Cosa ci si può aspettare da uno spettacolo che vede protagonista Elio che recita e canta testi di Enzo Jannacci? Elio è un artista unico che si è sempre espresso attraverso un mix di arte e ironia, musicalità virtuosa e trovate geniali. Enzo Jannacci è senza dubbio uno dei più grandi cantautori italiani del Novecento: il poetastro, come amava definirsi, è stato uno degli artisti più eccentrici, surreali e anticonformisti della canzone d’autore italiana. Un artista con la A maiuscola, perchè è riuscito ad essere locale cantando la sua Milano degli anni sessanta e settanta ma nello stesso tempo anche universale, fondendo tematiche e stili apparentemente inconciliabili: allegria e tristezza, tragedia e farsa, gioia e malinconia. Insomma, come è stato brillantemente definito, un “Buster Keaton della canzone nato dalle parti di Lambrate”. Sono entrato in contatto con la musica di Elio e le Storie Tese nei primi anni novanta ai tempi dell’album Italyan, Rum Casusu Çikti e lo considero ancora una delle opere più originali e geniali della musica italiana degli ultimi decenni. Conservo un bellissimo ricordo di un incontro con Feiez al termine di un concerto dei Pitura Freska in quel di Majano: fui colpito dalla gentilezza e dalla spontaneità dell’uomo, che arrivava prima del musicista. Discuteva con noi della bravura di Skardy & company come se noi fossimo degli esperti, raccoglieva le nostre impressioni con interesse e passione. Il più delle volte il talento viene in parte inghiottito dallo show business, ma il valore puramente artistico di ciò che Elio ha prodotto con i suoi compagni di viaggio resterà a lungo. Le opere di Enzo Jannacci fanno parte del “Patrimonio della musica”: alcuni brani, in particolare, sono divenuti musica popolare, classificazione alta, riservata a pochi eletti. Lo stesso discorso vale per il suo amico Giorgio Gaber, con il quale il medico-cantautore aveva anche condiviso un sodalizio artistico. “Vengo anch’io”, “Ho visto un re”, “Quelli che …” , “Ci vuole orecchio”, solo per citarne alcune, sono canzoni che hanno accompagnato la nostra controversa e strana storia, illustrandola con colori vivaci e indelebili.
Il teatro di Cormons è stracolmo, è bello potersi finalmente ritrovare con un po’ di serenità, nell’era post-pandemica. La serata viene introdotta da un breve saluto del Direttore artistico di Artisti Associati, Walter Mramor che nell’occasione è affiancato da Anna Bortolotti, assessore alla Cultura di Cormons. Mramor illustra il ricco programma della stagione teatrale che si snoderà fino al maggio del 2023 in undici appuntamenti e altri eventi tra i quali segnala lo spettacolo “La sera dei miracoli. Omaggio a Lucio Dalla”. Si spengono le luci e inizia lo show. Sul palco, per la regia di Giorgio Gallione, Elio si presenta con cinque musicisti che fanno parte integrante del recital: Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono e Giulio Tullio al trombone. La scenografia è giusta e essenziale: uno schermo e alcuni cubi e parallepipedi multicolori illuminati. Dopo l’avvio con Saltimbanchi, Elio impugna il megafono interpretando Jannacci arrenditi – tratta dall’album “Secondo te … che gusto c’è?” per poi cantare Ci vuole orecchio. Il testo appare più attuale che mai, Jannacci era un attento osservatore dei cambiamenti in atto, chissà cosa potrebbe pensare di come al giorno d’oggi la musica viene eseguita “dal vivo”: “E la bobina continua a girare, si ma la base va avanti anche da sola / e noi che abbiamo tutta la voce in gola / ma con l’orchestra non si può inventare e coi sequencer non ci si può fermare / non si puo’ sbagliare perché … ci vuole orecchio, bisogna avere il pacco immerso dentro al secchio / bisogna averlo tutto, anzi parecchio, per fare certe cose ci vuole orecchio”.
Un lunghissimo applauso precede il primo surreale monologo dello spettacolo. Lo spettatore che assiste a una recita teatrale si sente prigioniero: l’applauso finale è un tributo alla bravura degli artisti o piuttosto è un atto liberatorio? Si continua con Silvano e con una divertentissima storiella su uno stilista afflitto da un peso allo stomaco che potrebbe essere confuso con una crisi di coscienza. Quale sarà la vera causa? L’atmosfera jazz di Sopra i vetri è colorata dalla bellissima sezione di fiati. Tra un brano e l’altro i testi recitati da Elio ben rappresentano l’obiettivo dello show: vivere con profondità ma saper ridere di sé stessi e dell’umanità che ci circonda. Il monologo della misteriosa comparsa di scritte su una parete, commentate dalla gente del luogo, è umorismo sottile. Per non spoilerare troppo, limitiamoci a dire che le risate rischiano di coprire l’impianto di amplificazione. La luna è una lampadina è uno di quei pezzi che mi fanno pensare a quanti capolavori nascosti siano presenti nella musica d’autore italiana. E’ possibile essere colti da una crisi di ilarità, ridere sguaiatamente e nello stesso tempo provare una forte compassione per il protagonista della canzone, innamorato perdutamente di Lina senza alcuna speranza di coronare il suo sogno d’amore?
“La luna è una lampadina / attaccata sul plafone / E le stelle sembrano limoni tirati nell’acqua / E io son qui, Lina, sul marciapiede che cammino avanti e indietro / E mi fanno male i piedi, Lina! La luna l’è ona lampadina tacata in sul plafun / E i stell paren limon traa in dell’acqua / E mi sont chi, ‘nsul marciapee / Che cammini avanti e indreé, Lina / E me fann mal i pee, Lina!”.
Elio esprime ai massimi livelli la sua sensazionale estensione vocale; la sua interpretazione, accompagnata magistralmente dalla band, a mio avviso è l’apice della serata. Si apre un’altra parentesi comica con una sorta di trattato che potrebbe essere intitolato: “Cos’è la volgarità?” La gag, molto originale, regala divertimento allo stato puro. La scaletta va avanti con L’Armando, El purtava i scarp del tennis (oggi se entri in un negozio e chiedi di acquistare un paio di scarpe da ginnastica ti guardano stralunati come se venissi da un altro mondo: bisogna descrivere minuziosamente come si intenderà utilizzare il prodotto), Faceva il palo, Son s’cioppàa. A tratti, quando il volume dell’orchestra aumenta, ho l’impressione che la voce di Elio non sia messa nella giusta evidenza. Trattandosi di musica d’autore e di testi che vanno assaporati parola per parola, forse ci vorrebbe un po’ più di attenzione. Seguono altri brani e altri quadretti surreali, come quello che descrive un tentativo di rapina da parte di una mucca. Scopriamo che l‘ultimo trend di Milano è la moda dei ristoranti etnici: questi sono i veri locali di tendenza che si stanno moltiplicando. Al Tam Tam lo staff comprende anche alcuni ex orchestrali della RAI rimasti senza contratto con compiti non ben definiti. La cucina eschimese propone diverse pietanze a base di tricheco e anche il salame di Pitone è molto ambito. Al Mis Mas regna il caos perchè la multietnicità è sovrabbondante. Si tratta di “cucina fusion”. Qui il menù del giorno è stabilito sulla base dei conflitti del personale: chi vince lo scontro si impossessa della cucina e impone i piatti da servire. Surrealismo e realtà si confondono al punto di non capire più quando si scherza e quando si fa sul serio!
Chiudono la serata Vivere e, in una pioggia di coriandoli e stelle filanti, la bellissima, toccante Quando il sipario calerà:
“Quando il sipario calerà io me ne andrò / Ed ogni luce svanirà, io me ne andrò / Tu piangerai, lei riderà / Certo qualcuno mi odierà / Ma lo spettacolo è finito / E me ne andrò”.
Acclamati dal pubblico, Elio & Band concedono un bis con L’importante è esagerare. Ci accorgiamo che nel corso della serata Jannacci non è stato mai nominato (se non nel “megafonato” Jannacci arrenditi). Eppure è stato con noi per tutto lo spettacolo. Noi prigionieri, inchiodati nella poltroncina, obbligati ad attendere la fine dello show (non sarebbe stato meglio fermarsi nel foyer?) lasciamo il teatro di Cormons con animo lieto. E’ un periodo difficile dal punto di vista sociale, ma abbiamo capito che è proprio vero che “chi non ride non è una persona seria”.