Lignano Sabbiadoro, 03/08/2016 – Arena Beach – PFM – All the best – Franz di Cioccio – Lucio Fabbri – Marco Sfogli – Roberto Gualdi – Patrick Djivas – Alessandro Scaglione – Alberto Bravin – Foto Luca d’Agostino/Phocus Agency © 2016

A poco più di un anno dal memorabile concerto dei King Crimson, la grande piazza di Palmanova si tinge ancora di Prog. La PFM ha portato in regione il suo progetto su De Andrè per la terza volta, sempre con caloroso e meritato successo di pubblico.

Una sicura tendenza musicale degli ultimi anni è il ritorno sulle assi dei palcoscenici della musica suonata davvero. Dopo decenni di campionamenti e di musica sintetica di bassa qualità e in netto contrasto con la farsa dei talent, si è finalmente ricominciato a sentire il suono delle pelli percosse e delle corde.

Ma per suonare davvero il rock bisogna essere capaci e non è solo questione di virtuosismo ma di esperienza, talento, costanza e stati d’immaginazione. E’ proprio per questo che una band come la Premiata Forneria Marconi continua a riempire i teatri e le piazze da cinquant’anni. Le loro tournée prevedono ancora centinaia di concerti per quello che possiamo definire un autentico fenomeno della musica italiana ed europea che non è solo appannaggio di un pubblico adulto e stagionato. La buona musica continua a riaffiorare in ogni situazione e generazione. Era così nel 1980 ai temi ai tempi della prodigiosa tournée con De Andrè ed è così ancora oggi. Certo in quattro decenni molte cose sono cambiate.

Il poeta genovese ci ha lasciato da un pezzo e la PFM ha a lungo traballato prima di riprendere la sua direzione di marcia alla fine degli anni novanta dell’altro secolo. L’abbraccio tra rock e musica, testimoniato da quella serie lontana di concerti, da due album di grandissimo successo e oggi anche da un film, continua nelle date infinite di questo never ending tour PFM canta De Andrè. La voce di Faber continua a rappresentare il nostro tempo e ad essere di stretta attualità. Non è passato neppure un mese da quando il ricostruito ponte Morandi di Genova ha celebrato le vittime assassinate del crollo al suono di Creuza de Ma e al passaggio delle Frecce tricolori. Non si può essere del tutto sicuri che il buon Fabrizio si sarebbe sentito a proprio agio tra papaveri e papere delle alte istituzioni, da buon anarchico e bastian contrario.

Non si può essere certi che qualcuno si sia preso la briga di interrogarsi sul significato di quella canzone, guardandone il testo sensa u goldon. Sembra che ultimamente tutti si siano scoperti fan sfegatati di De Andrè, sui social è tutto un florilegio di citazioni e di riferimenti, alla televisione si sprecano i memorial e le cover e via di seguito.

Se solo la metà di tutti quelli che si riempiono la bocca con le sue parole ne capissero il significato e coerentemente agissero di conseguenza, il nostro paese sarebbe molto diverso. Non ci sarebbero energumeni fascisti che picchiano a morte un ragazzino in mezzo ad una strada, ignoranti che discriminano i nostri fratelli più sfortunati o che credono che la recente epidemia sia stata causata dall’amore omosessuale.

In linea generale, quando De Andrè era in vita, la maggioranza silenziosa degli italiani avrebbe voluto che fosse bruciato in piazza dalla Santa Inquisizione. Appariva a molti troppo spigoloso, difficile, anarchico, con una voce afona ai limiti dell’intonazione, nemmeno buono per le Feste dell’Unità. Sono esattamente le stesse persone che oggi lo santificano e anche il più imbecille dei lombardi può vantarsi d’essere un suo fan credendo di guadagnarsi così un pugno di voti invece di quelli in viso che merita. L’importante è non capirci mai niente e farla sempre franca.

L’assoluta professionalità della PFM è fuori di dubbio, lo ha reso manifesto e non ce n’era di certo bisogno, un piccolo problema audio che, per un attimo, ha quasi spento del tutto il poderoso impianto della band. I musicisti, da grandissimi professionisti quali sono sempre stati, non si sono minimamente scomposti, continuando a suonare “dritti come il filo di una spada” in acustico per qualche istante per poi riprendere con il ritorno dell’amplificazione. Chiunque si sarebbe fermato o comunque sarebbe stato umano inciampare in qualche nota anche perché il calo aveva di sicuro spento anche le casse spia sul palco che permettono ai musicisti di sentire cosa stanno suonando e di sentirsi tra di loro. E’ questa, per un musicista, la virtù meno apparente ma la più indecente nel senso virile della canzone di Faber che in scaletta è risuonata meravigliosamente anche grazie alla fisarmonica incantata (la fisa la chiama Di Cioccio) di Flavio Premoli. E poi c’è il basso freetless di Dijvas, il violino di Lucio Fabbri, la chitarra di Ascolese, il Glockenspiel, la batteria, le tastiere, un mini moog d’epoca, cembali, bizzarre percussioni e via di seguito, che hanno come resa un rock classico con venature prog. Rifinito e arrangiato a puntino, preciso come un orologio senza nessuna sbavatura o concessione all’improvvisazione. Tutto è calcolato al millesimo di secondo come nel reparto corse di uno di quei proiettili a quattro ruote di Formula 1. Ogni singola nota è stata rifinita, levigata, lucidata, lo spettacolo è rodato da centinaia di repliche tanto che anche le battute di Di Cioccio sanno di copione e si ripetono sempre uguali a se stesse da uno spettacolo ad un altro tanto che ormai sembrano perfino spontanee e sincere. In un certo senso, quella che da sempre è considerata una virtù della PFM, la loro raffinata preparazione tecnica, sembra quasi essere diventata un difetto che rende l’esibizione prevedibile, telefonata e quasi impersonale. In questo modo anche la frase musicale più indovinata, l’aneddoto più sapido, il riff più tagliente, alla lunga perdono di significato, si stemperano e diventano partitura, banalità, manierismo, coazione a ripetere, tutt’altro che Rock’n’Roll.

Naturalmente lo spettacolo funziona, sostenuto dalle canzoni immortali di De Andrè e dalla musica del gruppo ma finisce per diventare caricaturale e spento a chi conosce le straordinarie qualità espressive d’improvvisazione e della band.

Cuore dell’esibizione è la riproposizione integrale della rivisitazione de La buona novella. Franz Di Cioccio e Franco Mussida, che in seguito avrebbero fondato la Pfm, nel 1969 facevano parte de I Quelli, il gruppo rock che servì a De Andrè per registrare l’album.

A.D. 2010 – La buona novella è l’album celebrativo che dieci anni fa ha trasformato l’album originale in una Rock Opera dai timbri progressivi tipici della Premiata Forneria Marconi; da allora è immancabile nei loro concerti.

Stupende sono sempre state le canzoni e notevoli sono i nuovi arrangiamenti, merito della band ma la proposta, in generale, è inserita in un’esibizione che presenta delle criticità di metodo, se non di contenuti, e perde gran parte della sua forza evocativa. Per non continuare con questo che può sembrare qualunquismo, si riportano le parole che De Andrè, da grande conversatore qual’era, pronunciò durante un concerto del 1998 durante il quale riandava con la memoria alla temperie di trent’anni prima che aveva visto germinare il disco:

Quando scrissi la buona novella era il 1969. Si era quindi in piena lotta studentesca e le persone meno attente – che poi sono sempre la maggioranza di noi – compagni, amici, coetanei, considerarono quel disco come anacronistico. Mi dicevano: Ma come? Noi andiamo a lottare nelle università e fuori dalle università contro abusi e soprusi e tu invece ci vieni a raccontare la storia…della predicazione di Gesù. Non avevano capito che, in effetti, La buona novella voleva essere un’allegoria…che si precisava nel paragone tra le istanze migliori e più sensate della rivolta del ‘68 e le istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate ma da un punto di vista etico sociale direi molto molto simili che un signore, 1969 anni prima, aveva fatto contro gli abusi di potere, contro i soprusi delle autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali, si chiamava Gesù di Nazaret e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”.

E’ pur vero che, prima di iniziare, Di Cioccio legge le ultime frasi di questo discorso ma ugualmente appaiono decontestualizzate e di segno fideistico, completamente diverse da quelle che erano nelle intenzioni dell’autore, che, lo abbiamo visto, miravano a risvegliare le coscienze attirando l’attenzione sulla necessità di cambiamento, additando un modello autentico di sacrificio per gli altri e non la velleitaria rivolta borghese cui, in definitiva si ispiravano le effimere e lotte studentesche.

Niente di tutto questo è risuonato nella musica della Premiata Forneria Marconi, perfetta tecnicamente ma ormai pleonastica rispetto alla forza evocativa dell’autentico poema umano e mistico di Faber.

Quando poi, recitati gli ultimi versi del magnifico Il testamento di Tito: Io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre ho imparato l’amore…,Di Cioccio invita a salire sulla macchina del tempo le perplessità aumentano. Il batterista si siede dietro il suo strumento, impugna le bacchette e parte La canzone di Marinella con l’autentica voce registrata di Fabrizio De Andrè, con la band che accompagna dal vivo. La sensazione che si prova è agrodolce, tanto che il brano sembra quasi fuori luogo e quasi melodrammatico. Sembra di passare da una nostalgia fiorita alla necrofilia feticista, ma è solo un attimo, l’emozione ancora rapisce e stringe il cuore. Inevitabile, il consueto bis con il Pescatore e poi con un medley tra E’ festa e Impressioni di settembre che dimostra cosa potrebbe fare la band se ritornasse ad esibirsi in concerti dedicati alla propria vena progressiva. Nella seconda fase della loro carriera, in questi ultimi anni, Di Cioccio e soci hanno pubblicato album di inediti di altissimo livello a partire da Ulisse (1997) Serendipity (2000) Stati d’immaginazione (2006) Emotional Tattoos (2017) che hanno avuto vita davvero breve sui palcoscenici e che, insieme ai gioielli straordinari del loro repertorio, potrebbero sostituire degnamente l’eterno tributo all’amico Faber che ormai comincia a diventare lezioso, stucchevole, manieristico e fine a se stesso.

Volta la carta meravigliosa PFM!!!

Set List:

Prima parte:

  • Bocca di rosa

  • La guerra di Piero

  • Andrea

  • Un giudice

  • Giugno ‘73

Seconda parte:

  • Universo e terra (preludio)

  • L’infanzia di Maria

  • Il sogno di Maria

  • Maria nella bottega di un falegname

  • Il testamento di Tito

Terza Parte:

  • La canzone di Marinella

  • Zirichiltaggia

  • Volta la carta

  • Amico fragile

Bis:

  • Il pescatore

  • E’festa/Impressioni di settembre

© Flaviano Bosco per instArt