A Moimacco, tra le mura dell’incantevole Villa de Claricini Dornpacher del XVI sec, attorniata da centinaia di ettari dei migliori vigneti del mondo, con i grappoli maturi per l’imminente vendemmia, nella sala tutta travi e pietre di fiume dell’antico Foledor per la pigiatura delle uve, è stata presentata ufficialmente alla stampa l’edizione 2020 del Mittelfest di Cividale del Friuli.

Mentre i più grandi festival del teatro europeo (Avignone, Edimburgo) hanno già da tempo annullato tutte le loro manifestazioni per quest’anno a causa del Covid 19, abdicando per altro alla loro autentica funzione di motori culturali del nostro tempo, il Mittelfest con il suo direttore artistico Haris Pašović, rilancia con un’edizione che guarda al futuro e che si preannuncia come una delle più memorabili degli ultimi anni per qualità di contenuti e di presenze internazionale ma, soprattutto, per lo spirito che la anima.

Venticinque progetti artistici in totale con molte prime assolute nazionali, con il meglio della drammaturgia contemporanea, per più di quaranta repliche, molto spesso sold out già in prevendita, con spettacoli che hanno dovuto moltiplicare le rappresentazioni tanta è la richiesta. E’ il segno inequivocabile, non solo del gradimento del pubblico, ma anche del riconoscimento generale del valore culturale e sociale di un festival che ha sempre fatto della multi-culturalità, dell’apertura e dello sguardo reciproco tra le culture Altre”i sui punto di forza. Basta dare un’occhiata al ricco programma on line per rendersene immediatamente conto.

Il festival di Cividale e la regione Friuli Venezia Giulia continuano così la loro antica funzione di ponte culturale tra le nazioni e i popoli non solo del centro Europa, cardine di confini che sono porte aperte sugli scambi con l’Oriente e cerniera tra le realtà settentrionali e meridionali dell’Occidente.

Haris Pašović, rivolgendosi ai media, ha esortato tutti a diffondere quello che deve essere il vero messaggio della manifestazione di quest’anno. E’ proprio in momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo che la cultura deve essere riscoperta come nutrimento esistenziale fondamentale. L’arte, la musica, il teatro, la poesia e tutte quelle attività che parlano senza mediazione direttamente al nostro spirito, sono la migliore profilassi contro il vero morbo che attanaglia, già da molti anni, la nostra società che è l’indifferenza.

Se non capiamo questo, il tanto invocato vaccino anticovid, che speriamo arrivi al più presto, funzionerà solo a livello meccanico, debellando il virus ma lasciandoci inermi e di nuovo soli a combattere disperatamente la battaglia più dura, quella contro la prigione dei nostri pregiudizi che ci impediscono d’accogliere l’Altro, condividendo insieme i dolori e le gioie della vita che ci vuole tutti diversi ma allo stesso tempo tutti fratelli, generati dalla stessa madre che si chiama coi nomi più belli che l’umanità abbia saputo immaginare: Libertà e Uguaglianza.

Come ha dichiarato in più occasioni il “delinquente sacro” dell’arte Alejandro Jodorowsky: “L’arte ha la capacità di ridonare all’individuo la sua potenzialità infinita e, perciò, di offrirgli una cura. Ed è per questo che l’arte in grado di curare è l’unica forma di arte possibile”.

Su altro fronte, ma con medesimi intenti, il direttore artistico Pašović, d’origine bosniaca, ha voluto sottolineare come nei Balcani, durante le sciagurate guerre fratricide degli anni ‘90, si è davvero riscoperto il valore della cultura che non dovrebbe essere privilegio di pochi ma pane quotidiano di ognuno e memoria, desiderio, incontro, ponte tra le diversità e le generazioni.

L’Europa deve ancora imparare a capirlo fino in fondo e lo sconquasso e le sofferenze di questi ultimi mesi saranno stati del tutto inutili se non ci saremo fermati a riflettere su quali sono i veri valori che possono farci rinascere e rigenerare.

E’ proprio questo il messaggio, il grido di speranza che il festival ha voluto lanciare a quell’Europa dove solo ieri nel cuore pulsante di molte metropoli sono tornate a sventolare le bandiere del Terzo Reich accanto a quelle dei negazionisti del virus, in inqualificabili manifestazioni di massa che, in definitiva, soffiano sull’inestinguibile fuoco dell’intolleranza, della xenofobia e dell’odio verso l’Altro per le quali il Covid è solo un pretesto per scatenare gli istinti più vergognosi dell’essere umano, com’è stato un tempo per l’HIV e per tante altre malattie utilizzate per fomentare divisioni e ghettizzare i più deboli.

Purtroppo, il nostro paese non è per niente estraneo a certe degenerazioni, però conserva anche delle preziosissime risorse proprio come il Mittelfest, gioielli il cui splendore è perfettamente in grado di spazzar via quella nebbia, scura e compatta che attualmente, ci impedisce di guardare al nostro futuro con limpida, trasparente serenità e a quello dei nostri fratelli che ci tendono la mano

Il termine Empatia, scelto come tema generale del Festival, di chiara derivazione greca (empateia) attiene strettamente al mondo del teatro antico ed indicava quella reazione emozionale che faceva in modo che lo spettatore si sentisse coinvolto da ciò che veniva interpretato sulla scena tanto da riconoscersi nei personaggi interpretati e soffrire le loro stesse passioni.

La Compassione appartiene alla medesima costellazione di significati e evoca la magia della parola e della declamazione che è in grado di provocare sentimenti sconvolgenti. Nel Gorgia di Platone troviamo scritto: “Chi l’ascolta è invaso da un brivido di spavento, da una compassione, che strappa le lacrime, da una struggente brama di dolore, e l’anima patisce, per effetto delle parole, un suo proprio patimento, a sentir fortune e sfortune di fatti e di persone straniere”.

Il Mittelfest e ciò che rappresenta, l’abbiamo appena visto, ha radici antichissime che attinge ai valori profondi delle culture d’Occidente, ma ha anche lo sguardo rivolto in avanti e sa guardare con lungimiranza al futuro e alle nuove tecnologie di condivisione e di fruizione dello spettacolo artistico.

Proprio per questo per l’edizione 2020 è stata scelta, quasi come simbolo, un’installazione artistica del tutto particolare che è in grado di contaminare in modo fecondo l’antica eredità storica di Cividale con l’improvvisazione musicale e le esperienze immersive della più sofisticata tecnologia digitale di realtà virtuale.

Nasce con questi precisi intenti EmpatiAR – Mittelfest Cividale Digital, installazione multimediale in realtà aumentata che sarà visibile, o meglio esperibile, al Museo nazionale Archeologico durante i giorni del Festival. Nata sotto la direzione artistica di un autentico Maestro della fotografia come Luca A d’Agostino, l’opera risponde “all’urgenza di innovare le forme di racconto. E’ un’esperienza artistica nuova che interseca la performance musicale di Massimo de Mattia con i tesori artistici e paesaggistici di Cividale e le tecnologie emozionali della realtà aumentata”, proprio così recita il programma del festival, ma vediamo di capirci un po’ di più.

Intanto parliamo di Massimo De Mattia senza il quale l’intero progetto artistico non sarebbe altro che l’ennesimo prodigio della tecnologia fine a se stesso. E’ il caso di rifarsi ancora una volta ad un termine greco, in questo caso Psichè che, tradizionalmente, indica l’anima ma che etimologicamente si riferisce più propriamente al soffio o al respiro che ci tiene in vita. E’ proprio da quello che trae la propria forza l’arte di De Mattia, massimo esponente dell’improvvisazione jazz italiana ed europea al flauto, con alle spalle una quarantennale carriera artistica, coerente e luminosa, che dimostra, negli ultimi anni, una straordinaria maturità artistica e una vulcanica, proteiforme creatività.

La musica che suona nel suo strumento non è solamente forma estetica sonora ma è pura sostanza dalla forza espressiva straordinaria e difficilmente classificabile ma che, senza dubbio trasmette fortissime emozioni fin quasi al parossismo dell’estasi.

Non è un’esagerazione e nemmeno la solita enfatica retorica apologetica e come se non bastassero a spiegarlo i concerti e le incisioni del flautista friulano, l’esperienza multimediale di EmpatiAR lo dimostra ampiamente.

Ma di cosa si tratta? La risposta non è per nulla semplice. In buona sostanza, si indossano dei visori che ci permettono di guardare uno spazio del tutto virtuale nel quale, grazie alla tecnologia, possiamo vedere, in modo del tutto inedito, le meravigliose immagini delle bellezze del territorio cividalese riprese in video da Antonio Giacomin, audio-registrate da Gianluca La Boria e mixate da Stefano Amerio, tanto per restare in tema di eccellenze del nostro Friuli Venezia Giulia.

Ci si trova calati “fisicamente” in un ambiente, almeno la percezione è quella, nel quale il nostro sguardo è immerso a 360 gradi sia sulla linea dell’orizzonte che sulla verticale. La sensazione è proprio quella di trovarsi dentro un luogo o un paesaggio che possiamo esplorare in tutte le direzioni standocene seduti in poltrona. Nella prima parte di questa straniante opera d’arte ci troviamo sul greto del fiume Natisone, dopo che dal vuoto si è materializzata la figura di un flautista composto tridimensionalmente di minuscole particelle che compongono e scompongono nel loro vorticare una forma umana che sembra la materializzazione di un suono.

E’ per l’appunto il flauto di De Mattia che magicamente, d’incanto ci trasporta sul greto del fiume proprio in vista del ponte del Diavolo che lo scavalca con la sua altissima falcata, carico di storia e di leggende, unendo il tessuto urbano della città medievale che fu longobarda e che, molto prima, vide le legioni di Giulio Cesare combattere per il limes romano.

I nostri piedi poggiano direttamente sui ciottoli del greto del fiume, dove l’acqua scorre scintillante e viva; se ci guardiamo attorno vediamo la vegetazione della riva scoscesa mossa da una lieve brezza estiva, lo stormire delle foglie il baluginare dei riflessi, il cielo terso sopra di noi. Ci convince definitivamente di essere parte del fiume, quasi un suo elemento, la musica del flauto, tutt’altro che didascalica ma anch’essa perfettamente integrata all’ambiente circostante dal quale sembra scaturire, al quale c’immaginiamo appartenga: musica foglia, vento, pietra, luce e ancora, musica d’aria, d’acqua, d’un sogno di pomeriggio.

De Mattia appare proprio davanti a noi mentre improvvisa con il suo flauto traverso e poi al nostro fianco come quel fauno cantato da Mallarmè ed evocato da Debussy, una creatura onirica e proprio per questo più vera di ciò che distrattamente chiamiamo realtà che invece inesorabilmente ci illude. La musica di De Mattia è al contempo materiale ed evanescente si situa in un fantastico orizzonte dove le linee si confondono e i punti cardinali non valgono. EmpatiAr con le sue diavolerie digitali ci permette di vivere direttamente questo scenario di bellezza, natura e suoni.

Ma c’è dell’altro, la seconda parte dell’esperienza virtuale è ambientata all’interno del tempietto longobardo, tesoro cividalese d’arte medievale impareggiabile. La sensazione, questa volta è precisamente quella di trovarsi fluttuanti nel centro esatto dell’ambiente a qualche centimetro da terra. Guardandoci tutt’intorno possiamo vedere lo spazio che ci circonda che da relativamente angusto diventa un universo di simboli e una selva di significati che provengono dalle profondità del tempo. Guardare verso il pavimento mette quasi i brividi, lo spettatore viene colto da un leggero senso di vertigine, proprio per il fatto che ha la netta sensazione che i suoi piedi siano staccati da terra come in un sogno infantile.

Davanti a noi si materializza ancora De Mattia, questa volta all’ottavino. Immediatamente dalle nostre spalle gli risponde un flauto traverso suonato, è facile immaginarlo, da lui stesso. Siamo presi in mezzo a due fuochi di fila, bersagliati da un intenso scambio di melodie scomposte che sembrano alludere alle persone che nel corso di lunghi secoli hanno riposto tutte le loro speranze in quel luogo di preghiera e che ora ci guardano attraverso gli occhi delle statue.

L’esperienza visiva e musicale si conclude lasciando lo spettatore, o meglio, il video-nauta quasi sgomento per tanta bellezza incastonata tra le immagini in movimento dalla musica del flauto.

La cultura è incontro ma anche economia (vino, viaggio, turismo) per tutti quelli che vogliono to Perform, Excange, Meet, Share proprio come ha detto il direttore artistico Pašović , aggiungendo che solo insieme e attraverso l’arte saremo in grado di superare tutte le difficoltà e le le sfide che l’esistenza ci pone. We can do it Togheter!

E allora lunga vita Mittelfest! Evviva la libertà!

© Flaviano Bosco per instArt