Gaetano De Faveri

La speranza non delude, spes non confundit è il motto impresso per l’indizione del Giubileo 2025: a Pordenone è in arrivo un evento che mette al centro la parola chiave del Giubileo, celebrandone il significato più profondo. «Perché tutti noi siamo consapevoli del grande bisogno di speranza, in un tempo che ancora è segnato da guerre sanguinose – spiega Orioldo Marson, direttore della Casa dello Studente Antonio Zanussi di Pordenone – Il percorso espositivo che si inaugura sabato 8 marzo, nei Nuovi Spazi Sala Pizzinato di via Concordia, ruota intorno all’opera del foto-artista Gaetano De Faveri: trova le sue radici nel passato, il sanguinoso conflitto nella ex Yugoslavia degli anni ‘90, ma parla con forza ai nostri giorni». Schiude infatti un forte invito alla speranza la mostra fotografica Ulica Titova 29. Immagini dalla guerra, promossa dal Centro Iniziative Culturali Pordenone, che espone la toccante testimonianza del viaggio di Gaetano De Faveri nei Paesi della ex Jugoslavia dopo l’atroce guerra civile. Essa è simbolo di ogni altra guerra, anche quelle del nostro tempo, perché ogni guerra significa distruzione e morte. Elemento portante delle iniziative dell’Anno Giubilare “Pellegrini di Speranza”, curata da Giancarlo Pauletto per il coordinamento di Maria Francesca Vassallo, presidente CICP, e Antonio Garlatti, direttore Museo Diocesano di Arte Sacra, è questa la mostra numero 505 allestita in collaborazione con la Casa dello Studente Antonio Zanussi, il Museo Diocesano di Arte Sacra e la Biblioteca del Seminario Diocesano di Concordia-Pordenone. «Un percorso espositivo che proponiamo – spiega ancora Orioldo Marson – come motivo di rinnovata riflessione: è certamente vero che sono gli stati e i governi a doversi muovere, ma stati e governi devono essere sollecitati dai cittadini, da ciascuno di noi. Se ciascuno di noi non si fa testimone di pace, diventa difficile sperare in una risoluzione dei conflitti che pesano sul mondo, quindi anche sulle nostre coscienze». Visitabile fino al 24 aprile 2025 con accesso libero e gratuito da lunedì a sabato – dalle ore 15 alle 19 – la mostra Ulica Titova 29. Immagini dalla guerra si apre sabato 8 marzo alle 17.30, con gli interventi del vescovo di Pordenone Mons. Giuseppe Pellegrini e del curatore. Resterà chiusa ogni domenica e nel fine settimana di Pasqua, dal 19 al 21 aprile 2025. Nei Nuovi Spazi di Casa Zanussi i visitatori troveranno 24 grandi fotografie realizzate da Gaetano De Faveri nella ex Yugoslavia, da Bosansko Grahovo a Sarajevo e Mostar, nel 2010.

Spiega Giancarlo Pauletto: «Ulica Titova 29 è anche il titolo del libro che Gaetano De Faveri, impegnato in una vasta indagine dedicata all’umano nella sua dimensione contemporanea e sociale, aveva pubblicato qualche anno fa: frutto di un suo viaggio nelle terre dell’ex Jugoslavia, una sorta di “diario di guerra” capace di trasmetterne una sorta di “ineluttabilità”, il fatto cioè che la specie umana non riesca a farne senza. E di questa consapevolezza siamo tutti oggi testimoni, nel dedalo delle guerre locali che continuano sotto il segno, ormai tragicamente familiare, di quell’arsenale atomico che potrebbe distruggere integralmente la vita sulla terra. Le foto uniscono, all’oggettività delle distruzioni rappresentate, la grande forza di uno sguardo sapiente e limpido, che travalica il puro fatto e induce ad una riflessione. De Faveri ha ulteriormente lavorato sulle immagini riportate per caricarle di concreto senso drammatico e toglierle dall’aura quasi metafisica con cui le aveva impaginate nel libro. C’è lo scatto eponimo della mostra, che schiera in primo piano una serie di pallottole distese su sassi: e i buchi sul muro sono punto fermo, sottolineatura inequivocabile. C’è un andare sotto la pioggia di infinita tristezza, la casa scoperchiata, i muri sbrecciati, e ancora una casa diroccata, in mezzo ad una vegetazione che nessuno più cura. E poi i due cimiteri con i monoliti bianchi, e il rugginoso protendersi della struttura metallica davanti a un palazzo di aspetto nobile: un’impressione di rovina definitiva, sottolineata dalla fatiscenza del metallo. E poi gli interni, il soffitto sfondato sopra le colonne neoclassiche, i cumuli di rovine, i rifiuti, il nero che smangia il vecchio decoro delle pareti, l’aristocratica scalea che non serve più a nessuno. Da una fotografia affiora la freschezza della vita: sul selciato, davanti alla porta di una casa, un gatto elasticamente si volge a guardare qualcosa che ha attirato la sua attenzione: unica figura vivente, ci sembra, che non respiri desolazione. Bene ha fatto, De Faveri, a lasciarla nel contesto come rappresentazione di istintiva, e anche irrinunciabile, tensione alla vita».

Comunicato Stampa