Consueto pienone ieri sera al Teatro Nuovo Giovanni da Udine per l’atteso concerto che ha visto protagonista l’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta dal giovane estone Mihhail Gerts, presentare un programma che spazia da Rossini a Brahms.
Si attacca quindi con l’ouverture della Semiramide di Gioachino Rossini, in cui l’orchestra mette subito in luce le sue qualità come la bellezza del suono, la bravura nell’esecuzione dei soli e la precisione ritmica. Caratteristiche ben amministrate dall’elegante gesto di Gerts. L’inizio, così brioso ed elegante è salutato da una nutrita salva di applausi
Segue l’esecuzione della Sinfonia in si bemolle maggiore D. 125 di Franz Schubert. Qui, ancor più che in Rossini, possiamo ammirare la bravura del direttore, che fin dalle prime note del Largo, Allegro vivace, sa imprimere a questo capolavoro giovanile, quando la scrisse Schubert aveva solo diciassette anni!, il giusto slancio agogico e la giusta intensità dinamica, sì da darci uno Schubert ben chiaroscurato e differenziato nei vari momenti espressivi, con un gesto che sa suggerire e anticipare ai pur bravissimi professori dell’orchestra ciò che devono fare. Ciò è particolarmente evidente nell’Andante (il secondo tempo) dove si estrinseca lo sforzo di bilanciamento degli incisi tematici ripresi dalle varie sezioni dell’orchestra o nel Minuetto- Trio, dove esalta lo stravolgimento della danza simbolo dell’ancien régime (il Minuetto) in Ländler (danza popolare) voluta da Schubert, oppure, ancora, nella travolgente vitalità del Presto vivace che chiude questo giovanile capolavoro.
Grandi applausi salutano la fine della Sinfonia e del primo tempo della serata.
Il secondo tempo della serata vede l’esecuzione della Sinfonia n. 1 in do minore op. 68 di Johannes Brahms. Lavoro tormentatissimo, questo, di Brahms (la gestazione del lavoro durò oltre vent’anni), ma che quando uscì fu salutata come la Decima (di Beethoven, autore di riferimento nell’immaginario brahmsiano) per l’impressionante assimilazione degli stilemi compositivi beethoveniani. Sinfonia complicata quindi, per lunghezza e complessità costruttiva. Ma che non rappresenta un problema per la Santa Cecilia e per il suo direttore. Il primo tempo, Un poco sostenuto. Allegro, infatti, risulta scorrevole e pienamente rispettoso dell’equilibrio costruttivo che Brahms costruisce fra i due temi che caratterizzano questa pagina. Il lirismo dell’Andante sostenuto è languidamente esaltato dai meravigliosi strumentisti della Santa Cecilia che sotto la guida di un ispirato Gerts ci portano attraverso quella specie di introduzione che è il Un poco allegretto e grazioso, a quel miracolo compositivo che è il Finale, con la sua complessità tematica e agogica è una delle pagine più intense scritte da Brahms, con una sapienza musicale che raramente è dato di ascoltare e che sa rendere il complesso mondo brahmsiano con grandissima intensità.
Alla fine gli applausi sono intensissimi, quasi una standing ovation, e sono ripagati da un inevitabile bis.
© Sergio Zolli per instArt