Cyrano deve morire… un titolo che quasi spoilera la tendenza dello spettacolo!. Una scelta coraggiosa da parte del Teatro Giovanni da Udine che presenta in scena un Cyrano de Bergerac calato in un’american style musicale come quello RAP. Il risultato si riassume in due considerazioni principali. La prima è legata al pensiero divergente, l’altra alla continua ricerca di linguaggi (poi non così moderni come si può pensare) che portino il cambiamento radicale in scena. Indubbiamente forte nei toni, nel modi, potente dal punto di vista creativo, questa opera ricalca le linee principali di una filosofia che incanala la rabbia in rime che non sfociano nella violenza fisica, ma nell’uso di un bitrate e di suoni urban come supporto allo sfogo verbale. Quella rabbia che per Cyrano scaturisce da un amore impossibile per la bella cugina Rossana, frenato dalla paura del rifiuto. Il Bel Cristiano si invaghisce di Rossana. Cyrano diventerà sostengo lessical poetico per Cristiano, che di bellezza poetica non ne è proprio il simbolo. Ed è qui che la creatività del regista assume un aspetto creativo, trovando sensato trasformare il dialogo poetico e raffinato nei pensieri e nelle parole del guascone protagonista dell’opera originale, in parole di vera e propria rabbia e frustrazione per quella condizione vissuta come una gabbia sempre più stretta, dalla quale sembra non ci sia via di scampo, colorando ogni parola di colorite metafore sessuali, volgarità e scherno in rima. Questa stanza che nell’opera diventa la scenografia nella sua originale versione, costituita da una impalcatura in tubi di metallo e piani metallici da magazzino, con scale da salire e scendere sia con il corpo che con le parole, caratterizzata da uno stile tra urban e liveshow con tanto di stand cases, illuminato da luci da livemusic e in postazione alta il Dj con tanto di console e strumenti musicali e computer, a dettare un tempo modulare come la stessa struttura che diventa balcone per Rossana sul finale. La visione rappresentata in scena della società moderna con le sue debolezze, i suoi conflitti, i tabù, la morale, le contraddizioni con riferimenti puntuali anche al sistema teatro, sono argomenti del confronto on stage. Non mancano gli interventi rappati a random del pubblico chiamato a partecipare in rima dalla bella Rossana mentre si aggira in platea. I “fortunati” lanciano spunti al Cyrano per una sua replica ricca di odio e disgusto a tutto e tutti. Una giovane rap tra i tanti trova il gradimento di Cyrano, rispondendo per le rime. C’è spazio anche per qualche boomer. che non si tira certo indietro quando chiamato in causa. Così tra i tre protagonisti si intrecciano brani musicali con monologhi e dialoghi spinosi e richiami del testo originale, mettendo a confronto i due stili. Si sviluppa così uno spettacolo che, se in principio poteva portare ad un giudizio affrettato, alla fine raggiunge un significato proprio, quel vedere il teatro di prosa in una chiave assolutamente originale, che instaura un rapporto diretto e forte con il pubblico e lo porta comunque a pensare e ad immergersi nel contesto RAP per comprendere le molte incongruenze di una società che fa estrema fatica a seguire la strada della coerenza in tutti i suoi ambiti. Una rilettura del Cyrano di Bergerac che avrà bisogno di una apertura mentale per essere accolta, ma che spiazza di fatto per l’originalità della sua idea di fondo, facendo forse approvare dal pubblico quel passare in secondo piano del poetico ed elegante fiorir di parole pulite che fa capolino solo ogni tanto, per ricordare le origini da cui proviene il tutto.
Bravi! Non si può non dire a questi giovani protagonisti, intonati e capaci nei monologhi e nei dialoghi, riflessivi, ironici, violenti, irriverenti, gentili e coinvolgenti nel meshup rappresentato. Complimenti al direttore artistico per il coraggio nella scelta. Alla fine only the brave ha sempre un suo ritorno e questa volta, per quanto mi riguarda, devo dire non entusiastico ma sicuramente positivo. Il pubblico non è proprio quello delle grandi occasioni, ma i meritati applausi alla fine sembrano aggiungere anche gli assenti. Uno spettacolo che sicuramente portà novità nella prosa.
Come sempre ringraziamo il Teatro GDU per l’opportunità che ci è stata data di raccontarvelo.
© Massimo Cum per instArt