La drammaturgia classica trova spazio al Comunale nella messinscena di , mercoledì 2 e giovedì 3 marzo alle ore 20.45. Francesco Niccolini cura l’adattamento del racconto di Herman Melville, scritto due anni dopo la grande storia romantica Moby Dick. Bartleby è un piccolo uomo capace di mettere in crisi un sistema – siamo a Wall Street, ai febbrili inizi di quello che diventerà il più spietato sistema finanziario del mondo – di cui non riconosce il valore positivo. A dare voce e corpo a questo eroe dell’inazione è uno straordinario Leo Gullotta; al suo fianco, diretti da Emanuele Gamba, i bravi attori di Arca Azzurra: Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci. Nel cuore pulsante di Wall Street, l’assedio è tale che si rende necessario assumere un aiuto, uno scrivano in più in questo ufficio popolato da una curiosa umanità: due impiegati che si odiano fra loro e cercano di rubarsi preziosi centimetri della scrivania che condividono, una segretaria civettuola, e una donna delle pulizie fin troppo invadente. L’ossessionato e ossessivo capitano di Moby Dick si è trasformato in un altro gigante, un altro titano di nome Bartleby. È l’ultimo dei marinai arruolato, eppure capace di realizzare una lenta, progressiva, pacata messa in crisi di un sistema, mandando all’aria il senso normale delle cose e della vita. Mentre tutto e tutti (scrivani, religiosi, soldati, banchieri, politici, artisti) procedono aggressivi e baldanzosi, forse colpevolmente ignari, fra nuove ricchezze e nuove schiavitù, l’ultimo entrato in scena si mette di traverso e avvia un inesorabile processo dubitativo di disgregazione di un mondo malato che si incarna nel binomio “lavoro/dovere”. Bartleby si insinua nella storia positiva di Wall Street ma non è un batterio che ammalerà l’ambiente, bensì la cura che proverà a salvare un mondo malato che si nutre esclusivamente di numeri e algoritmi. L’apparentemente scialbo Bartleby è l’eroe dell’inazione, della non violenza, è il titano della grazia leggera di chi dice “non in mio nome”, è il gigante che usa un piccolo granello e poi un altro e un altro ancora per inceppare il grande meccanismo che regola e cadenza notte e giorno la vita noiosa, sempre uguale a se stessa, circoscritta tra quelle quattro mura anonime. Bartleby per tutto il tempo cerca il raggio di sole che una volta al giorno entra in quell’ufficio spoglio, dalle pareti alte e grigie e dalle finestre irraggiungibili, finché ad un certo punto decide di negarsi: nessuna aspirazione alla grandezza, solo rinuncia, controcorrente rispetto ai vincenti, agli scalatori del successo. Forse Bartleby è principalmente questo, un seme che eroicamente e tenacemente grida sottovoce il proprio diritto alla scelta e alla libertà e si fa filo d’erba in mezzo al cemento, contro tutto, ma per tutti.

comunicato stampa