Abbiamo assistito al nuovo spettacolo di Piero Sidoti, tenutosi nel giardino Loris Fortuna a Udine il primo luglio scorso. Il cantautore si presenta in scena da solo e accompagna il racconto con la sua chitarra traendo linfa dall’ultimo lavoro discografico Amore (fino a prova contraria). E’ una sorta di fiaba quella narrata da Sidoti, con protagonisti Corda e Sasso, due bambini che viaggiano attraverso lo spazio raccontando storie d’amore e d’umanità, con tutte le loro imperfezioni ma anche, soprattutto, con la loro bellezza. Si incontrano ai giardini pubblici e ascoltano i canti di Bepi il Matto, uno strano personaggio che vive su una panchina. Per raggiungere un mondo dove la paura non esiste, Sasso e Corda imboccano un passaggio segreto e partono verso la parte oscura della luna. Qui non c’è gravità e quindi non c’è la pesantezza di ciò che ci affligge, il tempo è dilatato. Perché, come fa intendere Piero Sidoti, se le emozioni e i sentimenti, così come il mondo, hanno bisogno di riconquistare purezza e verità, solo i bambini possono salvarci.

Un posto, secondo brano del recital, ci immerge in un luogo dove la paura che regna sovrana nei nostri giorni appare lontana: a mio avviso è uno dei pezzi più belli e poetici della sua produzione: “Forse la luna cadenza il tempo / tingendo di grigio argento i fili d’erba del mondo / così dolcemente lo invecchia di notte in silenzio mentre sta dormendo / oppure tra terra e tra luna c’è un vento / che agita ogni momento del tempo e ci fa spavento / Ma io so che c’è un posto sulla luna dove tutta la paura perde consistenza e vola / vola e se ne va”. Grande emozione. Pur conoscendo le opere di Sidoti sia dal vivo che in studio, si resta sempre impressionati dalla sua grande abilità espressiva sia nel recitato che nell’esecuzione dei brani. E la sua voce, profonda, cattura l’anima: è il perfetto abito per rappresentare il suo universo artistico.

Arind’a stu core (nella versione del CD con parti soliste di chitarra classica curate da Denis Biason) è un altro brano molto intenso: “Arind’a stu core tengo una gomma / per cancellare ‘e cose brutte e gli sbagli di mamma / lo so di mamma c’è n’è una sola ed è una cosa meravigliosa / però ogni mamma ha sbagliato qualcosa”.

Ricordiamo, tra le altre canzoni del recital, la tagliente Cosmico: “E’ come un brivido epico storico ed apocalittico cosmico lirico ed insuperabile / semplicemente è quel che provo io”, Di te: “Di te ho bisogno del tuo essere fragile / ho bisogno del tuo essere debole / io ti amo perchè il vero amore è libera scelta di cura e attenzione / io ti amo io t’amo perchè il tuo bisogno d’amore dà senso anche a me”, e la bellissima Controvento: “Perchè il vento mi porta l’eco delle distanze / ma attraverso le porte si stringe in un pianto / fa come un lamento / e mi parla di te”.

E’ uno spettacolo da vedere, quello di Piero Sidoti, l’intensità delle emozioni e il ritmo della narrazione portano lo spettatore a vivere sensazioni vere e nello stesso tempo oniriche, lontane. Il lungo applauso finale è un sentito tributo al cantautore e al suo pregevole lavoro di costruzione dello show. Nel corso della sua carriera avviata già negli anni novanta, Sidoti si è imposto sulla scena nazionale collezionando diversi riconoscimenti tra i quali la Targa Tenco per l’album Genteinattesa (2010) e nello stesso anno il Premio Gaber; ha collaborato in più occasioni con artisti come Lucio Dalla (che ha anche scritto la prefazione di Genteinattesa), Gianmaria Testa e l’amico attore Giuseppe Battiston. Nel suo nuovo album, stampato anche in versione CD digipack oltre che presente nelle piattaforme digitali, hanno suonato diversi musicisti: Claudio Giusto (batteria e percussioni), Romano Todesco (contrabbasso e fisarmonica), Lucia Clonfero (violino), Denis Biason (chitarra), Maurizio Tatalo (voce) , Rebecca Serafini (voce, cori – che ha anche curato fotografia e progetto grafico), Ettore Sgobaro (voce del bambino nel brano La signora dei sogniAntonio Della Marina, Roberto Barillari, Fulvio Biguzzi Ferrari, Simone Giovo, Roberto Demartis (programmazione computer e tastiere).

Abbiamo incontrato Piero Sidoti per questa breve intervista.

Piero, innanzitutto, complimenti per l’esibizione e per lo spettacolo. Si ha l’impressione che il palco per te sia un posto sicuro, un amico. Un compagno di avventura, che ti consente di rappresentare nella forma migliore ciò che vuoi comunicare.

Grazie Franco sei veramente molto gentile, diciamo che il palco diventa un amico quando un po’ metti da parte l’ego e porti con te solo la tua urgenza di comunicare con l’intenzione di metterti in empatia con il pubblico e con la predisposizione di vivere l’esperienza come qualcosa di unico e quindi di inaspettato.

La tua scelta di esibirti da solo mette in risalto i contenuti più profondi delle tue canzoni. E’ così?

 Spesso io per presentare mi avvalgo anche del linguaggio teatrale, è come se le emozioni o i personaggi delle mie canzoni mi chiedessero di essere agiti anche fuori dal contesto dei tre minuti presenti nella canzone.

Lo spettacolo è fortemente incentrato sul tuo nuovo album Amore (fino a prova contraria). Il disco e il recital sono cresciuti assieme oppure lo spettacolo è stato scritto dopo i brani?

Ho scritto prima le canzoni e poi ho scritto e creato, approfittando delle pause forzate durante il COVID, una fiaba raccontata, evocata, suonata e cantata, dove la narrazione, le musiche e le canzoni si dissolvono, si intersecano e riecheggiano fra loro. E’ qui che ho scoperto che i brani del mio disco avevano da sempre la loro casa. Il senso dell’album è sintetizzato nella copertina  fatta da Rebecca Serafini. C’è una figura divisa a metà: una metà perfetta rappresentata dal il David di Michelangelo ed una metà imperfetta, decadente, rappresentata dal mio volto. Tuttavia se il David di Michelangelo è scolpito sulla pietra e quindi è freddo, il mio volto è in carne ed ossa ed è caldo. Si potrebbe dire che la metà imperfetta ha come meta la metà perfetta. In questa tensione si sviluppano le canzoni del disco. Le storie sono storie umane che come tali oscillano costantemente fra miseria e divinità. Questa è un po’ la nostra storia che è una storia costellata da errori splendidi e perfetti. Sia il disco che lo spettacolo comunque parlano di umanità come una identità splendidamente imperfetta e in costante oscillazione fra inferno e paradiso, fra bestialità e divinità. La cosa più bella che possiamo fare è viverla con felicità animati da entusiasmo e curiosità e senza paura. In questo spettacolo sono solo sul palco con voce e chitarra  ma  per realizzarlo mi sono avvalso di molti professionisti e ne è nata  una regia corale dove  sono intervenuti a consigliarmi delle persone che hanno due caratteristiche:  essere persone molto care e a me vicine vicine e di essere importanti e raffinati artisti che con generosità mi hanno aiutato. Le persone che mi hanno aiutato a realizzare lo spettacolo sono: Rebecca Serafini, Antonio della Marina, Andrea Collavino, Federico Scridel, Giuseppe Battiston, Matteo Oleotto, Ramiro Besa, Andrea Appi, Antonio Padovan e sopratutto i MIEI ALUNNI.

Foto di Riccardo Bostiancich

Sasso e Corda viaggiano e si raccontano attraverso riflessioni pure, senza filtri, senza condizionamenti derivati da processi educativi o dettati dalla necessità di inserirsi in un contesto sociale fatto di regole e convenzioni da rispettare. E’ una chiave di lettura corretta?

Si è una chiave di lettura sicuramente corretta ed aggiungo che questo spettacolo ancora più che una fiaba è un viaggio meditativo per conoscere, prendere consapevolezza e accogliere tutto il nostro mondo interiore, senza forzature, accettando anche le nostre parti più oscure, senza identificarsi con esse e imparando così a lasciare e lasciarsi andare. Navigare consapevolmente dentro il nostro flusso vitale verso quello che ci fa stare bene. In questa dimensione non possono esistere condizionamenti di nessun tipo.

Devo assolutamente chiederti di raccontarci come è nata la canzone Un posto. Per me è un brano di grande poesia.

Grazie moltissimo. Un posto come tutti i brani nasce da una esperienza di vita. Parla di uno di quei pochi momenti in cui riesci a lasciarti andare. Però è una canzone che è nata perché avevo letto il copione del fim di Antonio Padovan con Giuseppe Battiston e Stefano Fresi, film in cui ho partecipato anche in veste di attore. La lettura del copione mi aveva ispirato la scrittura di questa canzone che parla della possibilità di abbandonarsi alla bellezza senza farci fermare dalla cosa che più ci limita: “la Paura”. La paura è molto utile e ci può salvare la vita quando ci aiuta a non metterci in pericolo. Insomma noi povere gazzelle facciamo bene a provare paura quando un leone ci sta per mangiare. La paura è una emozione primaria che attiva il nostro metabolismo per metterci nella condizione di combattere o scappare. Purtroppo ormai ci siamo abituati, ci hanno abituato a provare paura e a preoccuparci costantemente per leoni che non ci sono, il risultato è che viviamo a mezzo in uno stato di costante attivazione. Nella canzone si parla di un posto speciale dove la paura può non esistere… questo posto è sulla luna e ogni persona ha una luna dentro di sè.

Come è nata l’idea di scrivere e cantare Arind’a stu core?

 Avevo questa immagine di un uomo che apriva il sipario sulla propria interiorità e mostrava alla sua amata l’incredibile spettacolo interiore che aveva dentro, ognuno ne ha uno di irripetibile. Per esprimere questo sentimento ne è nata una canzone che utilizza, o meglio dire cita, a modo mio, il meraviglioso dialetto napoletano.

Ci puoi raccontare qualcosa in merito alle registrazioni dell’album e degli strumentisti? Tra parentesi, tra i musicisti c’è Romano Todesco, artista che mi ha fatto innamorare della musica….

Romano Todesco è un artista e musicista fantastico e di una sensibilità imperdibile. Ha fatto suonare e parlare il contrabbasso e la fisarmonica. In questo disco sono hanno dato il loro contributo artisti e musicisti eccezzionali che ne approfitto qui per ringraziarli. Antonio Della Marina ha fatto una produzione e super visione artistica, ha mixato, programmazione computer e tastiere. Roberto Barillari si è occupato anche lui della programmazione computer e tastiere, ed infine ha mixato e masterizzato il disco presso lo studio Cambusa Wave. Fulvio Biguzzi Ferrari ha suonato il piano e le tastiere ed ha fatto le armonizzazioni orgìchestrali per due brani. Simone Giovo ha fatto il Mix e la produzione artistica di “Un posto” e “Cosmico”. Claudio Giusto ha fatto cantare e vibrare ogni cosa percussiva che si sente, Lucia Clonfero ha suonato tutti i violini ed infine la magica chitarra di Denis Biason che mi ipnotizza ogni volta che devo anche suonare assieme.

Genteinattesa, La La La e ora Amore (fino a prova contraria). In questi anni sono cambiate tantissime cose nel mondo discografico, soprattutto nella fase di transizione alle piattaforme digitali. Non ti sembra che sia in atto un processo di impoverimento, che sia sempre difficile proporre musica di qualità?

 La risposta è si indiscutibilmente. Purtroppo, nonostante la presenza di molti bravissimi artisti, è in atto un inequivocabile impoverimento determinato dalla politica del consenso ad ogni costo. Ora poi siamo arrivati al paradosso che va bene anche il dissenso, anzi mi hanno spiegato che “Gli odiatori” sono un pubblico migliore  in quanto vengono considerati più fidelizzati“. Se non è impoverimento questo!

 Hai rappresentato Amore (fino a prova contraria) in più occasioni. Sono già state programmati altre date per questo spettacolo?

 Si, ne ho parecchie fatte e stiamo programmando quelle della stagione invernale. La più imminente in Friuli sarà al Parco Sant‘Osvaldo (Udine) il 15 settembre alle ore 21: vi aspetto numerosi tutti.

Grazie Piero a nome di InstArt!

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