Protagonista assoluta di un concerto (organizzazione Azalea per la rassegna “Estate di Stelle” a Palmanova) molto coinvolgente, intriso di considerazioni personali, mai banali, e coraggiosamente condivise con la platea.
In una fresca serata di fine estate, l’interprete romana, elegantissima nel suo look total black, consueta cascata di riccioli, in forma smagliante e con un’energia da fare invidia a un’adolescente (lei che di anni ne ha 67,chapeu!), ha proposto una ventina di canzoni sfoggiando quella vocalità sicura, credibile e ricca di pathos che da tanti anni le consente di affrontare con estrema disinvoltura qualsiasi brano con il quale scelga di misurarsi. Fiorella Mannoia nel corso degli anni ha assunto sempre una maggiore consapevolezza del suo talento, abbandonando quella velata timidezza “artistica” che celava una personalità forte, un carattere esuberante e gioioso, uno stile raffinato e una femminilità intrigante.
Il tour estivo 2021, che ha fatto tappa nella città stellata (“Una città meravigliosa, magica” ha confessato appena salita sul palcoscenico dimostrando di avere apprezzato la pubblicazione ricevuta in dono dal sindaco Francesco Martines solo poche ore prima del concerto), ha lo stesso titolo del suo più recente lavoro discografico “Padroni di niente” (pubblicato il 6 novembre 2020), un album figlio della pandemia pieno riflessioni, a volte molto amare, sull’attualità, la constatazione della vulnerabilità umana e il conseguente invito a concentrarsi sui valori più importanti della vita.
Canzoni, non canzonette, quelle regalate al pubblico, canzoni di contenuto, testi di spessore, “impegnati” come si diceva un tempo e coraggiosi. Coraggiosi sì, come i pensieri con cui le Mannoia le ha legate e tenute insieme. Mannoia esprime con schiettezza i suoi punti di vista, fiera di affermare il suo essere un’artista dalla parte delle donne, dichiarandosi apertamente femminista.
Anche nella serata friulana tanti sono stati i brani dedicati all’universo femminile: da “Nessuna conseguenza” a “Imparare ad essere una donna” da “Penelope” (Fossati) a “Sally” (Vasco Rossi).
Ha insistito sulla necessità di avere rispetto per il prossimo senza distinzione alcuna perché solo se lo pratichiamo “diventiamo esseri umani degni di questo nome”.
Ha ricordato Emergency “che con i suoi medici non ha abbandonato l’Afganistan e a Kabul continuano a curare chi ne ha bisogno”, ha reso omaggio a Gino Strada “un uomo che è stato un vanto per il nostro Paese” prima di interpretare commossa “Il peso del coraggio”, la canzone che il chirurgo milanese le aveva chiesto di cantare il 5 settembre prossimo al Festival di Emergency in programma a Reggio Emilia.
Due gli emozionanti omaggi a grandi autori della musica italiana che non ci sono più “che hanno dato un immenso contributo culturale all’Italia e lasciato un vuoto che, ad oggi, non è stato ancora colmato”: a Franco Battiato di cui, accompagnata dal pianoforte di Carlo Storniolo, ha interpretato “La cura”, una delle più belle canzoni d’amore di tutti i tempi, e a Lucio Dalla di cui, nel bis, con la complicità delle chitarre di Alessandro De Crescenzo e Max Rosati, ha proposto una raffinata versione di “Cara”. Nelle due ore di concerto Mannoia ha riproposto molti successi del passato che non temono affatto di invecchiare e che il pubblico dimostra di gradire assai: da “I treni a vapore” firmata dall’amico Ivano Fossati nel 1992 con cui si è aperta la serata a “Quello che le donne non dicono” scritta da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone (quest’ultimo presente a sorpresa in Piazza Grande a Palmanova) la “canzone che ha cambiato la mia vita” con la platea che non si è fatta pregare per dare il suo contributo.
Delle otto canzoni contenute nell’album più recente, Mannoia ha inserito in scalette tre pezzi: la title track “Padroni di niente”, “Si è rotto”, malinconico ricordo di gioventù a passo di valzer e “La gente parla”, musica vorticosa, testo pungente firmato da Amara e Simone Cristicchi che evidenzia quello che accade sui social con un invito al silenzio e al rispetto. Una canzone che riporta alla memoria le parole di Umberto Eco che nel 2015, in occasione della consegna di una laurea honoris causa, affermò che “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività venivano subito messi a tacere mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
Mannoia non dimentica Sanremo riproponendo “Caffè nero bollente” con cui debuttò nel 1981 sul palco del Festival per il momento più rock della serata e “Che sia benedetta”, canzone che le valse il 2° posto nell’edizione 2017 frutto del fortunato sodalizio con Amara (Erika Mineo), autrice anche di “Padroni di niente”.
Detto della voce, sicura, pulita, della grinta e vitalità (cantare e ballare senza il fiatone è sinonimo di grande allenamento!), dell’intensità interpretativa di Fiorella Mannoia, rimane da sottolineare la compattezza del suono della sua band (Alessandro De Crescenzo e Max Rosati alle chitarre, Carlo Storniolo al pianoforte, Luca Visigalli al basso, Diego Corradin alla batteria e Carlo Di Francesco alle percussioni e direzione artistica, nonché compagno di vita di Fiorella), ritmi incalzanti e vigorosi, assoli precisi e mai eccessivi come quelli che hanno reso ancora più bella “Cercami” la piccola perla firmata da Renato Zero mirabilmente eseguita dalla regina del palcoscenico.
Per i bis Mannoia torna in palco indossando una maglietta di Emergency, lascia le scarpe in camerino e saluta il pubblico cantando e danzando sulle note de “I cieli d’Irlanda”, un pezzo targato 1992, firmato da Massimo Bubola. Una versione rallentata che riporta alla memoria di chi scrive la versione friulana “Il cil d’Irlande”, incisa da “La sedon salvadie” nel 2003 per l’etichetta Eccher Music, con il contributo dello stesso autore veronese che volle mettersi alla prova con la nostra lingua.
Generosi e convinti gli applausi del pubblico che Mannoia ha ringraziato per avere compiuto “un atto d’amore” tornando ad assistere ai concerti nonostante le complicazioni della pandemia (biglietti nominativi, green pass, distanziamento).
“Per questo – ha concluso Mannoia – vi ringrazio come si fa a Napoli dicendo “ ‘A faccia mia sotto ‘e piedi vostri”!
© Rita Bragagnolo per instArt