Grande afflusso di pubblico al Teatro Nuovo Giovanni da Udine per il secondo appuntamento della Stagione 2019/2020 firmata da Marco Feruglio. Protagonisti dell’evento i musicisti della Chamber Orchestra of Europe guidati dalla bacchetta di Daniel Harding. Programma proposto tipicamente romantico, con Antonin Dvořák e Johannes Brahms.

Dopo l’ingresso sul palcoscenico fra gli applausi, la Chamber Orchestra of Europe, trascinata dall’imperiosa bacchetta di Daniel Harding, attacca con le Danze slave op. 72 di Antonin Dvořák, una tra le sue pagine – assieme a quelle dell’op. 46 – più vive e spontanee basate su una rielaborazione di danze popolari slovacche (il n.1 Odzemek- molto vivace), ceche e boeme (la n.3 Skočná e la n.5 Spacírka), ucraine (I numeri 2 e 4 Dumka), polacche (la n.6 ) e jugoslave (la numero 7 Kolo).

L’attacco dell’iniziale Odzemek è, a dir poco, vertiginoso e ci mostra una compagine subito in grado di entrare nell’affascinante climax di queste danze popolari, eternamente oscillante fra prorompente vitalità e momenti d’intenso lirismo come nella successiva Dumka che ha accenti quasi svenevoli. L’orchestra, sotto la ferrea direzione di Harding sa ricreare con grande magistero tutto il succo del periodare popolareggiante di Dvořák. L’esecuzione scorre via piacevole come una danza in una calda sera d’estate e il pubblico del teatrone ne saluta la fine con grandi applausi.

La proposta della seconda parte della serata è ben più impegnativa musicalmente. Viene infatti eseguita la Sinfonia n. 2 in re maggiore op 73 di Johannes Brahms, definita da qualcuno la  sua “Pastorale”  (Beethoven era il suo grande ispiratore) per i toni insolitamente gioiosi  e luminosi. E qui vengono in luce le qualità  di questo ensemble, come il morbido suono dei corni e dei violoncelli nei due temi iniziali nell’Allegro ma non troppo, il bel suono dei fiati- e la perfetta intonazione!- nel successivo Adagio ma non troppo, l’eleganza degli oboi  nel tema del Allegretto grazioso quasi andantino o la fluida espressività degli archi nell’Allegro con spirito che chiude questo capolavoro. Tutte queste bellezze inserite in un contesto orchestrale di altissima  qualità che si presenta alla bacchetta sapiente di Hardy come materia fusa pronta a farsi modellare  a piacimento o, se preferite, come uno strumento perfettamente funzionante che in mani esperte fa miracoli. Questa è la Chamber Orchestra of Europe. Ovvio che, dato l’alto perfezionamento di tale strumento e la bravura del direttore, il risultato sia stato un Brahms di livello stratosferico. Salutato alla fine da prolungati applausi e richieste di bis, purtroppo non esaudite.

© Sergio Zolli per instArt