Che Alfa sia il simbolo nei giovani del canto d’amore italiano, non c’è dubbio. Che sia il cantante che non produce turpiloquio nelle sue canzoni, non c’è dubbio. Che sia il cantante con fantasia armonico-compositiva monotematica, non c’è dubbio. Un concerto di canzoni dedicate all’amore, quello andato bene, quello andato male, quello immaginato, quello mancato e quello per le persone care. Ha fatto impazzire il pubblico di figli e genitori che ha contato duemila partecipanti secondo le stime esposte dallo stesso cantante dal palco: fuori dubbio che il risultato è quello che il manager e l’artista hanno ottenuto. Tutti in piedi per lui, anche perché non si vedono sedie, il caldo che soffoca e le bottigliette senza tappo che si alternano alle birre pagate a caro prezzo, un tripudio di cartelloni con poetiche frasi tipo “Alfa ti amo!” e emoticon abbinate al tema, pubblico non pagante dalle terrazze dei palazzi che si affacciano su Piazza del Popolo a Monfalcone e gruppo spalla che intrattiene con un rap abbastanza moderato, per circa una mezz’ora di pre concerto, caratterizzato, secondo lo standard dello stile, dal turbinio di parole vendicattive in un trito e ritrito del già sentito da tutti gli altri, con effetto climax nello slogan anti-convenzionale che lo caratterizza. Anche questo c’è! Ascolto il concerto con curiosità e noto che ultimamente questi artisti, al contrario di quelli attempati, cantano da metà a un terzo di canzone, il resto è un “su le mani” oppure il microfono rivolto verso il pubblico con tempi interminabili, un festival di “Monfalcone ci sei” “Come fa” “Monfalcone salta” “Questa canzone è dedicata a te” e chi più ne ha più ne metta. Va bene, non c’è niente di male, ma a me sembra un prodotto realizzato in serie, lobotomizzato, piuttosto che un artista unico nel suo genere e nello stile. Certo, è il nuovo che avanza e Alfa ne è interprete assoluto, uno dei più riconosciuti dai giovani che amano la musica italiana. La simpatia, la semplicità, la gioventù, la bravura sicuramente sono elementi che lo caratterizzano. Il neo sta nella monotonia armonico testuale che stanca al terzo o quarto brano il sottoscritto, dove il talento vocale o lo stile compositivo musicale esclusivo non c’è. L’estremizzazione del marketing discografico italiano ormai sta appiattendo i suoi protagonisti, caratterizzandoli più sull’apparire. Andare a vedere uno o l’altro sembra trovare la differenza nel contorno e non nel succo. Lo stile di Alfa ricorda molto il country americano mescolato al pop anglosassone, non è volgare e comunque piacevole da ascoltare e le canzoni sono estremamente studiate e commerciali, quindi funzionano. Una serata di musica giovane, di milioni di parole come i gradi di calore che ci avvolgono, energia di tante persone che comunque si divertono e passano una piacevole serata al prezzo di un biglietto di ingresso e non, tutto sommato poteva andare peggio…
Grazie a Alfa, all’organizzazione che ci tiene a sottolineare che per poter ospitare Alfa e il Generation Young Festival c’è voluto il contributo di più di qualcuno, e a coloro che ci hanno permesso di essere presenti e raccontare un piacevole concerto di nuova musica italiana, sottolineando impietosamente che per qualcuno l’età avanza, ed è un attimo! È stato bellissimissimo, un po’ più per i più young!

© Massimo Cum per instArt