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Sexto N’Plugged, 3-7 luglio 2024, Sesto al Reghena (PN) - Foto © 2024 Luca Chiandoni
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Sexto N’Plugged, 3-7 luglio 2024, Sesto al Reghena (PN) - Foto © 2024 Luca Chiandoni
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Sexto N’Plugged, 3-7 luglio 2024, Sesto al Reghena (PN) - Foto © 2024 Luca Chiandoni
Certo, Rachel Goswell non è più la fascinosa musa degli anni novanta, Neil Halstead e Simon Scott non portano più il caschetto sixties, ma la sostanza e la carica dei tempi migliori è rimasta. Le note di Brian Eno (Deep Blue Day da Apollo) hanno accompagnato il gruppo sul palco, che sono partiti con una tripletta che non ha fatto prigionieri. Ad aprire le danze la sinuosa Shanty, dall’ultimo album, con le tastiere kraute che si sono fuse con le chitarre liquide di Halstead e Savill, il primo impegnato a fornire arpeggi melodici, il secondo a lavorare sugli effetti prodotti dalla pedaliera ( riverberi e distorsioni). Alle spalle i visuals con effetti optical ed immagini hanno perfezionato il tutto. A seguire la trascinante Star Roving, che nella dimensione live si è dimostrata deflagrante: le chitarre si sono prese la scena duettando tra riff robusti e crescendo voluttuosi, mentre basso e batteria fremevano sullo sfondo. Una meraviglia. La trimurti iniziale è terminata con Catch The Breeze che ha fatto sobbalzare il cuore dei vecchi fan; una brezza che ai tempi infiammò il movimento shoegaze oltre che il pubblico presente con la sua melodia accompagnata da un sontuoso muro di chitarre. Il gruppo già da queste prime battute ha dimostrato di essere in forma e di non voler svolgere con stanca routine un repertorio in qualche caso vecchio di trent’anni. Anzi, ha dato l’impressione di essere consapevole di essere ormai un punto di riferimento per certi nuovi gruppi, come lo furono per loro i Sonic Youth, i My Bloody Valentine o i Cocteau Twins. Tutti nomi questi ultimi che sono stati in qualche modo omaggiati nel concerto di Piazza Castello, con i furori chitarristici che si sono alternati ad oasi sonore estatiche e con le voci della Goswell e di Halstead in secondo piano ad avvicendarsi in canto e controcanto. Il set è stato una sorta di celebrazione del passato, il cui numero di canzoni ha superato quelle prodotte dopo la reunion del 2017. Ci siamo persi quindi nella invitante melodia di Alison e nelle vertigini sonore di Machine Gun e 40 Days, poste a suggello dell’esibizione nel bis, o nei riverberi di Souvlaki Space Station, fluttuante nelle sue quasi dolenti chitarre. La stretta attualità ha avuto degna rappresentanza nella perfezione pop di Slomo e Kisses, nel trasognato caracollare di Chained to a cloud e nella magia degli arpeggi celestiali di Sugar for the Pill. Prima dei bis però il toccante momento del tributo a Sua Maestà Syd Barrett di Golden Hair, con la Goswell che si è allontanata dopo l’ultima strofa cantata, mentre il resto del gruppo si è impegnato in una coda strumentale dagli aromi quasi psichedelici. Sullo sfondo, al centro del video il volto del Diamante Pazzo, che sembrava annuire stralunato in mezzo a quel mantra sonoro. And the madcap laughs.