La musica è stata protagonista assieme ad altre forme artistiche del Sani Folk Festival, tenutosi a Pieve di Cadore nel weekend dal 13 al 15 settembre. Un Festival che è giunto alla sesta edizione e che quest’anno ha visto la presenza di artisti provenienti da diverse Regioni italiane, dalla Slovacchia, dalla Svizzera e dagli Stati Uniti. La rassegna è stata inaugurata nel cuore del paese presso la suggestiva ex sala Caffè Tiziano dal Trio Tombesi – Da Cortà, quest‘ultimo Direttore artistico della manifestazione. Sabato 14 settembre si sono esibiti il Trio Tortora Saggion Fabri (Veneto), il duo Zingelci (Istria), Franco Giordani e Alvise Nodale (Friuli) con Truòis e Gòtes nella splendida cornice del Forte di Monte Ricco, i Dufek (Slovacchia) che hanno eseguito una serie di canzoni popolari utilizzando strumenti etnici (in particolare, cornamuse) di grande fascino, i Trouveur valdotèn – Estremia (Valle d’Aosta) e il gruppo Voci dai Cortili (Veneto). A mezzogiorno di sabato si è anche tenuta una folk session aperta a tutti i musicisti guidata dai musicisti Claudio Bernardi e Donatella Viri. La giornata finale si è aperta a Tai di Cadore con i canti narrativi e la musica popolare dalla Sicilia al Ticino del gruppo italo-svizzero La Scurdara. I friulani Bluegrass Baby hanno proposto il loro repertorio che spazia dagli Appalachi alle Alpi. Nel pomeriggio si sono esibiti i piemontesi Banda Solìa, il Maria Moramarco quintet (Puglia), di nuovo il gruppo La Scurdara per finire in bellezza con il duo statunitense composto da Robin Reid e Mike Walker. Un’offerta musicale di prim’ordine, conseguita con il sostegno di diversi Enti pubblici, Associazioni culturali e sponsor privati molto legati a questa manifestazione che anno dopo anno sta assumendo sempre maggiore visibilità e importanza. Abbiamo incontrato Andrea Da Cortà, vero e proprio motore del Festival per questo scambio di battute e per tracciare una sorta di bilancio dell’evento.
Andrea, innanzitutto ci puoi dire da dove proviene il titolo della manifestazione Sani Folk Festival? Sani è la parola con cui le nostre genti qui in montagna, da secoli utilizzano per salutarsi, congedarsi. Mi sembrava, per il significato che racchiude e porta in sè, il titolo più appropriato.
La rassegna ha un sottotitolo significativo: Festival di musica tradizionale delle genti di montagna … L’idea è nata dal desiderio di mettere a confronto culture geograficamente anche molto distanti tra loro, ma che sono accomunate dal fatto di essere nate e sviluppate in territori montani, per comprenderne, attraverso il linguaggio della musica, similitudini ed analogie.
Raccontaci: quando è nata l’idea di organizzare questa manifestazione nel cuore del Cadore? L’idea è nata molto tempo fa, piu di vent’anni, ma è sempre restata lì, rinchiusa in un cassetto. Un giorno però ne parlai con una persona che qualche anno più tardi divenne sindaco di Pieve. Un giorno mi chiamò e mi chiese se fossi ancora interessato a realizzare questo mio progetto, e così fu, e nel 2019 partì la prima edizione del SANI Folk Festival.
Quanto è difficile al giorno d’oggi organizzare un evento musicale come il Sani Folk Festival? E’ molto impegnativo, richiede molto tempo e dedizione, perché le cose da seguire sono tante ed i problemi non sempre facili da risolvere, ma quando c’è passione ed entusiasmo tutto si può fare.
Penso che eventi come questo portino un grande arricchimento dal punto di vista culturale. I concerti si svolgono in diversi scenari della valle, tutti molto suggestivi. Cosa ne pensano a questo proposito gli abitanti della Città di Tiziano? Sappiamo bene che tutto il mondo è paese e anche Pieve non fa eccezione, vi è entusiasmo da una parte degli abitanti che partecipano attivamente al festival e che lo sostengono, ma anche altrettanta indifferenza. Molta invece la partecipazione dalle regioni vicine, abbiamo avuto sempre le sale piene. Una cosa che invece a me dispiace molto constatare, è la totale assenza di interesse da parte di musicisti e coristi dei tanti gruppi e cori della valle, sintomo ed indice di mancanza di curiosità ed in un certo modo di presunzione, che eleva solamente barriere, la musica dovrebbe invece far levare lo sguardo oltre le nostre seppur meravigliose montagne.
Quest’anno il tempo, nonostante l’estate straordinariamente calda, non è stato clemente… Questa è un’incognita che non va mai trascurata, il tempo cambia radicalmente in poche ore e si deve essere preparati, vista la stagione ed i 900 metri di altitudine di Pieve gli spettacoli all’aperto si tengono nelle ore più calde della giornata, ed in caso contrario si spostano al chiuso come il resto degli altri spettacoli.
Quali impressioni hai raccolto sui musicisti che si sono esibiti? Devo dire che tutti i gruppi che si sono esibiti, non solo quest’anno, ma anche negli scorsi anni, si sono dimostrati entusiasti per la qualità del festival, e lo dico con un certo orgoglio, essendo io stesso un musicista e suonando in molti festival in giro per l’Europa, dove non sempre le situazioni ed il trattamento sono piacevoli. Da parte mia ho sempre trovato gruppi e persone di grande spessore, artistico ma soprattutto umano.
Avete ospitato anche due artisti statunitensi…. Si, Robin e Mike sono due persone deliziose, fatte di musica e di poesia, Robin la conosco da trent’anni, ha lavorato a Cortina qualche anno e siamo restati sempre in contatto, e quest’anno abbiamo avuto il piacere di ospitarli e farli conoscere al nostro pubblico.
Ci racconti qualche episodio avvenuto durante il Festival che ti ha particolarmente colpito? Diversi episodi mi hanno colpito durante questa avventura del Sani, ma una la ricordo con particolare affetto, anche perchè anticipata da un episodio alquanto spiacevole. Contattai un trio di Alpenhorn (corni delle alpi) della Svizzera tedesca per partecipare al festival, mi risposero piuttosto scocciati che non eravamo sufficientemente conosciuti e prestigiosi per poterli ospitare, e che ci saremmo risentiti quando avremmo mangiato una quantità sufficiente di polenta. La cosa finì lì … Ospitammo invece un trio – sempre di Alpenhorn – dalla Svizzera italiana. La domenica mattina all’alba si tenne il loro concerto al Forte di Monte Ricco, cielo rosso fuoco aria fresca frizzantina, pubblico caloroso ed emozionato per l’ultimo pezzo, il Va pensiero, che finisce con il grido dei tre elvetici: Viva l’Italia!!
Grazie alla tua professione sei totalmente immerso nella musica. So che sei anche un costruttore di strumenti. Da dove arriva questa tua passione? La mia passione parte da molto lontano, da quando ero bambino, sono sempre stato attratto dalle sonorità acustiche, dai suoni antichi, quelli che hanno molto da raccontare. A quei tempi non c’era la possibilità e aggiungo – per fortuna – di attingere a internet per informarsi, e tutto avveniva naturalmente attraverso la frequentazione di eventi, festival, contatti diretti con musicisti che rappresentavano il Folk di quegli anni. Se volevi possedere ed imparare uno strumento dovevi ricorrere a uno dei pochi liutai in circolazione, magari a 2000 km di distanza e dai prezzi inaccessibili per un ventenne, quindi dovevi imparare a costruirli autonomamente e così un pò alla volta ho cominciato a costruirmi gli strumenti che suono nei miei concerti.
Quale futuro si può prefigurare per la musica popolare e, in particolare, per questa iniziativa? La musica popolare il Folk, sta vivendo un buon momento devo dire, c’è una certa riscoperta, soprattutto delle modalità con cui questa musica si pone, anche in termini di accessibilità, il fatto di suonare tranquillamente in acustico, di far ballare, di creare socialità, non relegata semplicemente alla forma del concerto, come per altri generi musicali. Poi come sempre, tutto è soggetto a mode e ritornerà ad essere solo per gli appassionati, ma così va il mondo.
Grazie Andrea: a presto, sani, mandi!
© Franco Giordani per instArt