Il cartellone di TeatroContatto del CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia ha aperto la sua  trentasettesima edizione il 25 e il 26 ottobre 2018 con una prima nazionale, il nuovo spettacolo dell’attrice, regista e drammaturga Marta Cuscunà: “Il canto della caduta”, co-prodotto dallo stesso CSS, da Centrale Fies, dal Teatro Stabile di Torino e da São Luiz Teatro Municipal di Lisbona, dove sarà rappresentato, in prèmiere internazionale, nel prossimo Febbraio.

Dopo la trilogia sulle Resistenze femminili, iniziata nel 2009 con “È bello vivere liberi”, la storia della prima staffetta partigiana d’Italia, Ondina Peteani, cui è seguito, nel 2012, “La semplicità ingannata, ispirata dalla vicenda delle Clarisse del Monastero di Santa Chiara a Udine e Sorry_Boys, portato in scena nel 2016 e nato da un fatto di cronaca realmente accaduto in Massachussets, arriva questa tecnologica – ma al tempo stesso primeva – opera teatrale, originata dal mito di Fanes, una leggendaria saga della tradizione ladina dolomitica: archeomitologia!

Il racconto è ambientato “in un tempo più antico del tempo”, nella quiete eutopica ma, purtroppo transeunte, di una società arcaica gilanica (dal greco gyné=donna e lyein/lyo=liberare, termine coniato dall’archeologa lituana Marija Gimbutas ne “Il linguaggio della Dea” e ripreso da Riane Eisler nel suo “Il calice e la spada”, testi consultati da Marta nella fase di ricerca per il suo lavoro) dove vigeva una struttura sociale egalitaria, basata cioè sulla parità tra i sessi e dove regnava la pace, ovvero una totale assenza di conflitti generatrice di una pacifica convivenza collettiva, grazie anche ad una speciale alleanza con il popolo delle marmotte.

Questo, fino a quando la regina decide di sposare un re straniero, pugnace e assetato di ricchezze, dal quale partorisce due gemelle Dolasilla e Luianta, eventi che segneranno la fine del regno della pace e l’inizio di un tempo dominato dalla violenza e dalla sopraffazione; e qui inizia anche la storia messa in scena dalla Cuscunà, che si apre e si chiude sul campo di una delle tante, sanguinose battaglie di una guerra che il pubblico non vede, che può solo intuire. Una precisa scelta drammaturgica, in questa nostra epoca dove il continuo stillicidio di immagini dei vari conflitti in atto ovunque nel mondo, amplificati quotidianamente dai media, ci anestetizza, rendendoci quasi assuefatti all’orrore.

Nel Canto della Caduta, tuttavia, la guerra si respira… visualizzando inquietanti figure astratte che scorrono sullo schermo, al centro della scena, con i rumori della ferocia che squarciano il velo della sensibilità dello spettatore, con volumi e frequenze, credo volutamente, al limite del fastidio uditivo, e immaginandola attraverso gli occhi, i movimenti e le voci garrule dello stormo di corvi meccanici – piccolo miracolo di animatronica, costruiti dalla scenografa Paola Villani – abilmente azionati dalle mani dell’attrice attraverso dei joystick. Gli altri protagonisti della vicenda sono i bambini dei Fanes: sette maschi e sette femmine, nascosti nelle sembianze di topo (un preciso rimando alla street art della coppia tedesca Herakut al secolo J. Siddiqui e F. Lehmann) nelle viscere della montagna, protetti dall’oscurità e dalla preponderanza del male, ai quali è affidata la speranza di rinascita del loro popolo, e la Principessa Dolasilla.

Quest’ultima, costretta dal padre a diventare soldato e resa invincibile grazie alla precisione delle sue frecce, muore trafitta, dopo aver perso i suoi poteri, durante gli eventi drammatici che condurranno alla fine del regno di Fanes, non prima di aver ucciso l’uomo di cui si era innamorata, ricambiata, a prima vista: un principe della fazione nemica che invece di colpirla le aveva donato un mazzo di papaveri rossi (forse una citazione dalla Guerra di Piero di Fabrizio De André, che racconta un episodio simile a questo). Nietzsche aveva ragione quando affermava che chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro…

I bimbi Fanes portati sulla scena sono dei pupazzi animati, compagni collaudati in tutte le rappresentazioni della Cuscunà, a testimonianza del suo infinito amore per il teatro di figura, pur nella sua giusta evoluzione, sdoganato, grazie alla tecnologia, dai cliché marionettistici.

Marta è una vera e propria “macchina attoriale”, una maestosa guerriera tecnologica che domina i mezzi e le parole. Il suo segreto sta nel saper usare al meglio i propri strumenti, una piena coscienza tecnica che si compone di vari fattori, su tutti le variazioni timbriche, nelle quali gioca un ruolo cardine lo studio dei tratti prosodici, dove l’abilità delle voci recitanti trasforma ogni singolo suono emesso in un’azione teatrale.

Ne “Il canto della caduta” l’attrice monfalconese (ma lanciata ormai a livello internazionale) si muove con grande agilità e leggerezza attraverso l’imponente struttura scenica metallica dominata dai corvi, i cui movimenti meccanici sono enfatizzati da un efficace disegno luci; al centro di essa è posizionato uno schermo che trasmette immagini e dialoghi; nella parte inferiore, in uno spazio claustrofobico, i bambini-topo nella caverna, sgomenti da quanto accade al loro popolo, impauriti, nell’infinita attesa di Amargi… la speranza di libertà. Uno di essi si chiama Aylan, come il bimbo di tre anni siriano, di etnia curda, trovato morto sulla spiaggia, la cui immagine ha fatto il giro del mondo… Le loro voci commuovono e riempiono il cuore di tenerezza, nonostante l’amara consapevolezza di quanto la guerra sia davvero una brutta bestia che non guarda in faccia nessuno, neppure i bambini. Allora come ora…

Consentitemi, infine, un gioco di parole per esprimere un pensiero importante: gli unici a dimostrare di “essere più umani degli esseri umani “ sono i corvi, che pur risultando i soli a beneficiare della crudeltà dell’uomo, che per loro significa abbondanza di cibo, superano persino l’istinto predatorio animalesco, fermando il loro macabro banchetto davanti allo scempio del cadavere di un bambino, sconcertati da tanta, incomprensibile efferatezza…

Lunghissimi minuti di applausi hanno siglato il successo delle due rappresentazioni in un Teatro Palamostre, completamente sold-out per entrambe le repliche.

Marina Tuni © / InstArt 2018

 

Photo: Daniele Borghello © – courtesy CSS Udine

Il canto della caduta, 2018 – Testo liberamente ispirato al mito del regno dei Fanes di e con Marta Cuscunà

progettazione e realizzazione animatronica Paola Villani / assistente alla regia Marco Rogante / progettazione video Andrea Pizzalis / lighting design Claudio “Poldo” Parrino / costruzioni metalliche Righi Franco Srl / partitura vocale Francesca Della Monica / sound design Michele Braga / esecuzione dal vivo luci, audio e video Marco Rogante / assistente alla realizzazione animatronica Filippo Raschi / collaborazione al progetto Giacomo Raffaelli / distribuzione Laura Marinelli