La copertina del libro

Sabato 6 novembre Giorgio Olmoti ha presentato all’Osteria Lendar di Tarcento il suo libro “Che razza di cane“ in una sala gremita (ma precisiamolo subito, per evitare equivoci: in pieno rispetto delle normative per fronteggiare il Covid!).

L’ambientazione è a dir poco perfetta: un bellissimo salone inserito in un locale tradizionale ben curato, con un ampio giardino che ha consentito agli ospiti la giusta occasione per colloquiare e, alla fine, anche degustare un buon bicchiere di vino friulano.

Durante il lockdown sono apparse in rete le sue storie di cani, una sorta di manuale delle razze scritto da uno che, come lui stesso ha precisato, oltre ad avere da sempre un paio di cani a fare la guardia alla sua ombra, in realtà non ha una grande preparazione sull’argomento, ma piuttosto sfrutta biecamente il pretesto della cinofilia per raccontare ancora l’umanità in tutte le sue contraddizioni e i suoi sogni.

 La casa editrice Round Midnight (sito internet: https://www.roundmidnightedizioni.it) ha pensato bene di raccogliere tutti i racconti e di pubblicare il libro.

Con questo pretesto, i cani, Olmoti ha raccontato storie e aneddoti, passando con ironia e molta autoironia, quella che servirebbe moltissimo ai nostri giorni, dalla storia alla geografia, dai dipinti alle immagini fotografiche, dal cinema al mondo delle canzoni.

L‘autore ha articolato il suo monologo in modo sorprendente, con divagazioni che spesso lo hanno condotto a percorrere strade inaspettate e improvvisazioni dalle quali è sempre riuscito a riprendere il filo del discorso. L’emozione, il divertimento, perfino la commozione, sono stati d’animo che nel corso della mattinata non sono mai mancati.

Il pastore tedesco, il labrador, il volpino (legato alla sorte del Carpaccio – non il piatto, il pittore), il Border colly (non il Lassie), il Corso (perchè si chiama così?) non sono razze di cani, ma veri e propri ritratti di personalità trasferibili agli esseri umani, con le loro prepotenze, furbizie, pigrizie, avidità assieme all’amore e all’affetto che ognuno può donare.

Il libro, insomma, è diventato uno spettacolo in cui si ride, si piange e si abbaia.

Il pubblico al Lendar di Tarcento