
Si inizierà con il primo Trio per archi in si bemolle maggiore D 471 di Schubert, composto non ancora ventenne ed incompleto, con il secondo movimento lasciato in sospeso. È un lavoro d’ispirazione mozartiana che riflette anche lo stato emotivo del giovane austriaco nell’anno che Alfred Einstein definì “dell’indecisione”, deluso dalla freddezza di Goethe e amareggiato dal fallito tentativo di diventare direttore musicale. A queste pagine, dove comunque traspare energico l’elemento creativo caratteristico di Schubert, segue una summa del camerismo di Beethoven. È il Settimino in mi bemolle maggiore op. 20, opera che riscosse subito un grande successo fin dalla prima esecuzione avvenuta in casa del principe Karl Philipp Schwarzenberg, e poco dopo al National Hoftheater, correva l’anno 1800. Di grande eco editoriale, il Settimino fu celebre in tutta Europa anche sotto diverse trascrizioni non autorizzate, un capolavoro giovanile universalmente riconosciuto con cui il genio entrò nelle grazie di Vienna, prima di iniziare a vivere l’irrisolvibile dramma della sordità.
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