Spesso le rassegne musicali sono, per l’ascoltatore colto e curioso, un modo per scoprire siti spesso poco conosciuti, ma di grande bellezza e suggestione. Così è il caso del Festival internazionale Musica Cortese che con Sonet vox la musica nel Patriarcato di Aquileia, il quarto appuntamento della stagione, ci porta alla scoperta della Basilica Paleocristiana di Monastero, luogo un po’ defilato rispetto ai flussi turistici che interessano la città dei Patriarchi, ma di grandissimo interesse storico, archeologico e artistico. Riscoperta che avviene con la presentazione da parte dell’Ensemble Dramsam (Alessandra Cossi, voce e simphonia, Claudio Zinutti, voce e organo portativo, Elisabetta de Mircovich, voce e viella, Fabio Accursio, liuto e Giampaolo Cappuzzo, flauti) di un programma di musiche “Patriarchine” imperniato su repertorio conservato a Cividale del Friuli, la sede del Patriarcato dal VIII secolo, e presentato dai cinque ieri sera davanti ad un pubblico selezionato e attentissimo.
Concerto che inizia con la processione dei cinque musicisti dal fondo dell’edificio fino al punto in cui erano stati preparati i leggii, preceduti dal suono del flauto doppio di Cappuzzo e dalla simphonia della Cossi. Una volta davanti al pubblico, danno inizio alla loro esibizione attaccando In festo Sanctorum Virginum, un inno di tradizione aquileiese tratto da un Codice della Biblioteca del Seminario teologico di Gorizia, con il quale sanno subito a ricreare l’ambiente musicale e sonoro di quei secoli. Il resto del programma, è un addentrarsi in un ambito sonoro caratterizzato da una grande ricchezza di forme e di modelli che spaziano dalle sacre rappresentazioni monodiche, con tanto di indicazioni gestuali (Planctus Mariae et aliorum in die parasceven), ai discanti (tecnica a voci con moto contrario applicata, per esempio, in O lilium convalium, Sonet vox Ecclesiae e Ave gloriosa Mater), alle laudi (Cum desìo vo’ cercando di autore anonimo e Ava Maria Vergine Onorata di Pietro Capretto) illuminati dalla bravura esecutiva dell’ensemble, del quale ammiriamo, oltre al rigore filologico profuso, la bellezza delle voci di Zinutti, de Mircovich e Cossi, ma anche la bravura strumentale di Accorso e Capuzzo, che nei loro rispettivi ruoli intessono con le voci un continuo, suggestivo dialogo.
Il successo del gruppo è indiscutibile e gli applausi sono prolungati e si placano solo alla concessione del bis, in cui viene eseguita una lauda di origine umbra.
Sergio Zolli © instArt