Al Teatro Comunale di Monfalcone, nei primi giorni di maggio, Goldenart production, Teatro Stabile del Veneto, e Teatro Stabile di Bolzano hanno presentato “Morte di un commesso viaggiatore”, un testo di Arthur Miller tradotto da Masolino D’Amico, la regia di Leo Muscato con Michele Placido, Alvia Reale, Fabio Mascagni, Michele Ventucci, Duccio Camerini, Stefano Quatrosi, Beniamino Zannoni, Paolo Gattini, Caterina Paolinelli, Gianluca Pantosti, Margherita Mannino, Eleonora Panizzo, mentre le scene sono di Andrea Belli, i costumi di Silvia Aymonino, il disegno luci di Alessandro Verazzi e le musiche sono di Daniele D’Angelo.
Willy Loman è un commesso viaggiatore che vive a New York con la sua bella famiglia, ma non è sempre tutt’oro quello che luccica…

Cos’è il sogno americano? Il sogno americano esiste o è mai esistito? Sono queste le domande a cui Arthur Miller prova a rispondere scrivendo nel 1949 Morte di un commesso viaggiatore, a tutt’oggi considerato a ragione uno dei capolavori del teatro mondiale e ancora tremendamente attuale, si sappia, poi, che questo spettacolo era previsto originariamente ad inizio 2020, ossia quando il mandato di Trump stava per giungere al termine, tutto si compra tutto si vende diranno a un certo punto i protagonisti, ma d’altronde Willy Loman non è forse nient’altro che un venditore di sogni? Trump non è stato forse questo? l’America non è forse questo? Un patto mefistofelico dal quale non si può uscire se non con la morte? Questo però dice anche un’altra cosa sull’America, ossia che è un paese che vive di narrazione, del resto non è un caso che Hollywood venga considerata come la Mecca del Cinema mondiale ed è proprio questo a scatenare la schizofrenia di Willy, rivelandolo quasi fosse un Amleto contemporaneo perché, e questo è bene chiarirlo, l’America una storia non ce l’ha, o meglio, ce l’ha ma è una storia su cui è meglio non indagare.
Questo discorso verrà portato avanti, tra gli altri, da Stanley Kubrick in Shining (1980) e, forse, è proprio luccicanza quella che, Willy Loman, ha negli occhi sul finire della pièce.
Menzione speciale per Michele Placido che con verve meridionale riesce a rendere Willy ancora più spietato.

Nicola Bertone / instArt 2022©