Il vizio è il tema della pièce andata in scena al Teatro Nuovo Giovanni da Udine: Il Giuocatore un testo scritto da Carlo Goldoni nel 1750 e adattato dal regista Roberto Valerio.

Si tratta della storia di una giornata della vita di un giovane libertino ossessionato dal gioco d’azzardo.

Una vera dipendenza che gli costa ogni suo avere e l’amore della sua promessa sposa Rosaura. Florindo, questo il suo nome, non riesce a trattenersi e sperpera quel poco che una serata fortunata gli ha concesso in un giorno solo. Cerca di rifarsi, ma continua a perdere. Si indebita nella folle convinzione che se la fortuna lo assisterà riuscirà a recuperare e non solo, a crearsi un gruzzolo che gli consentirà una vita agiata. ‘Se vinco cento zecchini al giorno in un anno io mi posso far ricco’ si dice. Impossibile smettere, soprattutto dopo essersi indebitato.

Per ottenere il denaro che gli serve per il gioco finisce con il perdere la dignità e buttare al vento l’amore per la fidanzata. Si trova infatti a circuire ed essere sul punto di sposare una anziana zia di Rosaura, felice di prestargli denaro nella convinzione di poterselo sposare.

È un alternarsi di eccitata fiducia e folle disperazione quella che passa Florindo nella sua giornata, assistito nelle sue peripezie dal fedele Pancrazio. Donnaiolo e giocatore, Florindo si trova a dover fronteggiare la rabbia della fidanzata ma anche quella dell’amante Beatrice che si riteneva pure lei promessa sposa. Sul punto di sposare per disperazione la anziana zia Gandolfa, che gli promette una discreta rendita, Florindo scopre con l’aiuto di Pantalone, padre della ormai ex fidanzata, di essere stato ingannato e che la perdita al gioco era viziata.

Recuperato il denaro si ravvede rendendosi conto di non poter continuare a vivere in modo così sregolato. Chiede a Pantalone di custodirgli il denaro consegnandogli solo quanto basta per vivere. Riuscirà in tal modo a riconquistare la fiducia di Rosaura e una prospettiva di felicità

Goldoni scrive questo testo con la chiara intenzione di offrire al suo pubblico una ‘commedia esemplare’ con la quale ammonire sul pericolo del vizio, in una Venezia dove il gioco d’azzardo era abitudine trasversale tra nobili e classi meno abbienti.

Un testo dove la leggerezza non è di casa, con un protagonista tormentato, in balia di passioni che non riesce a governare, dove le poche risate hanno sempre un alone di sconforto.
In scena, tra gli altri, Alessandro Averone nelle vesti del giovane Florindo, Mimosa Camprioni in quelle di Rosaura e Nicola Rignanese nei panni di Pancrazio.

Il regista Roberto Valerio ha ambientato la vicenda su una barca che accompagna anche visivamente i protagonisti nel loro viaggio tra vizio, illusione e dura realtà.

Un percorso, quello di Florindo, antico e moderno, che lo accomuna ai molti che anche oggi sognano la grande svolta nella vita affidandosi alla fortuna e che si perdono tra tavoli verdi e scommesse, ma che può benissimo riferirsi a tutte le molteplici forme di dipendenza, non escluse alcol e droghe, che annebbiano l’esistenza.

© Laura Fedrigo per instArt