censimento, anche in caso di mancato posizionamento ai vertici della classifica, ha dato comunque risonanza alle richieste dei cittadini, creando un prezioso collegamento con istituzioni e associazioni locali. Le collaborazioni virtuose scaturite hanno permesso la rinascita di beni a rischio degrado, abbandono o scomparsa attraverso lo stanziamento di altri fondi o la realizzazione di interventi a favore di una maggiore fruibilità dei luoghi. Ne è un esempio la Tomba degli Scudi, nel sito Unesco di Tarquinia (VT), da decenni chiusa e 63ª classificata nel 2014 con 5.681 voti: grazie a “I Luoghi del Cuore” gli importanti affreschi che custodisce sono stati restaurati e la tomba ha iniziato a essere aperta periodicamente al pubblico dalla Delegazione FAI di Viterbo grazie a un accordo con il MiBACT.
LA FASE DI VOTO: DALL’8 MAGGIO AL 15 DICEMBRE 2020
Fino al 15 dicembre 2020 si può partecipare al censimento online o firmando i moduli cartacei. Il riferimento è sempre il sito www.iluoghidelcuore.it.
Votare online è semplicissimo: basta cercare nella maschera i propri Luoghi del Cuore ed eventualmente inserire quelli che non sono ancora presenti e poi esprimere la propria preferenza. Ognuno può votare più luoghi, ma per ognuno può esprimere solo un voto.
Per i moduli cartacei, sempre dal sito, dopo avere cercato nella maschera il proprio Luogo del Cuore, si potrà scaricare il format personalizzato, stamparlo e, quando sarà possibile, diffonderlo per raccogliere le firme e poi ricaricarlo sul sito.
IL CONTRIBUTO DI FAI E BANCA INTESA SAN PAOLO E IL BANDO 2021
I primi 3 luoghi in classifica e i vincitori delle classifiche speciali, dedicate ai “Luoghi storici della Salute” e all’ “Italia sopra i 600 metri”, riceveranno un contributo economico a fronte di un progetto concreto, promosso dal territorio e concordato con il FAI. Nel dettaglio: 50.000€ al primo classificato, 40.000€ al secondo classificato, 30.000€ al terzo classificato. Ai vincitori delle classifiche speciali: 20.000€.
Tutti i luoghi con almeno 2.000 voti, l’anno prossimo (2021) potranno partecipare al Bando per un intervento sulla base di un progetto. Le richieste potranno prevedere: l’erogazione di un contributo economico (massimo 30.000 euro e necessario un cofinanziamento) oppure un’istruttoria presso gli Enti di tutela.
I LUOGHI DEL CUORE SOSTENUTI DAL FAI IN FVG
“Abbiamo deciso di raccogliere quattro istanze del territorio, come abbiamo fatto in passato, ad esempio nel 2012 con il Parco del Castello di Miramare, insieme all’Università degli Studi di Trieste e a Il Piccolo – ha dichiarato Tiziana Sandrinelli, Presidente Regionale del FAI Friuli Venezia Giulia e Coordinatore Delegazioni in Consiglio di Amministrazione FAI – La richiesta di mobilitazione “dal basso” per noi è un segnale particolarmente positivo, che testimonia quanto nella collettività si sia sviluppato sempre più in questi anni, anche grazie all’operato del FAI, un senso di appartenenza per il patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale che ci circonda e che quindi si vuole richiedere venga tutelato. La salvaguardia di questo patrimonio, rappresentata da quattro luoghi così differenti per tipologia e storia, significa la volontà di tutelare e valorizzare luoghi già in grado di attirare cittadini e turisti e che ci si auspica possano farlo in maniera maggiore in futuro, e conseguentemente di generare occasioni di crescita non solo culturale, ma anche economica”.
Per l’edizione 2020 de “I Luoghi del Cuore” la Presidenza Regionale FAI FVG, le Delegazioni, i Gruppi e i Gruppi Giovani presenti in FVG sostengono le candidature di:
- Stabilimento balneare Pedocin – Bagno marino “La Lanterna” a Trieste
- Villa Ottelio Savorgnan a Aris di Rivignano (UD)
- Chiesetta di Sant’Agnese a Porcia (PN),
- ex Convento di Sant’Antonio Abate a Sacile (PN)
VOTAZIONI
Tutti i luoghi sono già votabili cercandoli su www.iluoghidelcuore.it
IL SENSO DEL CENSIMENTO: SENSIBILIZZAZIONE; CONOSCENZA; TUTELA E VALORIZZAZIONE
I risultati ottenuti dal progetto sono straordinari, a dimostrazione della sua valenza sociale e di come il FAI venga percepito come un interlocutore, a volte l’unico, cui rivolgersi con fiducia e speranza per chiedere azioni concrete. Votare i propri luoghi del cuore è dunque un grande gesto d’amore, individuale e collettivo; uno strumento semplice e diretto per accendere i riflettori dell’opinione pubblica su luoghi d’arte e natura bisognosi di cure e che, come un termometro, dà la misura del forte legame – che ci auguriamo possa continuare a crescere – tra la popolazione e il proprio patrimonio.
Grazie al censimento:
- l’opinione pubblica viene sensibilizzata sull’importanza di proteggere e valorizzare i beni del nostro territorio.
- i luoghi più amati sono portati all’attenzione della comunità e delle istituzioni locali e, se i voti raccolti sono numerosi, anche nazionali
- si mette in moto un’azione efficace che può innescare un processo virtuoso di tutela e valorizzazione e per prendersi cura del nostro patrimonio.
I NUMERI DE “I LUOGHI DEL CUORE”
Dal 2003 – anno della prima edizione – a oggi il FAI ha ricevuto oltre 7 milioni di voti, di cui più di 2 milioni solo nell’edizione 2018, per più di 37.000 luoghi dalle tipologie più varie, alcuni segnalati da una sola persona, altri riconosciuti importanti a tal punto da spingere decine di migliaia di cittadini a “unire le forze” per regalargli la possibilità di una nuova “vita”, riunendosi anche in Comitati spontanei. 119 i progetti a favore di luoghi d’arte e di natura in 19 regioni, che il FAI e Banca Intesa hanno sostenuto grazie a questo censimento.
LE EDIZIONI PASSATE DEL CENSIMENTO IN FVG
In Friuli Venezia Giulia, in particolare, si ricordano tre interventi legati a “I Luoghi del Cuore”:
- il primo a favore del Leone Marciano dell’Arco Bollani di Udine, il monumento che segna l’esordio dell’attività del celebre architetto Andrea Palladio in Friuli Venezia Giulia, che giunse 29° nella classifica generale della 5° edizione dei Luoghi del Cuore e fu poi restaurato
- il secondo per il Parco del Castello di Miramare, che nel 2012, si classificò al 7° posto del censimento con quasi 26.000 firme, candidandosi e poi ottenendo il finanziamento per il recupero del parterre basso
- il terzo per l’Amideria Chiozza di Ruda, che nel 2016 si aggiudicò il 21° posto assoluto con oltre 13.200 preferenze e si aggiudico successivamente il contributo per il restauro di una delle macchine a vapore dello storico complesso produttivo, ora in disuso e avviato alla rinascita grazie a una serie di progetti di valorizzazione dell’archeologia industriale.
I 4 “Luoghi del Cuore”
Stabilimento balneare Pedocin – Bagno Marino “La Lanterna” a Trieste
Il Bagno Marino “La Lanterna”, meglio noto come il Pedocìn, è uno stabilimento stabilimento balneare unico nel suo genere: un muro bianco, lungo 74 metri e alto 3, infatti, divide gli uomini dalle donne, sia in spiaggia, sia in mare. Lo stabilimento, di proprietà del Comune di Trieste, fu costruito in epoca asburgica nel 1903 e venne chiamato “Bagno alla Lanterna”, data la prossimità alla lanterna che fungeva da faro marittimo, oggi Molo Fratelli Bandiera. Ben presto il Bagno Marino assunse il nome popolare di Pedocìn per la grande quantità di cozze, “i pedoci” in triestino, che si andarono a depositare sul muro. Il muro, che in realtà nei primi anni era una massiccia staccionata di legno, venne costruito per riparare le donne dagli sguardi più indiscreti degli uomini e da allora è vissuto non come un elemento divisore e divisivo, ma come uno strumento di libertà e garanzia di tranquillità per chi vuole prendere il sole o fare un tuffo senza imbarazzi legati ai segni del tempo sul proprio corpo o a una forma fisica non proprio “da copertina”. Nel 1943 ci fu addirittura un referendum cittadino in merito al muro. Il risultato fu unanime: il muro del Pedocìn andava mantenuto. Oggi il Pedocìn è ancora amatissimo da tutti i cittadini di Trieste che ne affollano la spiaggia di ciotoli bianchi da aprile a ottobre e da numerosi turisti, italiani e stranieri, che sono affascinati dalla sua unicità. Lo stabilimento è stato set per video e persino cortometraggi, come “L’ultima spiaggia”, presentato al Festival del Cinema di Cannes.
Villa Ottelio Savorgnan a Aris di Rivignano (UD)
Villa Ottelio Savorgnan si trova nell’antico borgo di Ariis, nel comune di Rivignano Teor in Friuli Venezia-Giulia. Affacciata su un’ansa del fiume Stella, il più importante corso d’acqua di risorgiva della regione, la Villa è immersa nel “Parco Comunale dello Stella” e del “Sito di Interesse Comunitario Risorgive dello Stella”, che ospita interessanti esemplari di flora e fauna. La ragion d’essere della Villa si trova nel fiume, infatti, per la sua difesa militare e commerciale venne eretta, nella seconda metà del Duecento, una fortificazione sulle cui basi, fu costruita la Villa. Originariamente la proprietà apparteneva ai Wrusberg e, dopo alterne vicende passò in gestione ad una delle famiglie nobiliari friulane più importanti, i Savorgnan. I Savorgnan detenevano, per conto della Serenissima, il monopolio del sale, del tabacco e di altre merci che distribuivano nei loro feudi e nell’intera regione: di conseguenza in adiacenza alla Villa, sorsero nuovi edifici adibiti a magazzini del sale e di stoccaggio delle merci e a dimora della servitù. Fra il fiume e il corpo principale della Villa venne realizzato un giardino terrazzato all’italiana, ampliato e modificato successivamente, ma oggi purtroppo scomparso. Nel corso del XIX secolo, furono aggiunti ulteriori corpi di fabbrica al complesso, che nel 1885, passò nelle mani degli Ottelio. Oggi il compendio si presenta come un palinsesto ricco di stratificazione storica, fondamentalmente diviso in due parti: la prima, padronale, è strutturata in tre piani, con una bella facciata rivolta verso il fiume Stella su cui si osservano le tracce dello stemma dei Savorgnan, con giardino degradante fino alle acque, la seconda, costituita dai magazzini e dagli alloggi della servitù. Per quanto riguarda quest’ultima parte, lo stato degli immobili è rimasto in buona parte inalterato nel tempo, possiede quindi un importante valore storico, architettonico e documentario. I mattoni rossi della facciata sono in armonia con il parco che le fa da cornice. Proprio il parco ricco di alberi, grandi prati e ricche varietà di fiori, erbe selvatiche e frutti, insieme alla Villa stessa, sembrano aver ispirato William Shakespeare, autore di uno dei drammi più famosi nella letteratura, “Giulietta e Romeo”. Nel 1336, la Villa infatti, era passata nelle mani dei Savorgnan. Lucina Savorgnan era solita passare le sue estati presso la Villa, così come suo cugino Luigi da Porto: i due si erano innamorati e in gran segreto si erano scambiati una promessa di matrimonio. Luigi però, costretto a partire per combattere nelle guerre del vicino confine austriaco, venne ferito in battaglia e rimase paralizzato. Lucina fu costretta a sposare Francesco e Luigi non poté far altro che dedicarle una novella autobiografica che rendesse eterno il suo amore per Lucina, la sua Giulietta. Questa potrebbe essere solo una delle tante storie che questa meravigliosa Villa, custodisce e mantiene segrete.
Chiesetta di Sant’Agnese a Porcia (PN),
La chiesa di Sant’Agnese a Roraipiccolo di Porcia ha origini antiche che si perdono nel tempo: non si conosce quando sia stata edificata ma sappiamo che risale almeno al XII secolo, sono infatti datati a” src=”cid:1547560142″ alt=”ex Convento Sant_Antonio 1. esterno.JPG” apple-inline=”yes” _djrealurl=”class=””” class=”Apple-web-attachment Apple-edge-to-edge-visual-media Singleton” style=”font-family: Helvetica; opacity: 1;”> quel periodo gli affreschi, che ricoprono una cospicua parte delle sue superfici murarie interne. L’edificio che fino all’inizio dell’800 era isolato ed in piena campagna, non è certo grande ma ben proporzionato: è formato da un’unica aula rettangolare di circa 11 per 8 metri, sormontata da un tetto con capriate in legno a vista, completato da una piccola abside di forma poligonale coperta da una volta a botte. La parete nord conserva un palinsesto di immagini molto deteriorato, databile tra la fine del sec. XIII e gli inizi di quello successivo: vi si possono scorgere episodi della Passione (Flagellazione e Crocifissione) una Madonna in trono, una teoria di santi e la rara immagine dei Tre Patriarchi. A maestranze trecentesche vanno ricondotti gli affreschi del catino absidale e dell’arcone presbiterale con il Cristo in Maestà e figure di santi e sante, tra le quali compare l’eponima sant’Agnese: sull’altare maggiore campeggia la pala ad affresco un tempo attribuita al Pordenone, raffigurante una Madonna col Bambino in trono tra Santa Caterina e Sant’Agnese e l’Eterno Padre. La facciata, semplice, è ornata a destra dal campanile e da un pronao ricostruito in tempi recenti. La struttura della Chiesa è testimone della sua travagliata storia tanto da ipotizzare che il lato nord (dove sono presenti gli affreschi) possa risalire a poco dopo l’anno Mille e l’altro opposto possa essere invece relativamente più recente: nulla vieta di pensare ad una ricostruzione del ‘500, successiva alle numerose incursioni ottomane che tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 interessarono l’attuale territorio del Friuli Venezia Giulia e che comportarono gravissime distruzioni. Negli ultimi decenni si sono susseguiti diversi interventi di restauro che hanno interessato le strutture e le decorazioni pittoriche, interventi utili ma spesso indotti dalla risoluzione di un emergenza contingente, come quelli successivi ai danni del terremoto del 1976, che se da una parte ne hanno permesso la conservazione dall’altra ne hanno parzialmente alterato l’antica aura. La chiesa è un piccolo ma prezioso gioiello purtroppo poco conosciuto ed è necessario che la chiesa riacquisti il giusto ruolo nel territorio e venga restaurata con un programma organico e completo in tutte le sua parti.
Note: La denominazione completa è Parrocchia di Sant’Agnese Vergine e Martire – Rorai Piccolo di Porcia. La parrocchia è costituita dalla Chiesa di Sant’Agnese e dalla Chiesa sussidiaria di Sant’Agnese, quest’ultima oggetto della candidatura ai “Luoghi del Cuore”.
Ex Convento di Sant’Antonio Abate a Sacile (PN)
L’ex convento di Sant’Antonio Abate si trova nell’omonimo borgo di Sacile che cominciò a svilupparsi in tarda età medievale fuori le mura dell’antica città, lungo la strada che conduceva verso la Marca Trevigiana: nei suoi pressi preesisteva una piccola chiesa dedicata al santo protettore degli animali, titolo che mantenne anche la chiesa che fu ricostruita nel 1674 a servizio del grande corpo di fabbrica conventuale. Ancor’oggi poco conosciuto dagli stessi abitanti di Sacile, l’edificio si presenta per la parte visibile con un’anonima parata di finestre su due piani, interrotta da un largo portale carraio e da un poggiolo soprastante, prospiciente l’attuale via XXV Aprile: la struttura è ancora inaccessibile a più di vent’anni dalla dismissione dalle funzioni militari.
La fondazione del grande edificio, perorata dalla Comunità sacilese sin dal Cinquecento, avvenne il 9 agosto 1668 e l’edificazione durò nove anni, con notevoli sovvenzioni da parte del governo della Serenissima, donativi e lasciti testamentari. Le monache di regola domenicana, in numero di undici, vi si insediarono nel novembre del 1677, dopo una cerimonia presieduta in grande pompa dal patriarca Giovanni Dolfin, che ne aveva giurisdizione. L’attività dell’ordine domenicano era tradizionalmente legata all’insegnamento (vent’anni più tardi l’ordine troverà anche a Pordenone l’occasione per fondare un convento con istituto annesso) e le monache si premurarono subito di istituire un collegio-educandato per giovinette di buona famiglia. Il convento crebbe nel corso del XVIII secolo sia per vocazioni che per l’importanza del collegio, ma anche per un’avveduta gestione delle rendite patrimoniali. Sopravvissuto alla prima ondata di soppressioni degli ordini religiosi da parte della Dominante, nel 1805 il convento sarà invece ineluttabilmente soppresso dalle normative del governo napoleonico. Le monache furono ‘aggiunte’ al convento di San Rocco e Domenico di Conegliano; di lì a poco la chiesa conventuale verrà abbattuta e l’edificio sarà ritenuto adatto, dal 1808, ad ospitare uno squadrone di cavalleria.
La funzione militare dell’edificio fu riconfermata con notevoli lavori di adattamento protrattisi tra il 1877 e il 1884: il convento ospiterà la prima caserma di cavalleria di Sacile (la «Girolamo da Sacile») e successivamente, con l’erezione di altri importanti acquartieramenti militari, svolgerà dal 1907 la funzione di Distretto Militare per la provincia di Udine. I destini militari dell’edificio proseguiranno sino agli anni novanta dello scorso secolo.
Lo stato della grande fabbrica conserva sostanzialmente l’assetto delle origini, a pianta vagamente quadra con le tre braccia a doppio piano del recinto claustrale, un tempo unite all’edificio rivolto a nord dotato di passo carraio, ove insisteva la chiesa, ancora visibile nella pianta del Catasto napoleonico del 1807. La severa facies interna, per quanto visibile, rivela l’andamento della tipica struttura conventuale – nonostante gli adattamenti, le superfetazioni e il precario stato di conservazione – con il piano terra un tempo probabilmente aperto per la deambulazione e l’accesso al piano superiore, caratterizzato dal ricorrere di ampie arcate, ora finestrate e spartite da lesene piatte.
L’edificio da qualche anno è al centro di un rinnovato interesse da parte della Amministrazione Pubblica sacilese, che già dal 2005 si era impegnata in un piano complessivo di recupero: purtuttavia versa ancora in un pessimo stato di conservazione, nonostante il continuo dibattito sulle sue sorti future. Di recente la Regione Friuli Venezia Giulia ha concesso dei fondi per degli studi tecnici sulla stabilità della struttura.
Comunicato Stampa