“Artisti in dialogo”, il ciclo di incontri artista-critico arrivato ormai al quarto anno, organizzato dall’associazione culturale “Amici del Parco” diretta da Renzo Spadotto, propone una serata che ha come filo conduttore l’arte e la lotta per la libertà di espressione. Venerdì 28 settembre, alle ore 18, presso il Museo Civico di Pordenone, a Palazzo Ricchieri, il critico d’arte Angelo Bertani presenta e dialoga con Vladislav Shabalin, artista e intellettuale dissidente nell’ex Unione Sovietica, da oltre vent’anni residente a Udine.
Una delle ultime realizzazioni di Vladislav Shabalin, che al suo lavoro di artista ha sempre affiancato il ruolo di promotore di altri artisti, è stata la mostra evento “Goodbye Perestrojka”, da lui curata e allestita lo scorso inverno alla Galleria regionale Spazzapan di Gradisca d’Isonzo: cento opere di artisti dell’ex Unione Sovietica provenienti da collezioni di tre diversi Paesi, Italia, Austria e Israele. Il progetto, frutto di cinque anni di ricerche, affonda le radici negli anni Ottanta del Novecento e nella prima parte dell’avventura umana e artistica di Shabalin, vissuta in quella che ancora era l’Unione Sovietica, dove ha pagato la sua lotta per la libertà di espressione, in particolare in campo artistico, con la reclusione in ospedale psichiatrico, salvo essere riabilitato con l’arrivo della Perestrojka.
Shabalin è originario di Donetsk, capoluogo della regione del Donbass, importante bacino minerario divenuto famoso per il movimento stacanovista e per la “Sinfonia del Donbass” del regista d’avanguardia Dziga Vertov, ma oggi dilaniato da una guerra civile che ha già causato oltre diecimila morti. È lì, nella periferia dell’ormai decadente impero sovietico, che nel 1988, dopo la laurea in pittura e grafica all’Università di Belle Arti di Mosca, Shabalin fonda e dirige Avangard, un centro espositivo dedicato esclusivamente all’arte non ufficiale, e qualche anno dopo, nel fertile periodo di scambi culturali seguito alla caduta del Muro, viene invitato dalla Regione Veneto ad allestire una mostra di artisti dell’ex URSS. Nel 1992 arriva in Italia con oltre duecento opere, fra cui i propri lavori di pittura e grafica, caratterizzati da uno stile inquadrato all’epoca dai critici come surrealismo metafisico. Incoraggiato dal successo, decide di fermarsi in Italia e continua a dipingere e a esporre. Nel 1997 comincia a lavorare come restauratore nel laboratorio paleontologico Geoworld di Stefano Piccini, a Torreano di Cividale, e qui ha inizio la seconda parte della sua vita artistica. Affascinato dal contatto quotidiano con i fossili, testimoni della storia e dell’evoluzione del pianeta, dei quali intuisce la forza espressiva, finisce per abbandonare pittura e grafica per dare vita a un nuovo stile che ha battezzato “Fossil Art”, arte fossile, in cui arte e scienza si fondono. Dal 2007 realizza solo opere in pietra e fossili, molte delle quali fanno riferimento alla relazione uomo-ambiente, arrivata a un punto critico, o alle pagine nere della Storia, che troppo facilmente tendiamo a rimuovere. Alcuni lavori richiamano il rapporto, molto stretto, di Shabalin con la musica. Al gruppo rock dei Led Zeppelin, che gli hanno “salvato la vita” ai tempi della reclusione in ospedale psichiatrico, sono ispirate le installazioni “Immigrant Song” e “Fossils of Rock”. La più importante – e imponente – opera finora realizzata, l’installazione sonora “Aquarium”, presentata a Basilea e successivamente a Udine, si è valsa della collaborazione della cantante di avanguardia greco-americana Diamanda Galás, mentre un altro ambizioso progetto, “Earlybird Project”, ha coinvolto la band inglese dei Van der Graaf Generator.
Comunicato stampa